INDIA, POTENZA MONDIALE? II ed ultima parte

Général (CR) Alain Lamballe (fonte diploweb.com, trad. di G.P.)

5. Interessi reciproci tra l’India ed i paesi occidentali ma anche forti rivalità

 

Gli Stati Uniti prendono l’evoluzione delle relazioni sino-indiane seriamente. Un’intesa stretta tra l’India e la Cina avrebbe effetti nocivi per loro e per tutto il mondo occidentale. Washington cerca non soltanto di contrastare ogni ravvicinamento tra Nuova Delhi e Pechino ma convince Nuova Delhi ad adottare una strategia comune in relazione alla Cina. L’India appare per gli Stati Uniti come un alleato potenzialmente di peso, sul lungo termine, per attenuare l’aumento in potenza della Cina. Valori democratici comuni li legano, come la lotta contro il terrorismo islamico. Il Pakistan, regime militare a carattere semi-dittatoriale, è soltanto un paese temporaneamente amico, utile a breve termine, per agire in Afganistan e lottare contro il terrorismo. A seconda dei voleri di Washington, può anche fungere da contrappeso all’India se questa si mostrasse troppo recalcitrante.

Le autorità americane giostrano la possibilità di utilizzare il paese più debole per sottoporre il più forte e se necessario portarlo alla resipiscenza. L’India costituisce un elemento essenziale nella politica americana di accerchiamento o almeno di neutralizzazione della Cina sul suo lato sud, politica che conosce delusioni serie in altre zone, nell’Asia centrale ex-sovietica ed anche in Afganistan. In mancanza di essere un vero alleato, l’India può a lungo termine servire gli interessi americani. La sua competenza nelle operazioni di mantenimento della pace, nell’assistenza umanitaria e nella ricostruzione di paesi devastati da catastrofi o conflitti e la sua capacità di sorvegliare zone marittime interessa Washington. Navi da guerra indiane accompagnano già i bastimenti dalla marina mercantile americana verso il distretto di Malacca, pieno zeppo di pirati. Tali compiti, eseguiti dall’India, liberano l’America e gli permettono di occuparsi di missioni più importanti, che richiedono ulteriori mezzi, in Asia ed altrove. In altre parole, l’India potrebbe assumere operazioni di sicurezza a bassa intensità e gli Stati Uniti riservarsi le azioni di più grande portata. Così, l’India avrebbe la sensazione, pienamente giustificata, non di fare parte di un’alleanza militare e preservare la sua autonomia decisionale, pur portando un contributo apprezzabile all’America. Per ragioni tanto politiche che economiche, gli Stati Uniti hanno creato un partenariato strategico con l’India che non osservano più con condiscendenza. L’India diventa un soggetto economico rilevante. Il mercato mondiale del petrolio dovrà tenere conto delle sue necessità crescenti per alimentare un’industria in pieno aumento. Gli Stati Uniti hanno proposto nell’accordo del 18 luglio 2005 un aiuto nel settore nucleare civile con riserva di una separazione chiara e netta dei programmi civili e militari e di un impegno di non proliferazione. L’India, fino ad oggi, figura come nazione non-proliferante, all’opposto del vicino Pakistan. Nonostante le costrizioni imposte, gli indiani saranno vincenti poiché avranno accesso a tecnologie nucleari d’avanguardia. In definitiva, gli stessi vantaggi sono offerti tanto all’India che agli stati firmatari del Trattato di non proliferazione. Gli americani prevedono, nel quadro dell’accordo di difesa valida 10 anni firmato il 27 giugno 2005, la vendita di armamenti moderni, che includono apparecchi F 16 e F 18 che avranno concorrenti europei, in particolare francesi. Propongono anche una collaborazione nel settore della difesa anti-missile. Inoltre, è stato firmato un accordo di cooperazione spaziale. Gli indiani non sono abbindolati da quest’inversione spettacolare, dell’abbandono di tutte le sanzioni imposte dopo le prove nucleari del maggio 1998. Fini diplomatici, negoziatori abili ed intransigenti, ne tireranno tutti i vantaggi possibili, senza disconoscere le loro convinzioni e facendo il minimo di concessioni, salvaguardando in particolare il loro approvvigionamento energetico ed il loro programma nucleare militare e proseguendo una politica di ravvicinamento con la Cina e la Russia, con quest’ultimo paese anche nei settori nucleari e spaziali (sistema di navigazione satellitare Glonass per uso civile e militare). Non accetteranno un indurimento delle condizioni che potrebbero esigere i legislatori americani. Alcuni oppositori all’attuale governo ritengono tuttavia che sia impossibile fare la separazione tra programmi civili e militari e che gli americani abbiano in realtà un diritto di osservazione sulle armi nucleari.

