INDIA, POTENZA MONDIALE?


Generale (CR) Alain Lamballe DiploWeb, Copyright 2008-Lamballe. Une publication du Diploweb.com en synergie avec International Focus et l’IPSE
Traduzione di Gianni Petrosillo – Ripensare Marx 11 Marzo 2008
Vi proponiamo la prima parte (la seconda la pubblicheremo appena possibile) di un interessante articolo di geopolitica sull’India che mette ben in evidenza la crescita, in termini di potenza, di questo grande paese e le contraddizioni (sociali, economiche, politiche ecc. ecc.) che inevitabilmente conseguono a tale azione di “recupero” sui paesi più ricchi.
L’India si riaffaccia sullo scacchiere internazionale con forti ambizioni e con la volontà di occupare un posto in prima fila nel teatro geopolitico del pianeta. Questa nazione è ancora in preda a grandi “convulsioni” (etniche, religiose, castali) ma sta imboccando prepotentemente la via della crescita economica, militare ecc., fronteggiando le grandi potenze occidentali ed asiatiche (che prima di essa hanno preso questa strada).
Dovrebbe, forse, l’India fermarsi di fronte alle innumerevoli contraddizioni e storture generate da questo impetuoso progresso, anche laddove si verificano lacerazioni del suo tessuto connettivo-sociale, oppure, deve essa continuare in quest’opera seguendo linee consolidate di sviluppo (che a loro volta si combinano con le caratteristiche storiche, politiche, culturali della sua formazione) al fine di costruirsi un futuro più roseo di quello attuale? Per noi l’opzione non si pone nemmeno, nell’ottica dell’entrata in quella fase policentrica dalla quale potrebbe venir fuori, non un mondo più giusto, ma un mondo più indipendente dai diktat dell’unica potenza attualmente predominante. A noi questa non sembra una cosa trascurabile. (G.P.)
Un lungo cammino rimane da percorrere perché l’India raggiunga i grandi ma ne ha l’ambizione e si sta dotando dei mezzi necessari. Dovrebbe issarsi al terzo posto delle potenze economiche mondiali nel 2020, molto dietro gli Stati Uniti e la Cina, ma il suo reddito pro capite resterà basso. L’India vuole che il mondo riconosca la sua importanza. L’ammissione quale membro permanente al Consiglio di sicurezza dell’ONU resta uno degli obiettivi principali della sua diplomazia. Quantunque succederà, l’India conterà sempre più nel mondo, soprattutto se trova un terreno d’intesa con la Cina. Esperto riconosciuto dell’India, il generale (CR) Alain Lamballe fornisce qui con un linguaggio chiaro un affresco notevole di questo paese: storia, geografia, economia, influenza, relazioni con la Cina, interessi reciproci e rivalità tra l’India ed i paesi occidentali, forza militare… Un invito alla conoscenza di un paese che conterà sempre più.
CON CIRCA UN miliardo e duecento milioni di abitanti, l’India non può più essere ignorata dal mondo. Neppure essa lo ignora e volge il suo sguardo verso l’orizzonte. Certamente la sua aura e la sua potenza d’oggi sembrano deboli se ci si riferisce alla vicina Cina. Ma essa si desta, il suo potenziale si afferma ed il suo ruolo negli affari del mondo aumenta, tanto nei settori politici che economici e militari. Questo studio si propone di analizzare l’ aumento di potenza in questi vari settori e vedere come si declina rispetto alla superpotenza americana ed alle grandi potenze d’oggi e rispetto alla superpotenza di domani, la Cina. Il mondo cambia e l’India contribuirà a questo cambiamento.
1. UNA STORIA ED UNA GEOGRAFIA AL SERVIZIO DI UN GRANDE DESTINO NONOSTANTE PROBLEMI INTERNI
Non si può comprendere l’India d’oggi senza riferirsi al suo passato prestigioso che impregna l’elite del paese. Sarà una grande nazione perché lo è già stata. È scritto nel suo destino. Così ragionano i suoi dirigenti dall’indipendenza, a prescindere dal loro colore politico. La maggior parte dei pensatori politici contemporanei che effettuano ricerche nei numerosi think thank del paese lo testimoniano. L’entusiasmo li trascina. Tutti gli osservatori lo constatano.
Con le sue ricchezze, l’India ha sempre attirato la concupiscenza straniera. Alessandro il Grande ha tentato la sua conquista ma ha potuto raggiungere soltanto Indus prima di ritornare sui suoi passi. Più tardi gli Arabi vi hanno approdato ma senza conquistarla. Capi afgani islamici intrapresero la sua conquista, vi riuscirono in parte e temporaneamente.
Furono i Mogol, musulmani anche loro, venuti dall’Asia centrale che si installarono stabilmente in India. La controllarono, quasi interamente, fino all’arrivo degli inglesi. L’India si è arricchita di culture esterne, più o meno assorbite, mentre era stata essa stessa il focolare di una grande civilizzazione. Questa diversità che la caratterizza è all’origine della laicità della maggior parte dei regimi politici indiani che accettano tutte le credenze e tutte le forme di pensiero. Questa laicità all’indiana non conduce alla ricerca di una società areligiosa, non significa una messa al bando della religione poiché la sensibilità religiosa è presente a fior di pelle nella quasi totalità degli indiani, indipendentemente dalla loro confessione. Raccomanda al contrario una coesistenza voluta ed accettata di tutte le religioni. La diversità indiana è fondata sugli scambi di idee e di opinioni, favoriti d’ora in poi dalle traduzioni automatiche tra le principali lingue dell’India (hindi, ourdou, bengali, tamoul … ).
Al vertice dello Stato e dell’amministrazione coesistono personalità di qualsiasi origine e confessione. Così, la funzione del Presidente della repubblica è stata molte volte tenuta da un musulmano (è il caso attuale). Attualmente, il primo ministro è sikh ed il ministro della difesa cristiano. Il presidente del partito del congresso che ha la maggioranza, è una cristiana ed inoltre d’origine italiana. Gli alti funzionari civili appartengono a tutte le Comunità, anche tribali. Alcuni generali sono sikhs, musulmani o cristiani. Un ex capo di stato maggiore dell’aviazione, musulmano, diventò successivamente ambasciatore in Francia. Il capo di stato maggiore attuale
dell’esercito è sikh. Il capo del personale dell’esercito è un generale cristiano. Casualmente è stato associato quale militare a Parigi ed ha esercitato un comando operativo in Bengala occidentale, quello dell’esercito di Bagdogra, che ha, in particolare, in carico il corridoio chiamato generalmente “collo di pollo” che collega il Nord-est al resto dell’India, tra la Cina ed il Bangladesh. Si potrebbero moltiplicare gli esempi. Nell’esercito, i musulmani rappresentano tuttavia una percentuale più debole che nella popolazione. Nelle amministrazioni civili e militari, la maggior parte dei posti chiave è tenuta da indù, cosa normale poiché sono maggioritari nella popolazione, ma il merito resta, in generale, il criterio principale di selezione. La commissione Sachar tuttavia ha stabilito in una relazione resa nel 2006 che la Comunità musulmana era globalmente svantaggiata. Fra gli uomini di affari che meglio si sono realizzati, si trovano musulmani, anche se questi globalmente sembrano diminuire nel settore privato.
Dalla sua indipendenza acquisita nel 1947, l’India non ha cessato di affermarsi sulla scena internazionale. Gradualmente, da Stato-oggetto, è diventata Stato-soggetto. In realtà, lo è già stata nella sua storia grazie alle sue scienze (le cifre dette arabe, fra cui lo zero, sono d’origine indiana, la loro invenzione risale al VI secolo della nostra era ed è generalmente attribuito ad un matematico del Cashemire), alla sua medicina e alla sua letteratura. Essa lo è stata grazie ai suoi teorici, poco conosciuti, del pensiero politico (l’opera di Chanakya, che visse verso il III secolo prima di Cristo, evoca quella ben posteriore di Machiavelli; è completata dagli scritti di Tirouvallouvar, un Tamoul che visse certamente nel IV secolo della nostra era, dunque anche lui molto prima dell’autore del principe). Lo è stata con la sua espansione, nel Pacifico, nel Sud-est asiatico (in particolare nell’Indonesia ed in Cambogia) dove la sua influenza incontrò quella della Cina (da cui il termine espressivo di Indocina per designare la nostra colonia). Il suo interesse attuale per il Sud-est
asiatico ha dunque precedenti storici.
La situazione dell’India, al sud del continente asiatico ed al nord dell’oceano indiano nel quale essa si conficca, la predestina a svolgere un ruolo fondamentale. Ne sono a conoscenza le grandi potenze che hanno iniziato a tenere conto della sua importanza crescente. Problemi interni ritardano tuttavia l’aumento della potenza di questo vasto paese, che raccoglie circa 1.200.000.000 abitanti e ricco non soltanto per la qualità dei suoi uomini e donne ma anche grazie alle sue risorse naturali. Diverse insurrezioni lo lacerano. Oltre al Cashemire, movimenti autonomisti e separatisti conducono un vera guerriglia ricorrendo ad atti terroristici in Assam (chiamato oggi Asom, in realtà il vecchio nome) e negli altri stati del Nord-est. Inoltre, la ribellione maoista progredisce al centro e all’est del paese, in collegamento con quella del Nepal. L’India fa fronte con risultati altalenanti a tutte queste insurrezioni simultanee e ciò gli costa caro tanto in uomini che in mezzi finanziari. La lotta contro le organizzazioni estremiste mobilita molte forze paramilitari ed anche militari[1].