Valutano che, infine, con gli emendamenti imposti da Washington al testo iniziale, Nuova Delhi perderà la sua indipendenza di giudizio e la possibilità di modernizzare il suo arsenale. Votando contro l’Iran nel corso di una consultazione nell’ambito dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica, l’India ha ceduto alle pressioni americane, in quanto vogliono a tutti i costi ottenere un aiuto per modernizzare le sue centrali nucleari e generalmente il suo programma nucleare civile. Così facendo, ha complicato ma certamente non ha compromesso la realizzazione del gasdotto dall’Iran e transitante dal Pakistan, di cui ha un così gran bisogno. Con il suo voto, l’India vuole anche mostrare che dopo avere raggiunto il club delle nazioni nucleari dichiarate, intende chiudere la porta dietro di lei, costretta ad ammettere tuttavia che il Pakistan si è infilato ultimo momento. L’India ha bisogno delle tecnologie americane ed europee, giudicate superiori a quelle della Russia, in modo prioritario nei settori nucleari e spaziali, considerate di un’importanza strategica. La Comunità internazionale riconosce l’interesse di una partecipazione indiana al progetto di reattore pilota termonucleare internazionale (international Thermonuclear Experimental Reactor – ITER). Inoltre vi è già la collaborazione indiana alla realizzazione del sistema europeo di navigazione satellitare Galileo. L’India cerca anche la cooperazione dei paesi occidentali per modernizzare le sue infrastrutture aeroportuali, portuali e ferroviarie. Da parte loro, i paesi industrializzati e le società multinazionali prendono coscienza dell’importanza del mercato indiano nei settori civili e militari che non possono trascurare più. Gli Stati Uniti ritengono che i vantaggi realizzati nel settore nucleare favoriranno l’aumento dei contatti politici, che concretizzeranno così il partenariato strategico e che saranno anche vantaggiosi alle loro imprese in tutti i settori dell’attività economica ed anche per la vendita di sistemi di armi. La crescita delle domande di equipaggiamenti di varia natura suscita la più viva attenzione in Europa come in America e gli indiani sapranno giocare sulla rivalità crescente tra i due continenti. Sul mercato aeronautico in piena espansione, il duello al quale si consegnano Boeing ed Airbus per rifornire le società aeree indiane nazionali e private costituisce un esempio evidente. Boeing ha strappato ordini per 68 aerei commerciali. Airbus prevede di investire per più di un miliardo di dollari in India nei prossimi dieci anni (2007-2016) nella realizzazione di un centro d’addestramento per i piloti di aerei A 320 nell’intera Asia, di un centro di ricerca e di un centro di manutenzione e di riparazione.  