Gli 850 Milioni di indù e 160 milioni di musulmani dell’India vivono generalmente con intelligenza ma le tensioni “comunalistiche” (termine di solito utilizzato) restano soggiacenti. Vere sommosse scoppiano di tanto in tanto, a volte sotto i pretesti più inutili. La rottura culturale e religiosa tra le due Comunità esiste e non scomparirà. Si accentuerà anche con la semplice aritmetica, essendo la crescita demografica molto più grande nei musulmani che negli indù. Inoltre, ci si converte all’islam ma non al induismo. Si nasce indù, ma non lo si diventa mai o raramente. In compenso, gli indù delle caste basse e degli “intoccabili” si convertono al buddismo ed anche all’islam.
L’islam si vuole egualitario ma non lo è affatto nel momento i cui si ritrovano, trasposti, i segni d’ineguaglianza della società indù. Nell’insieme, il federalismo indiano permette di tenere conto delle diversità etniche, religiose e linguistiche ed di attenuare le rivalità interprovinciali con più o meno fortuna. Gli effetti nocivi del sistema delle caste si attenuano con la loro politicizzazione. Gli interessi delle caste basse e degli intoccabili sono prese in esame da formazioni politiche che arrivano a volte al potere nelle province come al centro, spesso nell’ambito di coalizioni. Tuttavia la democrazia funziona in modo imperfetto. La giustizia non svolge pienamente il suo ruolo, criminali potenti sfuggono alle sentenze che meriterebbero. Alcuni entrano in politica ed occupano anche funzioni ministeriali. L’assenteismo dei maestri di scuola è corrente. Generalmente, l’amministrazione dà prova d’inefficienza e soffre per corruzione. Più di un terzo dell’elettricità viene rubata.
2. Un’economia che si afferma nonostante gravi deficienze
L’economia indiana ha avviato una politica di privatizzazione a partire dal 1990, cioè molto dopo la Cina. Il prodotto interno lordo, attualmente più di 1000 miliardi di dollari, aumenta ad un ritmo certamente inferiore a quello della Cina ma la percentuale d’aumento resta elevata, 9 %, e questo è considerato tuttavia insufficiente tenuto conto dell’aumento demografico. La crescita è forte tradizionalmente nei servizi ma si verifica ormai anche nel settore manifatturiero. L’India non diventa soltanto il laboratorio del mondo come è stato detto ma anche un’officina del mondo, alla stregua della Cina benché ad un ritmo più lento. Le sue riserve monetarie toccano più di 200 miliardi di dollari. L’India è ormai la quarta potenza economica del mondo, dopo gli Stati Uniti, la Germania ed il Giappone.
Verso il 2020, potrebbe passare al terzo posto dinanzi al Giappone ma lontano ancora dagli Stati Uniti e dalla Cina. La sua crescita è dovuta allo sviluppo del settore privato dove dominano società molto competitive, ben gestite e ad un settore bancario moderno ed efficace. Il numero di industrie protette è diminuito. Tuttavia, la privatizzazione segna il passo a causa dell’opposizione dei comunisti. Per la stessa ragione, la legislazione del lavoro, attualmente troppo costrittiva, non può essere modificata. Il governo deve tenere conto dell’atteggiamento dei comunisti poiché ha bisogno del loro sostegno in Parlamento per conservare la maggioranza. La metà della popolazione ha meno di 25 anni. Questa gioventù costituisce un vantaggio che durerà per molti decenni, senza che l’India debba preoccuparsi dei problemi di chi invecchia. È dunque favorita in questo settore rispetto alla Cina che, invecchia rapidamente. Il suo potenziale scientifico si afferma.
Per la seconda volta, la presidenza del Consiglio internazionale delle scienze è stata assunta da un
indiano. Sono 400.000 gli ingegneri che escono ogni anno dalle università ed altri istituti di insegnamento superiore, cioè quanto gli Stati Uniti e più che in tutta l’Europa. Tuttavia, i datori di lavoro si lagnano a volte del loro livello insufficiente.
È in particolare il parere espresso dal National Association of Software and Service Companies (NASSCOM). I sistemi d’insegnamento elementare e secondario conoscono debolezze serie compensate da un’espansione degli istituti privati, inaccessibili alle classi povere ma accessibili agli allievi delle classi medie. Esistono deficitarietà anche nel settore sanitario. Ospedali e cliniche del settore privato, spesso di alto livello, prendono il posto degli istituti pubblici ma qui ancora gli strati svantaggiati della popolazione non vi hanno accesso. L’India possiede poli d’eccellenza ben noti, come le biotecnologie, l’industria farmaceutica, la produzione di software, l’industria spaziale (un satellite d’osservazione con una precisione di un metro è in corso di realizzazione)… dei risvolti gravi punteggiano tuttavia il suo programma spaziale e di missili, come dimostra la prova fallita del lancio di un satellite il 10 luglio 2006. Ma in questo settore l’India ha ritrovato il successo con il lancio riuscito di quattro satelliti da uno stesso razzo il 10 gennaio 2007, il recupero di una navetta spaziale il 22 gennaio 2007 ed il lancio riuscito di un missile della una portata di 3.500 km il 12 aprile del 2007.
L’India valorizza i suoi punti forti, in particolare nelle zone economiche speciali organizzate per attirare gli investimenti esteri, creare impieghi e dinamizzare le esportazioni, con aiuti finanziari ed attrezzature di livello internazionale.
La prima, vera oasi ultramoderna, è situata vicino a Chennai (nuovo nome di Madras). Ma questa politica sottopone a disillusioni. La requisizione di terreni agricoli, a volte ricchi, per creare zone economiche speciali suscita vive proteste. Inoltre le critiche scrosciano in relazione ai vantaggi fiscali che generano perdite colossali per lo Stato. L’India eccelle nella costruzione di dighe (circa 4.000 sono state costruite sui grandi fiumi ed i loro affluenti dall’indipendenza)… E’ allo studio un progetto grandioso per collegare tutti i corsi d’acqua principali. Se fosse realizzato, permetterebbe di distribuire meglio le risorse d’acqua, cioè di effettuare un trasferimento dal nord, generalmente ben dotato, verso il sud arido.
Il progetto urta, oltre alle difficoltà finanziarie, con l’opposizione degli ecologisti. Inoltre, lo scioglimento dei ghiacciai dell’Himalaya, causato dal riscaldamento climatico, potrebbe rimetterlo in discussione. Nello stato attuale delle cose, le reti di distribuzione dell’acqua nelle città sono difettose, e causano perdite pesanti. Inoltre le campagne utilizzano l’acqua per l’irrigazione in modo troppo irrazionale, cosa che genera uno spreco enorme. Per garantire le necessità crescenti della sua popolazione urbana, permettere una nuova rivoluzione agricola e soddisfare le domande industriali, l’India dovrà meglio gestire l’acqua. Altrimenti, il suo sviluppo sarà compromesso. Lo sviluppo economico suppone un consumo d’energia sempre più grande.
Attualmente, la produzione d’elettricità, soprattutto d’origine termica, è insufficiente. Le interruzioni nella distribuzione della corrente elettrica penalizzano le industrie. L’energia nucleare costituirà un supplemento indispensabile. L’energia d’origine idroelettrica dovrà comunque essere sviluppata. L’India importa il 70% del suo petrolio e la sua dipendenza dagli idrocarburi crescerà. Le sue necessità dovranno essere esaminate nella ripartizione mondiale del petrolio e del gas. La costruzione di gasdotti a partire dall’Iran, per il Pakistan ed a partire dall’Asia centrale, per l’Afganistan ed il Pakistan sembra la migliore soluzione, nonostante l’instabilità delle regioni attraversate. Le capacità di raffinazione di petrolio sono ancora limitate. Le 18 raffinerie indiane sono di dimensione modesta. Ma quella in costruzione nel Gujarat, nel golfo di Kutch, a Jamnagar sarà la più grande del mondo. Potrebbe essere terminata a fine 2008, esporterà negli Stati Uniti circa la metà della sua produzione.
L’agricoltura traina un po’ ma resta molto sottoposta ai rischi del monsone, spesso molto capriccioso. La produzione agricola stagna, i contadini soffrono per l’indebitamento eccessivo. Il numero di suicidi, fra la gente del sud in particolare, traduce il disagio profondo delle campagne. L’autosufficienza alimentare non è più garantita a causa della rarefazione dei terreni agricoli, della mancanza d’acqua e dell’aumento della popolazione. Nel 2006, l’India ha importato grano nella stessa quantità del 2000. La domanda indiana potrebbe diventare un dato permanente, gli Stati
Uniti e l’Australia saranno i fornitori di grano. L’inquinamento generalizzato dei corsi d’acqua pone d’altra parte gravi problemi di salute.