Un decentramento in India piuttosto che in Cina di alcune attività industriali, come complemento di quelle che esistono già nel settore dei servizi, può sembrare preferibile alla Casa Bianca e alle capitali europee. Ed è, forse, per i governi occidentali un male minore. General Motors e Motorola prevedono di costruire fabbriche nelle zone occidentali e meridionali dell’India. Posco un produttore d’acciaio sud coreano e Mittal Steel, il conglomerato con sede nei Paesi Bassi, hanno piani per impiantare fabbriche enormi sulla costa orientale. La società americana di grande distribuzione Wal-Mart ha concluso nel novembre 2006 un accordo con la società indiana Bharti Enterprises per impiantare depositi. La Germania investe fortemente in numerosi settori, anche nel settore dell’automobile. Le società francesi Lafarge, Saint-Gobain, Alstom ed altre sono presenti in India da tempo. Dal 2006, Renault coopera con una impresa indiana. Tuttavia, gli investimenti diretti esteri in India restano più di dieci volte inferiori a quelli che vanno in Cina, che possiede tuttavia un sistema bancario molto meno efficiente. Le imposizione di percentuali massime agli investitori non nazionali, in aumento ma giudicate ancora troppo deboli, scoraggiano l’arrivo dei fondi. Le società straniere non possono possedere più del 74% dei capitali nel settore delle telecomunicazioni, il 51% nella distribuzione di prodotti alimentari e d’uso corrente ed il 49% in quello dell’aviazione. Si rammaricano che il governo si mostra incapace di autorizzare l’apertura totale al 100%  ai capitali stranieri per la costruzione di aeroporti e nel settore dell’energia, a causa della sua mancanza di fermezza nei confronti dei suoi alleati comunisti nell’ambito della coalizione al potere a Nuova Delhi. Centri di ricerca di grandi società occidentali si installano in India dove esiste la “materia grigia”. Il decentramento non riguarda soltanto le occupazioni di base. Ormai sono interessate anche le occupazioni molto qualificate. Uomini d’affari indiani del settore privato investono negli Stati Uniti, in Australia ed in Europa, non soltanto nelle tecnologie dell’informazione in cui eccellono ma anche nei settori più diversi. Nel settore dell’energia, l’India partecipa alle esplorazioni di petrolio e di gas nelle isole russe Sakhaline e si prepara a cooperare con la Turchia per indagini nei paesi terzi, in Medio Oriente, in Asia ed in Africa. D’altra parte, gli industriali indiani acquistano imprese occidentali e vogliono estendersi nel mondo, in particolare nel Sud-est asiatico, in Africa ed in America latina. L’acquisto nel luglio 2006 di Arcelor da parte di Mittal Steel, diretta da un indiano, è stato considerato come una splendida vittoria, anche se Mittal non è collocata in India ma nei Paesi Bassi. Nell’ottobre 2006, Tata Steel Limited, una delle numerose società del gruppo Tata, dichiarava di voler acquisire la società anglo-olandese Corus, con sede a Londra, dopo avere acquistato Singapourien Natsteel Asia e il 40% di Thaï Millenium Steel. L’acquisizione è stata fatta nel gennaio 2007. Essa diventa così la quinta ditta mondiale nel settore dell’acciaio. Nel 2004, Tata Motors si è impossessata della impresa coreana Daewoo Truck. Con l’acquisizione nel 2005 della più grande società cilena di servizi informatici, Tata Consultancy Services ha consolidato le sue posizioni in America latina dove è presente in quattordici paesi. Il gruppo Tata si interessa anche del settore alberghiero. Tramite Indian Hotels Company Ltd (IHCL), possiede l’hotel Pierre a New York e si appresta ad acquisire il Ritz-Carlton a Boston, a partire dalla metà di gennaio 2007. La catena possiede 75 hotel in tutto il mondo. Quattro progetti lussuosi vedranno presto la luce, tre nel 2008 a Doha (Qatar), a Dubai (Emirati Arabi Uniti) ed a Cape Town (Sudafrica) e nel 2009 a Phuket (Tailandia).