L’ 11 ° piano quinquennale (1 aprile 2007 – 31 marzo 2012) accorderà la priorità allo sviluppo dell’agricoltura. Le infrastrutture stradali, ferroviarie, aeree e portuali restano molto insufficienti. Esiste un programma di costruzione di strade a grande circolazione per collegare le quattro metropoli di Delhi, Kolkata (nuovo nome di Calcutta), Chennai e Mumbai (nuovo nome di Bombay) ma la sua realizzazione progredisce lentamente. Il porto di Nava Sheva, vicino a Mumbai, può essere comparato quasi con i porti americani per trattamento dei containers ma rimane un’eccezione. La legislazione del lavoro, molto rigida, rende difficili i licenziamenti e dissuade gli investitori. Il sistema fiscale si modernizza benché la base resti ancora debole. Una tassa sul valore aggiunto, imposta moderna per eccellenza, è gradualmente imposta in tutti gli stati. Dovrebbe negli anni successivi generalizzarsi in tutto il paese. Globalmente, l’aumento in potenza genera diseguaglianze tra le città e le campagne e tra le province, quelle dell’ovest e del Sud spesso meglio lottizzate. Il posto dell’India nel commercio internazionale resta debole ma aumenta. Dalla fine del 2006, una impresa indiana, Infosys Technologies, è ormai quotata al mercato americano del Nasdaq.
3. Un’influenza sempre più grande nel mondo
Relazioni difficili con il Pakistan
Il Pakistan costituisce per l’India un intralcio permanente che gli impedisce di realizzare interamente i suoi progetti regionali ed in una certa misura anche mondiali. Piuttosto che minacciarla direttamente, mantiene il suo potere di nocumento in Cashemire aiutando i movimenti separatisti ed anche nel resto dell’India, affermano numerosi commentatori, in particolare nel Nord-est, tramite il Bangladesh dove l’estremismo islamista progredisce. In realtà, l’India accusa il Pakistan di lasciare ai movimenti estremisti islamici fomentare attentati su tutto il suo territorio o di organizzarli tramite il suo principale servizio di informazioni, Directorate of Inter-Services Intelligence (DISI), più conosciuto sotto il semplice acronimo di ISI.
Da parte sua, il Pakistan afferma nelle istituzioni internazionali che l’India viola i diritti dell’uomo, in Cashemire in particolare. Denuncia anche l’aiuto che fornirebbe ai movimenti di ribellione, in particolare nel Balouchistan. I due paesi continuano dunque ad accusarsi reciprocamente. Il coordinamento dei soccorsi per venire in aiuto alle popolazioni vittime del sisma dell’8 ottobre 2005 nella parte del Cashemire amministrata dal Pakistan ha mostrato i limiti di un possibili ravvicinamento. Certamente, il cessate-il-fuoco, dichiarato il 25 novembre 2003, regge sulla linea di confine che l’India considera sacro-santa. Ma nessun progresso viene fatto nella regolarizzazione del conflitto del Cashemire dove si concepiscono regolarmente attentati, nella parte indiana. Nessun progresso è stato registrato per quanto riguarda la questione specifica del ghiacciaio del Siachen. La circolazione delle persone tra Srinagar, la capitale del Cashemire indiano, e Muzaffarabad, la capitale del Cashemire pakistano, era stata aperta all’inizio dell’anno 2005. Interrotta dal tremare della terra, è stata ristabilita ma è di scarsa rilevanza.
Altri punti di varco, ad esempio tra Rawalakot e Ponch, sono stati aperti lungo la linea di controllo per facilitare il passaggio degli aiuti dopo il terremoto ma nulla prova che resteranno così. Il trasporto di merci tra i due Cashemire resta allo stato di progetto. Oltre che in Cashemire, una ferrovia è stata aperta tra Mirpurkhas nel Sind e Munabao nel Rajasthan. Si aggiunge alle linee degli autobus che collegano, con il posto di frontiera di Wagah/Attari, Lahore a Delhi e Lahore a Amritsar. Su una frontiera lunga circa 2.400 km, ci sono soltanto questi due punti di passaggio stradale e ferroviario. Queste diverse agevolazioni rivestono un’importanza relativa a causa dei vincoli rigorosi amministrativi (in particolare l’assenza di consolati al di fuori delle ambasciate ed i termini di consegna dei visti), necessari prima di intraprendere i viaggi tra i due paesi. D’altra parte, nessuna soluzione appare per regolare la vertenza del Rann de Kuch, la presenza possibile di idrocarburi sotto i fondali marini rendono difficile la definizione della frontiera marittima. I canali per rafforzare la fiducia reciproca esistono.
Oltre ai collegamenti telefonici regolari tra stati maggiori dei due eserciti di terra e degli incontri
tra i comandanti locali delle forze paramilitari che esistono da tempo, gli organismi di sicurezza marittima e guardacoste si scambiano informazioni. I due paesi rispettano i loro impegni, assunti nel 1988 e ratificati nel 1991, di comunicare ogni anno l’elenco dei loro impianti nucleari, che si impegnano a non attaccare. Da qui in avanti, si informeranno prima di qualsiasi prova sui missili balistici (l’accordo esclude i missili di crociera). E’ stato definito un meccanismo di lotta comune contro il terrorismo. Nulla prova che funzionerà in modo soddisfacente. Gli scambi commerciali tra l’India ed il Pakistan restano limitati. Si fanno in generale per mare e tramite paesi terzi. Non esistono linee marittime dirette tra i due paesi, ad esempio tra Mumbai e Karachi ma ormai si prevede di ristabilirli. New Delhi accorda dal 1995 la clausola della nazione più favorita ma Islamabad rifiuta la reciprocità, poiché teme la concorrenza.
Una prevalenza regionale
Nonostante la resistenza e l’ostruzione del Pakistan, l’India si è inizialmente affermata come una potenza regionale nell’Asia del Sud. Per la sua dimensione, la sua popolazione e l’importanza della sua economia, predomina i suoi partner regionali che subiscono di buon o di cattivo grado la sua egemonia. Oltre al Pakistan, il Bangladesh la contrasta in una misura più blanda. L’India privilegia il negoziato bilaterale con i suoi vicini piuttosto che ricorrere ad una diplomazia multinazionale nell’ambito della South Asian Association for Regional Cooperation (SAARC) che raccoglie i sette paesi della regione (India, Pakistan, Bangladesh, Nepal, Bhoutan, Sri Lanka e Maldive). È il solo paese ad avere una frontiera con tutti gli altri paesi dell’associazione. Il suo prodotto interno lordo rappresenta l’80% di quello dell’insieme degli stati membri dell’associazione e la sua bilancia commerciale è positiva con ciascuno di loro, cosa che suscita vivi risentimenti.
Non trova alcun interesse a rafforzare il ruolo dell’associazione nell’ambito della quale i sei altri membri hanno tendenza a fare fronte unico al cospetto di New Delhi. Problemi più gravi come quello dell’energia e quello della gestione dei corsi d’acqua, che spesso attraversano molti territori nazionali, non trovano soluzioni regionali ma soltanto, e non sempre, accordi bilaterali[2]. L’adesione dell’Afganistan, decisa nel corso della riunione dell’associazione nel novembre 2005, porta il numero degli stati membri ad otto. Ciò può soltanto essere favorevole all’India, a scapito del Pakistan. New Delhi mantiene infatti con Kabul delle relazioni molto cordiali concedendole un aiuto in diversi settori, in particolare in quello della polizia. Tuttavia, si astiene dall’intervenire nella ricostruzione dell’esercito afgano per non suscitare l’insoddisfazione di Islamabad. Nonostante la sua tendenza ad una diplomazia bilaterale, l’India non si è opposta alla creazione di un accordo di libero scambio nell’ambito della South Asian Association for Regional Cooperation, forse perché vi vede un mezzo per accedere più facilmente ai paesi oltre i limiti occidentali dell’Asia del Sud, che includono ormai politicamente l’Afganistan. Quest’accordo, conosciuto sotto il nome di South Asian Free Trade Agreement (SAFTA) è in vigore dal 1 luglio 2006 ma effettivamente non funziona, in parte perché il Pakistan rifiuta di applicarlo all’India poiché teme un’inondazione di prodotti indiani, anche se, simultaneamente, si lascia invadere di articoli cinesi. I prodotti indiani sono ammessi soltanto con parsimonia, spesso per la necessità di fare abbassare i prezzi locali.
Apertura verso il Medio Oriente e l’Asia centrale verso l’ovest
L’India si prepara a concludere un accordo di libero scambio con il Consiglio di cooperazione del golfo (CCG), che riunisce l’Arabia Saudita, Oman, Kuwait, Bahrain, Qatar e gli Emirati Arabi Uniti. Inoltre, il Consiglio potrebbe partecipare finanziariamente alla realizzazione del vasto programma indiano delle infrastrutture. Da parte sua, l’India potrebbe costruire istituti di insegnamento superiore nei paesi del CCG. Si interessa in particolare agli Emirati Arabi Uniti con i quali prevede di creare imprese congiunte in paesi terzi, in particolare arabi. La tecnologia indiana si combinerebbe alle finanze arabe. L’India sviluppa anche le sue relazioni con l’Iran che risponde favorevolmente per rompere il suo isolamento.
L’opposizione di New Delhi al programma nucleare iraniano non sembra costituire per il momento un ostacolo redibitorio per l’applicazione degli accordi già conclusi ma lo potrebbe essere per quelli
che restano in discussione. Un accordo è stato firmato nel 2003 sulla fornitura dall’Iran di petrolio e di gas. Un altro accordo è stato concluso nel 2005 per la consegna di gas liquefatto. L’India partecipa all’ammodernamento del porto di Bander Abbas ed alla sistemazione del porto di Chabahar, strategicamente ben situato all’entrata del golfo di Oman e del mare dell’Arabia. Contribuisce anche alla costruzione, a partire da quest’ultimo porto, di strade e ferrovie, nell’intenzione di ottenere un accesso all’Asia centrale, liberandosi dal Pakistan e dall’Afganistan.
Il Pakistan gli rifiuta infatti il transito verso queste regioni ex-sovietiche e verso l’Iran e l’Afganistan, per ragioni politiche ma anche per timore di essere invaso, con sotterfugio e in maniera clandestina, di prodotti indiani sottoprezzo. I prodotti afgani possono transitare per il Pakistan verso l’India ma i prodotti indiani destinati all’Afganistan non possono attraversare il Pakistan. Il ricorso al trasporto marittimo è necessario per l’India. Inoltre, il Pakistan e l’Afganistan resteranno instabili per molto tempo, cosa che rende aleatori tutti i trasporti terrestri. L’Iran presenta dunque per l’India un interesse fondamentale tanto più che gli permette di costituire un genere d’alleanza “a rovescio” per contenere il Pakistan.
Apertura verso il Sud-est asiatico e l’Estremo Oriente
L’India ha anche messo in atto una politica d’apertura verso l’est. Ha sviluppato le sue relazioni con il Sud-est asiatico a cui essa è vicina geograficamente grazie ai suoi arcipelaghi Andaman e Nicobar. Incontri tra l’India ed l’Association of South-East Asia Nations (ASEAN) si svolgono ormai regolarmente (il quinto si è svolto nel gennaio 2007). Tuttavia, le reticenze di cui l’India dà prova per aprire il suo mercato ritardano la conclusione di un accordo commerciale. L’India partecipa, come del resto il Bangladesh ed il Pakistan, ai lavori dell’ASEAN Regional Forum (ARF), che concentra la sua attività sui problemi della sicurezza nel senso più ampio. Hanno luogo congressi sulla sicurezza marittima, uno di questi si è svolto nell’ottobre 2005 a Cochin, nel Kérala.
Con quattro altri paesi asiatici del Sud (Nepal, Bhoutan, Bangladesh e Sri Lanka), è anche membro del Bay of Bengal Initiative for Multi-Sectoral Technical and Economic Cooperation (BIMSTEC), un’associazione che include d’altra parte la Birmania[3] e la Tailandia ma da cui il Pakistan è escluso.
Le relazioni bilaterali con tutti i paesi del Sud-est asiatico conoscono uno sviluppo rapido nonostante la legislazione rigida indiana. Con l’Indonesia, un dialogo strategico è stato stabilito e funziona su base d’incontri annuali. Le relazioni si intensificheranno per includere una cooperazione nel settore spaziale con l’impianto nella provincia indonesiana di Irian Jaya di una stazione indiana di lancio di satelliti. Grazie all’appoggio del Giappone, l’India partecipa alle riunioni dell’Associazione dell’Asia orientale (la prima ha avuto luogo nel dicembre 2005 e la seconda nel gennaio 2007). È ormai la prima beneficiaria dell’aiuto giapponese allo sviluppo. Ma, tenuto conto delle potenzialità, gli scambi commerciali bilaterali rimangono relativamente deboli, 6 miliardi di dollari per l’anno finanziario 2005-2006 (in India, gli anni finanziari vanno dal 1 aprile al 31 marzo).
Apertura verso il resto del mondo
La Comunità musulmana dell’India che raccoglie circa 160.000.000 persone, cioè più della popolazione del Bangladesh e quasi quanto quella del Pakistan, gli procura alcuni vantaggi in termini di differenziare delle sue relazioni internazionali ma può anche ridurre la sua libertà di manovra. Costituisce allo stesso tempo un vantaggio ed un ostacolo. L’India si è dotata di un programma di cooperazione, ancora modesto, ma ha già acquisito una buona reputazione nella ricostruzione di alcuni paesi in crisi fra cui l’Afganistan. D’altra parte, sviluppa le sue relazioni con i paesi africani, in particolare il Sudafrica e il Sudamerica, in particolare con il Brasile ed il Cile con il quale è stato negoziato un accordo di libero scambio. La Russia ha invitato l’India e l’Iran ad aggiungersi a titolo di osservatori all’organizzazione per la cooperazione di Shanghai, che riunisce la Russia, la Cina e quattro paesi dell’Asia centrale, derivati dall’Unione sovietica (Uzbekistan, Kazachstan, Kirghizstan, Tagikistan).
La Cina non si è opposta ma ha imposto uno statuto identico per il Pakistan. New Delhi rafforzerà così la sua presenza in Asia centrale. Quest’organizzazione concentra la sua attenzione sui problemi della sicurezza, compreso il terrorismo, ma si interessa sempre più alle questioni economiche, compresi gli approvvigionamenti energetici. L’influenza indiana si fa dunque sentire ben al di là dell’Asia del Sud. L’India contribuisce a ravvivare il movimento dei paesi non allineati, benché non abbia più affatto un’utilità. Anche se non è membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, i suoi pareri di grande potenza economica e militare, dotata dell’arma nucleare, non possono essere ignorati. Come la Cina, non appartiene all’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) né all’agenzia internazionale dell’energia.
Tuttavia, alla stregua della Cina, è associata alla risoluzione dei grandi problemi con i quali si confronta l’umanità, come ad esempio la crisi dell’energia ed il riscaldamento climatico. Il suo ruolo nell’ambito del G 20, con Cina e Brasile, si afferma per difendere gli interessi dei paesi in via di sviluppo. Appare fra i paesi che denunciano con più resistenza le sovvenzioni accordate dai paesi sviluppati ai prodotti agricoli e chiedono un accesso agevolato al mercato europeo ed americano. La sua influenza nell’ambito dell’organizzazione mondiale del commercio (OMC) cresce, grazie ad una cooperazione stretta con non soltanto la Cina ed il Brasile ma anche il Sudafrica. Una forte presenza nel settore della cultura consolida il posto prominente dell’India nel mondo. Si assiste ad una vera rinascita della propria influenza culturale. Il suo cinema, la sua musica, le sue arti, le sue danze conoscono franchi successi su tutti i continenti. La moda indiana suscita un certo
entusiasmo.
Si potrebbe anche aggiungere che l’India è una grande potenza gastronomica, essendo la sua cucina conosciuta nel mondo intero. Un economista indiano Amartya Sen ha ricevuto nel 1998 il premio Nobel per l’economia per i suoi lavori sull’origine delle carestie. La letteratura indiana è apprezzata. Per la seconda volta in venti anni, l’India è stata nel 2006 l’ospite d’onore della fiera del libro di Francoforte sul Meno, la più vecchia e la più grande del mondo. È stata anche ospite d’onore nella primavera del 2007 al salone del libro di Parigi. È stato un giovane romanziere di padre indiano e di madre a metà tedesca che ha ricevuto nel 2006 il premio Man Booker, il più alto riconoscimento letterario del Regno Unito per il suo libro “The inheritance of loss”. Diventa così il terzo indiano a vincerlo dopo Salman Rushdie, l’autore del libro molto controverso “Versetti Satanaci” e Arundhati Roy, ben nota sostenitrice degli oppressi.
4. Una possibile intesa tra l’India e la Cina
Vertenze serie oppongono da sempre l’India e la Cina, fra cui la delimitazione della frontiera, la controversia riguardante circa 130.000 km2 sull’Himalaya. La costruzione, prevista ma non ancora decisa, di una diga enorme sul Brahmapoutra prima che questo penetri in Asom, causerebbe vive tensioni tra i due paesi ma anche tra la Cina ed il Bangladesh. È possibile che la Cina vi rinunci. D’altra parte, Pechino si oppone all’entrata dell’India nel Consiglio di sicurezza dell’ONU come membro permanente. I due paesi si consegnano ad una certa concorrenza in Asia.
L’India percepisce intenzioni non amichevoli nelle iniziative cinesi in Pakistan ed in Birmania. Queste si manifestano con la costruzione di strade, la partecipazione alla costruzione in Pakistan del porto in acqua profonda di Gwadar (che potrebbe fungere da base per le navi da guerra, oltre alla base navale di Ormara, anche sulla costa di Makran), l’utilizzo dei porti di Mergui, Dawei, Thandwe e Sittwé in Birmania e l’istallazione di una stazione d’ascolto a Hanggyi in un’isola birmana, al largo dello Arakan.
D’altra parte, la Cina partecipa all’ammodernamento del porto di Hambantota, nel sud dello Sri Lanka. Il suo inutile tentativo, incoraggiato dal Pakistan, ma smentito da Pechino, di creare una base di sommergibili sull’isola di Marao alle Maldive, ha ancora rafforzato i timori indiani. Per ricambiare l’influenza cinese crescente in Birmania, l’India reputa ormai necessario sviluppare le sue relazioni con questo paese, pur rammaricandosi del suo regime militare. Prevede in particolare di importare gas ma il Bangladesh pone tre condizioni per la costruzione di un gasdotto che attraverserebbe il suo territorio: possibilità di importare elettricità d’origine idraulica dal Bhoutan e
dal Nepal, diritto di transito verso il Nepal e Bhoutan e riequilibrio degli scambi commerciali. L’India sembra molto reticente per i primi due punti poiché non vuole contatti troppo stretti tra il Bangladesh, il Nepal e il Bhoutan. New Delhi desidererebbe anche ottenere da Dacca la possibilità di fare trasmettere per vie terrestri e ferroviarie, e non soltanto fluviali come è attualmente, uomini e merci tra il Bengala occidentale e gli stati del Nord-est, che sono delle quasi enclavi. Ma i bengalesi rifiutano questa richiesta. Un’autorizzazione d’accesso per l’Asom e gli altri stati del Nord-est, al porto di Chittagong, sarebbe considerata come un gesto positivo da New Delhi. Gli indiani avvolgono queste diverse richieste nell’espressione di una politica più ampia, alla quale il Bangladesh contribuirebbe, cioè l’apertura verso il Sud-est asiatico. Il Bangladesh costituirebbe un legame tra l’India e la Birmania.