Nel marzo 2006, DR Reddy’s Laboratories, uno dei fiori all’occhiello dell’industria farmaceutica indiana per le medicine generiche, ha acquisito la più grande impresa tedesca produttrice di generici, Betapharma. Suzlon il produttore indiano di mulini a vento, ha acquisito nel maggio 2006 la società belga Hansen. In un settore più inatteso, United Breweries di Bangalore, famoso per la sua birra Kingfisher, ha acquisito un produttore di vino della Loira, Bouvet-Ladubay dopo aver fallito il suo tentativo di acquisizione dello Champagne Taittinger. Tata Tea si è appropriata del gruppo inglese Tetley ed ha acquisito un terzo della società sud-africana Joekels e della società americana Energy Brands. A volte, società indiane si associano a istituzioni americani per acquisire imprese straniere. Così, nel settembre 2006, Videocon si è associata al fondo americano Ripplewood per prendere possesso della società sud coreana Daewoo Electronics. Con le sue iniziative multiple che derivano da un dinamismo vincente, l’India è diventata un attore fondamentale del capitalismo mondiale. L’influenza delle sue società private è meglio accettata rispetto a quella cinese le cui imprese appartengono spesso allo Stato o si trovano sotto il suo controllo. La diaspora indiana, nettamente meno numerosa di quella cinese ma lo stesso valutata in più di 25 milioni di persone, dà a New-Delhi un’apertura sul mondo, in particolare verso il Medio Oriente, l’Europa e gli Stati Uniti ma anche attorno all’oceano indiano e nell’oceano pacifico. Contribuisce a sviluppare i rapporti commerciali ed effettua pagamenti di denaro significativi verso il paese d’origine. Così 6 milioni di indiani del golfo arabo-persico hanno rimpatriato 20 miliardi di dollari in India nel 2006. È stato creato un ministero per gli indiani che risiedono all’estero la cui importanza ormai è riconosciuta da New-Delhi. Quadri indiani lavorano in molte società americane ed europee. Alcuni ne prendono anche i comandi, come  è stato il caso nel 2006 di PepsiCo negli Stati Uniti. È un americano d’origine indiana il co-fondatore di Hotmail (web-based email system), un’indiana di nascita, emigrata negli Stati Uniti, è il vice presidente e la direttrice mondiale della ricerca del gruppo americano Motorola, che dirige 26.000 ingegneri e ricercatori sparsi nel mondo. Il direttore della ricerca di Yahoo è anche d’origine indiana. Molti dirigenti delle società di alta tecnologia della Silicon Valley sono indiani. Gli indiani sono presenti nell’agenzia spaziale europea. In Europa, il Regno Unito, l’ex potenza coloniale ma anche la Germania e a titolo minore la Francia hanno forti Comunità indiane, spesso di valore eccellente. Nel Regno Unito, è un ingegnere originario del Madhya Pradesh, una provincia centro indiana, che dirige la società Vodafone. Gli espatriati svolgono un ruolo importante nella difesa degli interessi indiani. Alcuni rimpatriano fondi ed investono nel loro paese d’origine. Gli indiani che vivono negli Stati Uniti costituiscono gruppi potenti di pressione che favoriscono gli scambi commerciali. Danno un’immagine eccellente del loro paese d’origine. Gli ingegneri e studenti occidentali trovano ormai un interesse a lavorare o studiare in India. Reciprocamente, gli studenti indiani sono molto richiesti da alcune università occidentali, in tutte le discipline tra cui scientifiche e mediche, soprattutto negli Stati Uniti (dove sono 80.000 cioè più dei cinesi). Approfittando di borse dell’Unione europea, gli studenti indiani sono numerosi anche in Europa, in particolare nel Regno Unito (10.000), in Germania (5.000) ed in Francia (1.500). Più del 10% degli studenti dell’istituto europeo d’amministrazione degli affari (INSEAD), a Fontainebleau sono indiani. Alcuni si sistemano nei paesi ospiti, talvolta per promuovere gli scambi commerciali. Goa costituisce una finestra verso il mondo di lingua portoghese, in Africa (Angola, Mozambico) e soprattutto in America (Brasile). In raffronto, Puducherry (nuovo nome di Pondichéry) svolge un ruolo poco importante in relazione al mondo francofono. Per completare l’insegnamento dispensato nelle università ed istituti, le grandi imprese industriali indiane hanno creato i loro centri di formazione dove possono anche trovarsi indiani che hanno effettuati i loro studi all’estero, cioè principalmente negli Stati Uniti, nel Canada ed in Australia. Ironia della storia, alcuni espatriati ritornano nel loro paese d’origine in seguito ai decentramenti. Così, gli ingegneri d’origine indiana che lavorano nella Silicon Valley la lasciano con le loro imprese.

 