In caso d’impossibilità politica di costruire attraverso il Bangladesh un gasdotto che collega i giacimenti birmani agli utenti indiani, New Delhi prevede un nuovo tracciato che raggiungerebbe lo Stato del Mizoram attraverso la valle del fiume Kaladan quindi Asom e il Bengala occidentale. D’altra parte, per non lasciare il campo libero alla Cina, l’India accorda un aiuto militare alla Birmania. Ciò facendo, spera di ottenere di più nella cooperazione di questo paese per condurre operazioni congiunte contro gli insorti del Nord-est indiano. La Cina, tramite la sua provincia del Xinjiang, inizia anche a mostrare il suo interesse per l’Afganistan dove l’India ha trovato la sua influenza dalla caduta del regime dei taliban.
L’appoggio cinese un tempo accordato al re del Nepal nella sua lotta contro gli insorti maoisti, che includeva la fornitura di armi, ammalinconì l’India che aveva sospeso il suo aiuto militare di cui aveva l’esclusiva, per esprimere la sua insoddisfazione sulla soppressione della democrazia. I tentativi cinesi di trovare un’intesa col Bhoutan sulla definizione delle frontiere la preoccupano poiché teme che Thimphu faccia concessioni troppo importanti, in particolare nella valle del Chumbi, di un’importanza strategica per gli indiani poiché determina l’accesso al corridoio che collega il Bengala occidentale all’Asom. La Cina cerca radicarsi sempre più nell’Himalaya a partire dal Tibet. Nonostante queste divergenze, i punti di convergenza vengono precisandosi. L’atteggiamento di neutralità ormai assunto da Pechino in relazione al Cashemire, a gran danno di Islamabad, come pure il riconoscimento quasi-ufficiale dell’appartenenza del Sikkim all’India, favoriscono il ravvicinamento con New Delhi. L’India e la Cina cooperano in numerosi settori e trovano sempre più terreni d’intesa. Rifiutano un mondo unipolare predominato dagli Stati Uniti e raccomandano un mondo multipolare. Saranno poli alla stregua degli Stati Uniti, il Giappone, la Russia, l’Unione europea, il Brasile ed il Sudafrica. L’India e la Cina hanno stabilito un partenariato strategico l’1 1 aprile 2005 il cui contenuto resta tuttavia vago. Come la Russia, tentano di opporsi alla politica americana in relazione all’Iran. Si forma un trinomio, concretizzato da riunioni regolari dei ministri degli esteri dei tre paesi. Mosca e Pechino vogliono evitare che l’India cada nell’orbita americana. La corteggiano. Come il Pakistan, l’India prevede, nello stato attuale delle cose, di non tenere conto dell’opposizione degli Stati Uniti alla costruzione di un gasdotto a partire dall’Iran, attraverso il territorio pakistano.
La Cina potrebbe approfittarne se questo gasdotto fosse prolungato fino alla provincia del Yunnan via India. Attentati terroristici ripetutisi in India, come quelli di New Delhi del 29 ottobre 2005 e di Mumbai del 11 luglio 2006, potrebbero bastare perché l’idea possa essere abbandonata, sulla scia del raffreddamento delle relazioni che conseguirebbero tra il Pakistan e l’India. Un gasdotto che attraversa il Pakistan per raggiungere Xinjiang sembra un’alternativa più sicura per la Cina nonostante le difficoltà tecniche dovute alla montuosità del Karakoram. Tale tracciato sarebbe così più attraente per il Pakistan poiché eliminerebbe l’India a profitto della Cina. Nei due casi, l’Iran avrebbe la garanzia di clienti di dimensione rispettabile, come l’India o la Cina. Una combinazione delle due opzioni non è da escludere. L’India e la Cina entrano a volte in concorrenza sui mercati mondiali con un più netto vantaggio per la seconda (ad esempio gli scambi commerciali della Cina con l’America latina sono dieci volte superiori a quelli dell’India). Ma costituiscono una per l’altra dei grandi mercati potenziali, benché le produzioni possano essere simili. Sono pronte a sviluppare i loro scambi commerciali soprattutto per via marittima ma anche per via terrestre.
A tale scopo, migliorano la rete stradale da ambo le parti dell’Himalaya, attraversabile almeno in
alcuni periodi dell’anno per numerosi passi e valli. Il passo di Nathu (Nathu, che significa colle in tibetano), riaperto nel 2006, costituisce il terzo punto di passaggio dopo quelli di Shipki La nel Himachal Pradesh e di Lipulekh in Uttaranchal.
La Cina e l’India potrebbero anche riabilitare la strada storica, alla quale il generale americano Stilwell ha dato il suo nome, che fu costruita per aiutare la Cina a far fronte ai giapponesi nel corso della seconda guerra mondiale, partendo dall’Asom attraverso la Birmania. L’India resta cosciente del rischio di essere sommersa di prodotti cinesi come lo sono già i suoi vicini. Adotta misure di protezione pur rispettando, per quanto possibile, le norme internazionali. Gli scambi commerciali hanno raggiunto nel 2006 circa 20 miliardi di dollari, cosa che costituisce una progressione considerevole e potrebbe raggiungere 40 miliardi di dollari nel 2010.
La Cina precede chiaramente l’India nel settore della ricerca scientifica, anche se ha del ritardo in alcuni settori come quello dei software. Per esempio, il numero delle pubblicazioni scientifiche cinesi, in piena progressione, raggiunge annualmente 55.000, da comparare con la cifra di 19.000 per l’India. Questi due paesi rappresentano ormai una parte importante dei contributi mondiali alla ricerca. Sviluppano la loro complementarità creando imprese congiunte, per quanto riguarda l’elettronica, l’industria automobilistica e l’industria tessile. Imprese indiane si installano in Cina ed imprese cinesi in India. Ovvero, la Cina attribuisce molta importanza all’India, benché questa faccia a volte prova resistenza per ragioni di sicurezza e per timore di una troppo forte concorrenza. Benché concorrenti nella ricerca di fonti d’energia, in Asia centrale in particolare, si sono accordate per sondare in comune giacimenti di petrolio e di gas in Iran ed in Sudan, a scapito dei paesi occidentali. Cooperazioni simili in Africa, in Asia ed in America latina sono allo studio. Relazioni si sono anche strette nel settore militare con visite reciproche ed anche alcune manovre navali comuni. In ambito internazionale, i due paesi adottano posizioni comuni che rivestono spesso una netta connotazione anti-occidentale. Lo sviluppo delle relazioni sino-indiane potrebbe tuttavia essere compromesso da un ravvicinamento indo-americano che prende forma. Volendo migliorare simultaneamente le sue relazioni con i due paesi, New Delhi si consegna ad un esercizio difficile.
5. Interessi reciproci tra l’India ed i paesi occidentali ma anche forti rivalità
Gli Stati Uniti prendono l’evoluzione delle relazioni sino-indiane seriamente. Un’intesa stretta tra l’India e la Cina avrebbe effetti nocivi per loro e per tutto il mondo occidentale. Washington cerca non soltanto di contrastare ogni ravvicinamento tra Nuova Delhi e Pechino ma convince Nuova Delhi ad adottare una strategia comune in relazione alla Cina. L’India appare per gli Stati Uniti come un alleato potenzialmente di peso, sul lungo termine, per attenuare l’aumento in potenza della Cina. Valori democratici comuni li legano, come la lotta contro il terrorismo islamico. Il Pakistan, regime militare a carattere semi-dittatoriale, è soltanto un paese temporaneamente amico, utile a breve termine, per agire in Afganistan e lottare contro il terrorismo. A seconda dei voleri di Washington, può anche fungere da contrappeso all’India se questa si mostrasse troppo recalcitrante.
Le autorità americane giostrano la possibilità di utilizzare il paese più debole per sottoporre il più forte e se necessario portarlo alla resipiscenza. L’India costituisce un elemento essenziale nella politica americana di accerchiamento o almeno di neutralizzazione della Cina sul suo lato sud, politica che conosce delusioni serie in altre zone, nell’Asia centrale ex-sovietica ed anche in Afganistan.
In mancanza dall’essere un vero alleato, l’India può a lungo termine servire gli interessi americani. La sua competenza nelle operazioni di mantenimento della pace, nell’assistenza umanitaria e nella ricostruzione di paesi devastati da catastrofi o conflitti e la sua capacità di sorvegliare zone marittime interessa Washington. Navi da guerra indiane accompagnano già i bastimenti dalla marina mercantile americana verso il distretto di Malacca, pieno zeppo di pirati. Tali compiti, eseguiti dall’India, liberano l’America e gli permettono di occuparsi di missioni più importanti, che richiedono ulteriori mezzi, in Asia ed altrove. In altre parole, l’India potrebbe assumere operazioni di sicurezza a bassa intensità e gli Stati Uniti riservarsi le azioni di più grande portata. Così, l’India avrebbe la sensazione, pienamente giustificata, non di fare parte di un’alleanza militare e preservare
la sua autonomia decisionale, pur portando un contributo apprezzabile all’America. Per ragioni tanto politiche che economiche, gli Stati Uniti hanno creato un partenariato strategico con l’India che non osservano più con condiscendenza. L’India diventa un soggetto economico rilevante.