6. Una forza militare significativa

Come complemento al suo ruolo accresciuto nel settore internazionale, politico ed economico e della sua dichiarazione quale potenza nucleare, l’India si dota di una quantità completa di mezzi di difesa, secondo le sue disponibilità finanziarie e tecnologiche. Dedicando circa il 3% del suo prodotto interno lordo alla difesa, percentuale molto ragionevole, dispone di forze armate fra le più potenti del mondo, per i suoi effettivi, il buon livello dei suoi ufficiali, la bravura dei suoi quadri subalterni e soldati ma anche la quantità e la qualità dei suoi equipaggiamenti ed armamenti. L’industria di difesa si basa su un insieme di imprese pubbliche e di arsenali che fabbricano materiali per i tre eserciti. Alcuni programmi di fabbricazione si sono conclusi con fallimenti o con notevoli ritardi. I principali cantieri navali si trovano a Mumbai e Kolkata. 35 navi di guerra sono attualmente in costruzione. Benché la sua industria di difesa si sviluppi, facendo in particolare appello al settore privato, l’India deve ancora importare molti suoi equipaggiamenti ed armamenti. La Russia resta un paese fornitore importante e rilascia abbastanza facilmente licenze di fabbricazione per alcuni sistemi di armi, tra cui aerei. Si effettuano fabbricazioni comuni come nel settore dell’alta tecnologia ad esempio il missile da crociera supersonica Brahmos (denominazione che evoca Brahmapoutra e Moskova). Ma, come nel settore civile, la tecnologia occidentale è vivamente ricercata. Israele ed i paesi occidentali aumentano la loro partecipazione nel mercato degli armamenti. Cosa impensabile alcuni anni fa, gli americani hanno venduto agli indiani nel 2006 una nave da guerra ritirata dal servizio e sei elicotteri militari. Si apprestano a vendere 126 nuovi caccia di cui vorrebbe dotarsi l’aviazione. L’esercito di terra allinea più di 1.200.000 uomini e materiali ed armamenti a volte relativamente moderni ma a volte anche obsoleti. La partecipazione, a rotazione, di numerose unità nelle operazioni contro insorti separatisti nel Cashemire, indipendentisti o autonomisti negli stati del Nord-est aggueriscono le truppe ma le deviano altresì dalla loro missione prima. L’esercito di terra soffre per una mancanza di ufficiali, essendo il deficit valutato ad 11.000 unità. Questo sotto inquadramento spiega forse lo stress di alcuni soldati assegnati al Cashemire che a volte conduce, nell’ambito delle caserme, a litigi violenti ed a suicidi. L’aviazione dispone di caccia efficienti come Mig i 29 e Su 30, acquistati dalla Russia e dispiegati su molte basi disperse attraverso il paese. L’acquisizione di aerei russi forniti di sistemi d’individuazione AWACS israeliani costituirà un moltiplicatore di potenza. La marina si rafforza con l’acquisizione di una portaerei d’origine russa e di sei sommergibili Scorpène di concezione franco-spagnola. La costruzione di una grande base a Karwar, a 100 km al sud di Goa, nello Stato del Karnataka gli darà mezzi d’azione nuovi. Nelle basi navali esistenti, a Mumbai, Vishakapatnam e Cochin, la marina deve dividere gli impianti con navi mercantili. Sarà solo a Karwar che si formerà un complesso esclusivamente militare, a vocazione interforze con non solo una base navale capace di accogliere in condizioni ottimali di sicurezza le navi di superficie e i sommergibili ma anche una base aerea e diverse altre infrastrutture. Sarà in realtà certamente la più grande base dell’Asia del Sud, senza paragone con la base navale di Ormara ed il porto di Gwadar, a doppia vocazione civile e militare, sulla costa di Makran, in Pakistan. Karwar dovrebbe permettere alla marina indiana di garantire la protezione della navigazione marittima al largo delle sue coste occidentali, nel mare dell’Arabia e sorvegliare le navi cinesi, che potrebbero moltiplicare i loro scali in Birmania, in Bangladesh, nello Sri Lanka e in Pakistan. La futura base interesserà gli Stati Uniti e la Russia (la portaerei della marina indiana, d’origine russa vi sarà di stanza) ma è incerto che l’India accordi loro altre facilitazioni rispetto a quelle concesse per gli scali di routine. Un cambiamento potrebbe tuttavia operarsi in caso di presenza troppo grande nell’oceano indiano della flotta cinese. L’infrastruttura serve a ricambiare una minaccia, eventualmente con l’aiuto di alleati di circostanza. Il gioco sarebbe realizzato a quattro, Cina e Pakistan da un lato, India e Stati Uniti dell’altro, potendo la Russia assumere un atteggiamento neutrale o portando il suo contributo agli ultimi due paesi. La marina indiana vedrà anche le sue infrastrutture migliorarsi sulla costa orientale con la prevista costruzione di nuove basi navali vicino a Vishakapatnam ed a 40 km a sud di Chennai. Si aggiungeranno alla base interforze di Port Blair nell’arcipelago dello Andamans e Nicobar che controlla l’accesso al distretto di Malacca. La componente nucleare si sviluppa soprattutto nell’esercito e nell’aviazione e si estenderà alla marina. L’India, come del resto il Pakistan, ha deciso di applicare una moratoria sulle prove nucleari ma il programma di missili balistici a lunga portata continua. Sono anche provati Missili di crociera. Satelliti civili d’osservazione possono avere applicazioni militari. Il primo satellite d’osservazione specificamente militare è stato lanciato nell’agosto 2007. l‘India è dunque ormai una potenza militare spaziale. Un sistema di difesa anti-missile inizia a essere messo a punto. L’India soffre per un’insufficienza dei suoi mezzi di comando. Esiste un embrione di stato maggiore interforze ma senza un vero potere. Non ci sono capi di stato maggiore degli eserciti ed i tre eserciti, terra, aria e mare, sembrano avere difficoltà a coordinare i loro progetti ed i loro addestramenti. Una grande rigidità dei comandi, che è forse un’eredità delle relazioni strette mantenute nel settore della difesa con l’Unione sovietica, nuoce d’altra parte all’efficacia operativa bloccando un po’ lo spirito d’iniziativa. L’ordine strategico che attende alle armi nucleari non sembra completamente operativo. È una situazione preoccupante nella misura in cui i tempi di reazione in caso di scambi nucleari di missili tra l’India ed il Pakistan sono estremamente brevi a causa delle distanze ravvicinate. Nonostante alcuni progressi, i soldati restano male integrati nelle strutture decisionali governative, i funzionari dello Indian Administrative Service desiderano conservare le loro prerogative, anche se le loro competenze in materia di sicurezza e di difesa sono fiacche[4). Gli scienziati della difesa sembrano maggiormente partecipare ai processi decisionali rispetto a prima. Il Presidente della Repubblica, ex ingegnere degli armamenti, specialista di missili, è venuto dalla loro fila. Poiché non accetta più basi straniere presso essa, l’India non dispone di punti d’appoggio all’estero. Non è conosciuta per lo spiegamento strategico delle sue forze armate, che si accontentano di inviare contingenti importanti in operazioni di mantenimento della pace condotte per il mondo dall’ONU, in particolare e soprattutto in Africa. Esiste in questo settore una certa emulazione con il Pakistan ed il Bangladesh, altri fornitori importanti di caschi blu. I membri dell’organizzazione per la cooperazione di Shanghai hanno chiaramente fatto intendere che l
e basi americane in Asia centrale dovrebbero chiudere. In questo contesto, il ripristino della base aerea di Farkhor, in Tagikistan da parte di personale dell’esercito di terra e dell’aviazione indiane acquista maggiore rilievo dimostrando la volontà dell’India di garantire una certa presenza militare, almeno temporanea e marginale, in Asia centrale, cosa che ha suscitato alcune emozioni a Islamabad. L’India resta debole sull’uso delle armi nucleari, ammettendo che ne non farà uso per prima, cosa che può comprendersi di fronte al Pakistan ma meno di fronte alla Cina. Modernizza i suoi concetti d’impiego delle forze terrestri, aeree e marittime. Organizza dei gruppi tattici destinati ad agire rapidamente nella profondità del campo di battaglia, con appoggio aereo. La loro azione mirerebbe a distruggere forze nemiche ben situate e non ad occupare un territorio. L’India ha acquisito, d’altra parte, una certa capacità di proiezione di forze grazie alla sua aviazione che possiede bombardieri a lungo raggio d’azione ed aerei di rifornimento in volo e grazie alla sua marina con portaerei. Sono anche previsti aerei d’avvistamento. Inoltre, il porto iraniano di Chabahar potrebbe essere messo a disposizione delle sue navi da guerra in caso di necessità, secondo un accordo che sarebbe stato firmato tra i due paesi ma che non è stato confermato. L’India sarà dunque in grado di intervenire militarmente nell’Oceano Indiano ed anche sulle frange dell’Oceano pacifico, in particolare nel Sud-est asiatico. Esercizi comuni che implicano unità dei tre eserciti si svolgono, secondo una frequenza sempre più grande, sul territorio indiano ed all’estero, con americani, britannici, francesi, Russi, Sud-Africani e iraniani. Altri sono progettati con Singapore, Mongolia e Uzbekistan. Le forze speciali sono a volte destinatarie di queste esercitazioni. Sul piano militare, l’India allarga dunque la sua visione. Potrebbe, così facendo, depauperare finanziariamente il Pakistan in una corsa al riarmo, sul modello di quella che avevano condotto con successo gli Stati Uniti in relazione all’Unione sovietica. Non sarebbe insoddisfatta di arrivare a questo risultato pur perseguendo il suo obiettivo principale di acquisire una capacità militare significativa di cui una parte potrebbe essere proiettata anche oltre l’Asia del Sud.