Il mercato mondiale del petrolio dovrà tenere conto delle sue necessità crescenti per alimentare un’industria in pieno aumento. Gli Stati Uniti hanno proposto nell’accordo del 18 luglio 2005 un aiuto nel settore nucleare civile con riserva di una separazione chiara e netta dei programmi civili e militari e di un impegno di non proliferazione. L’India, fino ad oggi, figura come nazione non-proliferante, all’opposto del vicino Pakistan. Nonostante le costrizioni imposte, gli indiani saranno vincenti poiché avranno accesso a tecnologie nucleari d’avanguardia. In definitiva, gli stessi vantaggi sono offerti tanto all’India che agli stati firmatari del Trattato di non proliferazione.
Gli americani prevedono, nel quadro dell’accordo di difesa valida 10 anni firmato il 27 giugno 2005, la vendita di armamenti moderni, che includono apparecchi F 16 e F 18 che avranno concorrenti europei, in particolare francesi. Propongono anche una collaborazione nel settore della difesa anti-missile. Inoltre, è stato firmato un accordo di cooperazione spaziale. Gli indiani non sono abbindolati da quest’inversione spettacolare, dell’abbandono di tutte le sanzioni imposte dopo le prove nucleari del maggio 1998. Fini diplomatici, negoziatori abili ed intransigenti, ne tireranno tutti i vantaggi possibili, senza disconoscere le loro convinzioni e facendo il minimo di concessioni, salvaguardando in particolare il loro approvvigionamento energetico ed il loro programma nucleare militare e proseguendo una politica di ravvicinamento con la Cina e la Russia, con quest’ultimo paese anche nei settori nucleari e spaziali (sistema di navigazione satellitare Glonass per uso civile e militare). Non accetteranno un indurimento delle condizioni che potrebbero esigere i legislatori americani. Alcuni oppositori all’attuale governo ritengono tuttavia che sia impossibile fare la separazione tra programmi civili e militari e che gli americani abbiano in realtà un diritto di osservazione sulle armi nucleari.
Valutano che, infine, con gli emendamenti imposti da Washington al testo iniziale, Nuova Delhi perderà la sua indipendenza di giudizio e la possibilità di modernizzare il suo arsenale. Votando contro l’Iran nel corso di una consultazione nell’ambito dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica, l’India ha ceduto alle pressioni americane, in quanto vogliono a tutti i costi ottenere un aiuto per modernizzare le sue centrali nucleari e generalmente il suo programma nucleare civile. Così facendo, ha complicato ma certamente non ha compromesso la realizzazione del gasdotto dall’Iran e transitante dal Pakistan, di cui ha un così gran bisogno. Con il suo voto, l’India vuole anche mostrare che dopo avere raggiunto il club delle nazioni nucleari dichiarate, intende chiudere la porta dietro di lei, costretta ad ammettere tuttavia che il Pakistan si è infilato ultimo momento. L’India ha bisogno delle tecnologie americane ed europee, giudicate superiori a quelle della Russia, in modo prioritario nei settori nucleari e spaziali, considerate di un’importanza strategica. La Comunità internazionale riconosce l’interesse di una partecipazione indiana al progetto di reattore pilota termonucleare internazionale (International Thermonuclear Experimental Reactor – ITER). Inoltre vi è già la collaborazione indiana alla realizzazione del sistema europeo di navigazione satellitare Galileo. L’India cerca anche la cooperazione dei paesi occidentali per modernizzare le sue infrastrutture aeroportuali, portuali e ferroviarie. Da parte loro, i paesi industrializzati e le società multinazionali prendono coscienza dell’importanza del mercato indiano nei settori civili e militari che non possono trascurare più.
Gli Stati Uniti ritengono che i vantaggi realizzati nel settore nucleare favoriranno l’aumento dei contatti politici, che concretizzeranno così il partenariato strategico e che saranno anche vantaggiosi alle loro imprese in tutti i settori dell’attività economica ed anche per la vendita di sistemi di armi. La crescita delle domande di equipaggiamenti di varia natura suscita la più viva attenzione in Europa come in America e gli indiani sapranno giocare sulla rivalità crescente tra i due continenti. Sul mercato aeronautico in piena espansione, il duello al quale si consegnano Boeing ed Airbus per rifornire le società aeree indiane nazionali e private costituisce un esempio evidente. Boeing ha strappato ordini per 68 aerei commerciali. Airbus prevede di investire per più di un miliardo di dollari in India nei prossimi dieci anni (2007-2016) nella realizzazione di un centro d’addestramento per i piloti di aerei A 320 nell’intera Asia, di un centro di ricerca e di un
centro di manutenzione e di riparazione.
Un decentramento in India piuttosto che in Cina di alcune attività industriali, come complemento di quelle che esistono già nel settore dei servizi, può sembrare preferibile alla Casa Bianca e alle capitali europee. Ed è, forse, per i governi occidentali un male minore. General Motors e Motorola prevedono di costruire fabbriche nelle zone occidentali e meridionali dell’India. Posco un produttore d’acciaio sud coreano e Mittal Steel, il conglomerato con sede nei Paesi Bassi, hanno piani per impiantare fabbriche enormi sulla costa orientale. La società americana di grande distribuzione Wal-Mart ha concluso nel novembre 2006 un accordo con la società indiana Bharti Enterprises per impiantare depositi. La Germania investe fortemente in numerosi settori, anche nel settore dell’automobile. Le società francesi Lafarge, Saint-Gobain, Alstom ed altre sono presenti in India da tempo. Dal 2006, Renault coopera con una impresa indiana. Tuttavia, gli investimenti diretti esteri in India restano più di dieci volte inferiori a quelli che vanno in Cina, che possiede tuttavia un sistema bancario molto meno efficiente.
Le imposizione di percentuali massime agli investitori non nazionali, in aumento ma giudicate ancora troppo deboli, scoraggiano l’arrivo dei fondi. Le società straniere non possono possedere più del 74% dei capitali nel settore delle telecomunicazioni, il 51 % nella distribuzione di prodotti alimentari e d’uso corrente ed il 49% in quello dell’aviazione. Si rammaricano che il governo si mostra incapace di autorizzare l’apertura totale al 100% ai capitali stranieri per la costruzione di aeroporti e nel settore dell’energia, a causa della sua mancanza di fermezza nei confronti dei suoi alleati comunisti nell’ambito della coalizione al potere a Nuova Delhi. Centri di ricerca di grandi società occidentali si installano in India dove esiste la “materia grigia”.
Il decentramento non riguarda soltanto le occupazioni di base. Ormai sono interessate anche le occupazioni molto qualificate. Uomini d’affari indiani del settore privato investono negli Stati Uniti, in Australia ed in Europa, non soltanto nelle tecnologie dell’informazione in cui eccellono ma anche nei settori più diversi. Nel settore dell’energia, l’India partecipa alle esplorazioni di petrolio e di gas nell’isola russa Sakhalin e si prepara a cooperare con la Turchia per indagini nei paesi terzi, in Medio Oriente, in Asia ed in Africa.
D’altra parte, gli industriali indiani acquistano imprese occidentali e vogliono estendersi nel mondo, in particolare nel Sud-est asiatico, in Africa ed in America latina. L’acquisto nel luglio 2006 di Arcelor da parte di Mittal Steel, diretta da un indiano, è stato considerato come una splendida vittoria, anche se Mittal non è collocata in India ma nei Paesi Bassi. Nell’ottobre 2006, Tata Steel Limited, una delle numerose società del gruppo Tata, dichiarava di voler acquisire la società anglo-olandese Corus, con sede a Londra, dopo avere acquistato Singapourien Natsteel Asia e il 40% di Thaï Millenium Steel. L’acquisizione è stata fatta nel gennaio 2007. Essa diventa così la quinta ditta mondiale nel settore dell’acciaio. Nel 2004, Tata Motors si è impossessata della impresa coreana Daewoo Truck. Con l’acquisizione nel 2005 della più grande società cilena di servizi informatici, Tata Consultancy Services ha consolidato le sue posizioni in America latina dove è presente in quattordici paesi.
Il gruppo Tata si interessa anche del settore alberghiero. Tramite Indian Hotels Company Ltd (IHCL), possiede l’hotel Pierre a New York e si appresta ad acquisire il Ritz-Carlton a Boston, a partire dalla metà di gennaio 2007. La catena possiede 75 hotel in tutto il mondo. Quattro progetti lussuosi vedranno presto la luce, tre nel 2008 a Doha (Qatar), a Dubai (Emirati Arabi Uniti) ed a Cape Town (Sudafrica) e nel 2009 a Phuket (Tailandia).