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L’India dispone dunque di alcuni attributi della potenza, una popolazione importante, giovane, dinamica e parzialmente ben informata, una ricchezza agricola e mineraria, una tecnologia sviluppata in alcuni settori, anche quelli del nucleare e dello spazio, una capacità di aprirsi sul mondo, che si traduce in scambi commerciali in aumento e, per garantire la sua sicurezza, forze militari numerose, dotate dell’arma nucleare e di unità paramilitari significative. Ma esistono debolezze strutturali. La sua dipendenza energetica rimane. L’India dovrà importare petrolio e gas in quantità sempre più grande. La concorrenza mondiale sarà viva ed i costi, certamente in aumento costante, peseranno nella sua bilancia commerciale. Il suo aumento demografico dovrà essere controllato, se non sarà trovato un equilibrio tra risorse il deterioramento dell’ambiente continuerà. La salute della popolazione è messa in pericolo da un inquinamento che aumenta. L’acqua costituirà un problema ancor più grave che l’India cerca di risolvere sul piano qualitativo e quantitativo. Per quanto riguarda la qualità, cerca di ridurre gli inquinamenti dei corsi d’acqua e delle falde freatiche, dovute ai concimi utilizzati dall’agricoltura ed ai rifiuti industriali, dovute anche all’insufficienza di fabbriche di trattamento delle acque di scarico dei grandi agglomerati urbani. Per quanto riguarda la quantità, mira a ridurre le perdite, enormi, delle reti di distribuzione ed a garantire una migliore ripartizione collegando i principali corsi d’acqua del paese ma la fonte dei ghiacciai Himalaiani che alimentano i grandi fiumi costituisce la preoccupazione principale. La debolezza delle infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali ed aeroportuali continua ad essere penalizzante. L’India dovrà infine trovare soluzioni per porre fine alle insurrezioni che la lacerano e la indeboliscono, in Cashemire dove musulmani estremisti rivendicano il ricongiungimento al Pakistan o l’indipendenza, negli stati del Nord-est in preda a militanti indipendentisti o autonomisti e nelle province centro-orientali in cui la ribellione maoista si estende. Queste sfide che si allargano all’insieme del territorio sono considerevoli. Sulla classificazione degli indici di sviluppo umano, stabilito dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUD), l’India resta mal messa: al 127° posto su 174 paesi, il Pakistan si trova al 14° posto. Nella classificazione dei paesi corrotti, occupa l’88° posto su 159, con il Pakistan ancora peggio piazzato[5). Inoltre, la corruzione imperversa. Sull’indice stabilito da Transparency International, l’India si classifica all’ 88° posto, su 163.