Nel marzo 2006, DR Reddy’s Laboratories, uno dei fiori all’occhiello dell’industria farmaceutica indiana per le medicine generiche, ha acquisito la più grande impresa tedesca produttrice di generici, Betapharma. Suzlon il produttore indiano di mulini a vento, ha acquisito nel maggio 2006 la società belga Hansen. In un settore più inatteso, United Breweries di Bangalore, famoso per la sua birra Kingfisher, ha acquisito un produttore di vino della Loira, Bouvet-Ladubay dopo aver fallito il suo tentativo di acquisizione dello Champagne Taittinger. Tata Tea si è appropriata del gruppo inglese Tetley ed ha acquisito un terzo della società sud-africana Joekels e della società americana Energy Brands. A volte, società indiane si associano a istituzioni americani per acquisire imprese straniere. Così, nel settembre 2006, Videocon si è associata al fondo americano
Ripplewood per prendere possesso della società sud coreana Daewoo Electronics. Con le sue iniziative multiple che derivano da un dinamismo vincente, l’India è diventata un attore fondamentale del capitalismo mondiale. L’influenza delle sue società private è meglio accettata rispetto a quella cinese le cui imprese appartengono spesso allo Stato o si trovano sotto il suo controllo.
La diaspora indiana, nettamente meno numerosa di quella cinese ma lo stesso valutata in più di 25 milioni di persone, dà a New Delhi un’apertura sul mondo, in particolare verso il Medio Oriente, l’Europa e gli Stati Uniti ma anche attorno all’oceano indiano e nell’oceano pacifico. Contribuisce a sviluppare i rapporti commerciali ed effettua pagamenti di denaro significativi verso il paese d’origine. Così 6 milioni di indiani del golfo arabo-persico hanno rimpatriato 20 miliardi di dollari in India nel 2006. È stato creato un ministero per gli indiani che risiedono all’estero la cui importanza ormai è riconosciuta da New-Delhi. Quadri indiani lavorano in molte società americane ed europee. Alcuni ne prendono anche i comandi, come è stato il caso nel 2006 di PepsiCo negli Stati Uniti. È un americano d’origine indiana il co-fondatore di Hotmail (web-based email system), un’indiana di nascita, emigrata negli Stati Uniti, è il vice presidente e la direttrice mondiale della ricerca del gruppo americano Motorola, che dirige 26.000 ingegneri e ricercatori sparsi nel mondo. Il direttore della ricerca di Yahoo è anche d’origine indiana. Molti dirigenti delle società di alta tecnologia della Silicon Valley sono indiani. Gli indiani sono presenti nell’agenzia spaziale europea. In Europa, il Regno Unito, l’ex potenza coloniale ma anche la Germania e a titolo minore la Francia hanno forti Comunità indiane, spesso di valore eccellente. Nel Regno Unito, è un ingegnere originario del Madhya Pradesh, una provincia centro indiana, che dirige la società Vodafone. Gli espatriati svolgono un ruolo importante nella difesa degli interessi indiani. Alcuni rimpatriano fondi ed investono nel loro paese d’origine. Gli indiani che vivono negli Stati Uniti costituiscono gruppi potenti di pressione che favoriscono gli scambi commerciali. Danno un’immagine eccellente del loro paese d’origine. Gli ingegneri e studenti occidentali trovano ormai un interesse a lavorare o studiare in India. Reciprocamente, gli studenti indiani sono molto richiesti da alcune università occidentali, in tutte le discipline tra cui scientifiche e mediche, soprattutto negli Stati Uniti (dove sono 80.000 cioè più dei cinesi). Approfittando di borse dell’Unione europea, gli studenti indiani sono numerosi anche in Europa, in particolare nel Regno Unito (10.000), in Germania (5.000) ed in Francia (1.500).
Più del 10% degli studenti dell’istituto europeo d’amministrazione degli affari (INSEAD), a Fontainebleau sono indiani. Alcuni si sistemano nei paesi ospiti, talvolta per promuovere gli scambi commerciali. Goa costituisce una finestra verso il mondo di lingua portoghese, in Africa (Angola, Mozambico) e soprattutto in America (Brasile). In raffronto, Puducherry (nuovo nome di Pondichéry) svolge un ruolo poco importante in relazione al mondo francofono. Per completare l’insegnamento dispensato nelle università ed istituti, le grandi imprese industriali indiane hanno creato i loro centri di formazione dove possono anche trovarsi indiani che hanno effettuati i loro studi all’estero, cioè principalmente negli Stati Uniti, nel Canada ed in Australia. Ironia della storia, alcuni espatriati ritornano nel loro paese d’origine in seguito ai decentramenti. Così, gli ingegneri d’origine indiana che lavorano nella Silicon Valley la lasciano con le loro imprese.
6. Una forza militare significativa
Come complemento al suo ruolo accresciuto nel settore internazionale, politico ed economico e della sua dichiarazione quale potenza nucleare, l’India si dota di una quantità completa di mezzi di difesa, secondo le sue disponibilità finanziarie e tecnologiche. Dedicando circa il 3% del suo prodotto interno lordo alla difesa, percentuale molto ragionevole, dispone di forze armate fra le più potenti del mondo, per i suoi effettivi, il buon livello dei suoi ufficiali, la bravura dei suoi quadri subalterni e soldati ma anche la quantità e la qualità dei suoi equipaggiamenti ed armamenti. L’industria di difesa si basa su un insieme di imprese pubbliche e di arsenali che fabbricano materiali per i tre eserciti. Alcuni programmi di fabbricazione si sono conclusi con fallimenti o con notevoli ritardi.
I principali cantieri navali si trovano a Mumbai e Kolkata. 35 navi di guerra sono attualmente in
costruzione. Benché la sua industria di difesa si sviluppi, facendo in particolare appello al settore privato, l’India deve ancora importare molti suoi equipaggiamenti ed armamenti. La Russia resta un paese fornitore importante e rilascia abbastanza facilmente licenze di fabbricazione per alcuni sistemi di armi, tra cui aerei. Si effettuano fabbricazioni comuni come nel settore dell’alta tecnologia ad esempio il missile da crociera supersonica Brahmos (denominazione che evoca Brahmapoutra e Moskova). Ma, come nel settore civile, la tecnologia occidentale è vivamente ricercata.
Israele ed i paesi occidentali aumentano la loro partecipazione nel mercato degli armamenti. Cosa impensabile alcuni anni fa, gli americani hanno venduto agli indiani nel 2006 una nave da guerra ritirata dal servizio e sei elicotteri militari. Si apprestano a vendere 126 nuovi caccia di cui vorrebbe dotarsi l’aviazione. L’esercito di terra allinea più di 1.200.000 uomini e materiali ed armamenti a volte relativamente moderni ma a volte anche obsoleti. La partecipazione, a rotazione, di numerose unità nelle operazioni contro insorti separatisti nel Cashemire, indipendentisti o autonomisti negli stati del Nord-est aggueriscono le truppe ma le deviano altresì dalla loro missione prima. L’esercito di terra soffre per una mancanza di ufficiali, essendo il deficit valutato ad 11.000 unità. Questo sotto inquadramento spiega forse lo stress di alcuni soldati assegnati al Cashemire che a volte conduce, nell’ambito delle caserme, a litigi violenti ed a suicidi. L’aviazione dispone di caccia efficienti come i Mig 29 e Su 30, acquistati dalla Russia e dispiegati su molte basi disperse attraverso il paese. L’acquisizione di aerei russi forniti di sistemi d’individuazione AWACS israeliani costituirà un moltiplicatore di potenza.
La marina si rafforza con l’acquisizione di una portaerei d’origine russa e di sei sommergibili Scorpène di concezione franco-spagnola. La costruzione di una grande base a Karwar, a 100 km al sud di Goa, nello Stato del Karnataka gli darà mezzi d’azione nuovi. Nelle basi navali esistenti, a Mumbai, Vishakapatnam e Cochin, la marina deve dividere gli impianti con navi mercantili. Sarà solo a Karwar che si formerà un complesso esclusivamente militare, a vocazione interforze con non solo una base navale capace di accogliere in condizioni ottimali di sicurezza le navi di superficie e i sommergibili ma anche una base aerea e diverse altre infrastrutture. Sarà in realtà certamente la più grande base dell’Asia del Sud, senza paragone con la base navale di Ormara ed il porto di Gwadar, a doppia vocazione civile e militare, sulla costa di Makran, in Pakistan. Karwar dovrebbe permettere alla marina indiana di garantire la protezione della navigazione marittima al largo delle sue coste occidentali, nel mare dell’Arabia e sorvegliare le navi cinesi, che potrebbero moltiplicare i loro scali in Birmania, in Bangladesh, nello Sri Lanka e in Pakistan.
La futura base interesserà gli Stati Uniti e la Russia (la portaerei della marina indiana, d’origine russa vi sarà di stanza) ma è incerto che l’India accordi loro altre facilitazioni rispetto a quelle concesse per gli scali di routine. Un cambiamento potrebbe tuttavia operarsi in caso di presenza troppo grande nell’oceano indiano della flotta cinese. L’infrastruttura serve a ricambiare una minaccia, eventualmente con l’aiuto di alleati di circostanza. Il gioco sarebbe realizzato a quattro, Cina e Pakistan da un lato, India e Stati Uniti dell’altro, potendo la Russia assumere un atteggiamento neutrale o portando il suo contributo agli ultimi due paesi. La marina indiana vedrà anche le sue infrastrutture migliorarsi sulla costa orientale con la prevista costruzione di nuove basi navali vicino a Vishakapatnam ed a 40 km a sud di Chennai. Si aggiungeranno alla base interforze di Port Blair nell’arcipelago dello Andamans e Nicobar che controlla l’accesso al distretto di Malacca. La componente nucleare si sviluppa soprattutto nell’esercito e nell’aviazione e si estenderà alla marina.
L’India, come del resto il Pakistan, ha deciso di applicare una moratoria sulle prove nucleari ma il programma di missili balistici a lunga portata continua. Sono anche provati Missili di crociera. Satelliti civili d’osservazione possono avere applicazioni militari. Il primo satellite d’osservazione specificamente militare è stato lanciato nell’agosto 2007. l’India è dunque ormai una potenza militare spaziale. Un sistema di difesa anti-missile inizia a essere messo a punto.
L’India soffre per un’insufficienza dei suoi mezzi di comando. Esiste un embrione di stato maggiore interforze ma senza un vero potere. Non ci sono capi di stato maggiore degli eserciti ed i tre eserciti, terra, aria e mare, sembrano avere difficoltà a coordinare i loro progetti ed i loro
addestramenti. Una grande rigidità dei comandi, che è forse un’eredità delle relazioni strette mantenute nel settore della difesa con l’Unione sovietica, nuoce d’altra parte all’efficacia operativa bloccando un po’ lo spirito d’iniziativa. L’ordine strategico che attende alle armi nucleari non sembra completamente operativo. È una situazione preoccupante nella misura in cui i tempi di reazione in caso di scambi nucleari di missili tra l’India ed il Pakistan sono estremamente brevi a causa delle distanze ravvicinate. Nonostante alcuni progressi, i soldati restano male integrati nelle strutture decisionali governative, i funzionari dello Indian Administrative Service desiderano conservare le loro prerogative, anche se le loro competenze in materia di sicurezza e di difesa sono fiacche[4].
Gli scienziati della difesa sembrano maggiormente partecipare ai processi decisionali rispetto a prima. Il Presidente della Repubblica, ex ingegnere degli armamenti, specialista di missili, è venuto dalla loro fila. Poiché non accetta più basi straniere presso essa, l’India non dispone di punti d’appoggio all’estero. Non è conosciuta per lo spiegamento strategico delle sue forze armate, che si accontentano di inviare contingenti importanti in operazioni di mantenimento della pace condotte per il mondo dall’ONU, in particolare e soprattutto in Africa. Esiste in questo settore una certa emulazione con il Pakistan ed il Bangladesh, altri fornitori importanti di caschi blu.
I membri dell’organizzazione per la cooperazione di Shanghai hanno chiaramente fatto intendere che le basi americane in Asia centrale dovrebbero chiudere. In questo contesto, il ripristino della base aerea di Farkhor, in Tagikistan da parte di personale dell’esercito di terra e dell’aviazione indiane acquista maggiore rilievo dimostrando la volontà dell’India di garantire una certa presenza militare, almeno temporanea e marginale, in Asia centrale, cosa che ha suscitato alcune emozioni a Islamabad. L’India resta debole sull’uso delle armi nucleari, ammettendo che ne non farà uso per prima, cosa che può comprendersi di fronte al Pakistan ma meno di fronte alla Cina. Modernizza i suoi concetti d’impiego delle forze terrestri, aeree e marittime. Organizza dei gruppi tattici destinati ad agire rapidamente nella profondità del campo di battaglia, con appoggio aereo. La loro azione mirerebbe a distruggere forze nemiche ben situate e non ad occupare un territorio.
L’India ha acquisito, d’altra parte, una certa capacità di proiezione di forze grazie alla sua aviazione che possiede bombardieri a lungo raggio d’azione ed aerei di rifornimento in volo e grazie alla sua marina con portaerei. Sono anche previsti aerei d’avvistamento. Inoltre, il porto iraniano di Chabahar potrebbe essere messo a disposizione delle sue navi da guerra in caso di necessità, secondo un accordo che sarebbe stato firmato tra i due paesi ma che non è stato confermato. L’India sarà dunque in grado di intervenire militarmente nell’Oceano Indiano ed anche sulle frange dell’Oceano pacifico, in particolare nel Sud-est asiatico. Esercizi comuni che implicano unità dei tre eserciti si svolgono, secondo una frequenza sempre più grande, sul territorio indiano ed all’estero, con americani, britannici, francesi, Russi, Sud-Africani e iraniani. Altri sono progettati con Singapore, Mongolia e Uzbekistan. Le forze speciali sono a volte destinatarie di queste esercitazioni. Sul piano militare, l’India allarga dunque la sua visione. Potrebbe, così facendo, depauperare finanziariamente il Pakistan in una corsa al riarmo, sul modello di quella che avevano condotto con successo gli Stati Uniti in relazione all’Unione sovietica. Non sarebbe insoddisfatta di arrivare a questo risultato pur perseguendo il suo obiettivo principale di acquisire una capacità militare significativa di cui una parte potrebbe essere proiettata anche oltre l’Asia del Sud.
L’India dispone dunque di alcuni attributi della potenza, una popolazione importante, giovane, dinamica e parzialmente ben informata, una ricchezza agricola e mineraria, una tecnologia sviluppata in alcuni settori, anche quelli del nucleare e dello spazio, una capacità di aprirsi sul mondo, che si traduce in scambi commerciali in aumento e, per garantire la sua sicurezza, forze militari numerose, dotate dell’arma nucleare e di unità paramilitari significative. Ma esistono debolezze strutturali.
La sua dipendenza energetica rimane. L’India dovrà importare petrolio e gas in quantità sempre più grande. La concorrenza mondiale sarà viva ed i costi, certamente in aumento costante, peseranno nella sua bilancia commerciale. Il suo aumento demografico dovrà essere controllato, se non sarà trovato un equilibrio tra risorse il deterioramento dell’ambiente continuerà. La salute della popolazione è messa in pericolo da un inquinamento che aumenta. L’acqua costituirà un problema
ancor più grave che l’India cerca di risolvere sul piano qualitativo e quantitativo. Per quanto riguarda la qualità, cerca di ridurre gli inquinamenti dei corsi d’acqua e delle falde freatiche, dovute ai concimi utilizzati dall’agricoltura ed ai rifiuti industriali, dovute anche all’insufficienza di fabbriche di trattamento delle acque di scarico dei grandi agglomerati urbani. Per quanto riguarda la quantità, mira a ridurre le perdite, enormi, delle reti di distribuzione ed a garantire una migliore ripartizione collegando i principali corsi d’acqua del paese ma la fonte dei ghiacciai Himalaiani che alimentano i grandi fiumi costituisce la preoccupazione principale.
La debolezza delle infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali ed aeroportuali continua ad essere penalizzante. L’India dovrà infine trovare soluzioni per porre fine alle insurrezioni che la lacerano e la indeboliscono, in Cashemire dove musulmani estremisti rivendicano il ricongiungimento al Pakistan o l’indipendenza, negli stati del Nord-est in preda a militanti indipendentisti o autonomisti e nelle province centro-orientali in cui la ribellione maoista si estende. Queste sfide che si allargano all’insieme del territorio sono considerevoli. Sulla classificazione degli indici di sviluppo umano, stabilito dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUD), l’India resta mal messa: al 127° posto su 174 paesi, il Pakistan si trova al 14° posto. Nella classificazione dei paesi corrotti, occupa l’88° posto su 159, con il Pakistan ancora peggio piazzato[5). Inoltre, la corruzione imperversa. Sull’indice stabilito da Transparency International, l’India si classifica all’ 88° posto,
su 163.
Fa meno bene in Asia del Sud che lo Sri Lanka, classificato 78° ma meglio del Nepal, situato al 117° posto, il Pakistan, 144° posto ed il Bangladesh, 158° posto. Queste classificazioni poco invidiabili nuocono agli investimenti interni ed ancora più agli investimenti esteri. L’India compie sforzi per rimediare a queste mancanze. Così, dopo avere firmato e ratificato la convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2005, ha fatto votare una legge sul diritto all’informazione, uno strumento capitale nella lotta contro questo flagello e che già risulta efficace. Alla fine del 2006, nessuna legge simile era stata votata negli altri paesi asiatici del Sud. Un lungo cammino rimane dunque da percorrere perché l’India raggiunga i grandi ma ne ha l’ambizione e se ne dà i mezzi. Dovrebbe issarsi al terzo posto delle potenze economiche mondiali nel 2020, dietro agli Stati Uniti e alla Cina ma il reddito pro capite resterà debole. Vuole che il mondo riconosca la sua importanza. Un’ammissione quale membro permanente al Consiglio di sicurezza dell’ONU resta un obiettivo principale della sua diplomazia. Comunque vada, l’India conterà sempre più nel mondo, soprattutto se trova un terreno d’intesa con la Cina.
Note
Voir la monographie en langue anglaise «Terrorism in South -Asia», Alain Lamballe, publiée par le Centre Français de Recherche sur le Renseignement, rapport de recherche n° 3 (RR 3), disponible sur son site internet www.cf2r.org, novembre 2005.
Voir «L’eau, source de conflits en Asie du Sud», Alain Lamballe dans «Guerres mondiales et conflits contemporains», Paris, septembre 1999.
Voir «Armée et politique en Inde», Alain Lamballe dans «Défense nationale», Paris, mai 2000.
Chiffres donnés dans l’article How India has forged ahead, Kunwar Idris, Dawn, Karachi, 18 septembre 2005 et dans l’éditorial du Hindu, Chennai, 24 octobre 2005.