Fa meno bene in Asia del Sud che lo Sri Lanka, classificato 78° ma meglio del Nepal, situato al 117° posto, il Pakistan, 144° posto ed il Bangladesh, 158° posto. Queste classificazioni poco invidiabili nuocono agli investimenti interni ed ancora più agli investimenti esteri. L’India compie sforzi per rimediare a queste mancanze. Così, dopo avere firmato e ratificato la convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2005, ha fatto votare una legge sul diritto all’informazione, uno strumento capitale nella lotta contro questo flagello e che già risulta efficace. Alla fine del 2006, nessuna legge simile era stata votata negli altri paesi asiatici del Sud. Un lungo cammino rimane dunque da percorrere perché l’India raggiunga i grandi ma ne ha l’ambizione e se ne dà i mezzi. Dovrebbe issarsi al terzo posto delle potenze economiche mondiali nel 2020, dietro agli Stati Uniti e alla Cina ma il reddito pro capite resterà debole. Vuole che il mondo riconosca la sua importanza. Un’ammissione quale membro permanente al Consiglio di sicurezza dell’ONU resta un obiettivo principale della sua diplomazia. Comunque vada, l’India conterà sempre più nel mondo, soprattutto se trova un terreno d’intesa con la Cina.

Général (CR) Alain Lamballe

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Notes de l’études



[4] Voir « Armée et politique en Inde », Alain Lamballe dans « Défense nationale », Paris, mai 2000.

[5] Chiffres donnés dans l’article How India has forged ahead, Kunwar Idris, Dawn, Karachi, 18 septembre 2005 et dans l’éditorial du Hindu, Chennai, 24 octobre 2005.

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