INDUSTRIA 4.0. NUOVA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE O RACCONTO EDIFICANTE AD USO DEI “MEDIA” ?
Sul Sole 24 ore del 15.02.2016 Guido Plutino scrive a proposito della cosiddetta “rivoluzione industriale 4.0”:
<< Dopo l’invenzione della catena di montaggio, dell’energia elettrica e dell’elettronica, il suo driver è un rapido e massivo sviluppo dell’intelligenza artificiale>>.
Riporto qui sotto un file immagine in cui potete leggere la definizione che il Sole 24 ore dà di “Industria 4.0”
Questa problematica è stata al centro del recente World Economic Forum di Davos ed è stata approfondita anche in un documento elaborato da Ubs (1). Ubs spiega che – a partire dal fatto scontato che come le altre rivoluzioni industriali anche questa avrà dei vinti e dei vincitori – dovrebbe risultare molto probabile una prospettiva che vedrà prevalere uno scenario in cui i grandi e rapidi passi avanti nell’automazione
<<non avranno ripercussioni solo nelle diverse attività economiche, ma sposteranno gli equilibri geografici riportando in primo piano il mondo sviluppato>>.
E secondo una classifica stilata dall’istituto i paesi più pronti per questo “salto” risulterebbero Svizzera, Singapore, Paesi Bassi, Finlandia e gli Stati Uniti che tra queste sarebbe l’unico di dimensioni e potenza significative. Fanalini di coda risulterebbero Argentina, Perù, Brasile, Messico e India. Particolarmente significativa la posizione dell’India che tra tutti i Brics sembrerebbe, o sembrava, attualmente quella in minore difficoltà. L’Italia arrancherebbe, dietro stati come la Russia e la Thailandia, poco dopo la trentesima posizione. Secondo gli analisti di Ubs i
<<mercati emergenti dispongono di manodopera con minore know-how e, rispetto ai mercati sviluppati, hanno una flessibilità minore per aumentarla>>.
La quarta rivoluzione industriale, perciò, si svilupperà attraverso l’azione combinata di due forze:
<< La prima – hanno spiegato Axel Weber, chairman del board of directors, e Sergio Ermotti, Group ceo, presentando la ricerca – è un’automazione estrema, prodotto di un ruolo crescente dell’intelligenza robotica e artificiale nel business, nelle amministrazioni e nella vita privata. La seconda, l’estrema connettività, annullerà distanze e tempo intesi come ostacoli per una comunicazione ancora più rapida e profonda tra uomini e macchine>>.
Plutino aggiunge, a questo punto, che queste nuove “entusiasmanti” tecnologie avranno anche pesanti ricadute sul piano dell’occupazione perché non verranno colpite solo le attività
<<a basso valore aggiunto e alta ripetitività, ma verranno erose anche le posizioni di medio e buon livello professionale. Come è già visibile nel mondo dei servizi finanziari, con la progressiva diffusione dei robot advisors, i servizi di consulenza agli investitori forniti online e basati sull’utilizzo di algoritmi matematici>>.
Devo dire che, personalmente, non ritengo l’esempio utilizzato particolarmente significativo: la finanza è risultata già da parecchi decenni particolarmente sensibile alle innovazioni tecnologiche e all’informatizzazione anche per la natura logica (teoria dei giochi, ecc.) e matematica di buona parte delle sue fondamentali aree teorico-pratiche di specializzazione tecnico-scientifico e organizzativa. Per quanto riguarda la paventata crescita della forbice reddituale e della distanza tra base e vertice nella ricchezza e nei patrimoni degli individui e degli stati mi sembra evidente che si tratta di una tendenza che, iniziata con il nuovo millennio, si è particolarmente accentuata con la crisi esplosa nel 2008 e risulta legata essenzialmente alle sue dinamiche. L’autore dell’articolo si sofferma, poi, sul problema dei crimini informatici e della cybersecurity mettendo in evidenza le opportunità di guadagno che potranno nascere da questo. Nella conclusione del suo discorso ci regala, infine, uno “splendido” elenco di “meravigliose” ulteriori possibilità di reddito e sviluppo: profilazione della clientela nella grande distribuzione, efficientamenti nelle utilities, riduzione dei costi per il sequenziamento di genoma e proteoma con incremento della redditività degli ospedali, produzioni di nuovi software per l’utilizzo del mare di dati disponibili soprattutto per quanto riguarda le analisi di mercato e chi più ne ha più ne metta.
In un altro articolo tratto da internet (Marta Panicucci – 22.01.2016), in riferimento al forum di Davos di quest’anno, si accentuano i toni critici:
<<nei prossimi 4 anni nel mondo vedremo scomparire circa 5 milioni di posti di lavoro a causa delle nuove tecnologie in grado di fare (meglio e con costi minori) alcune mansioni svolte fino ad oggi dagli esseri umani. I protagonisti della quarta rivoluzione industriale saranno la robotica, la nanotecnologia, la stampa 3D e la biotecnologia. In realtà non si tratta di una grande novità. Il dibattito sul futuro della macchina che sostituirà l’uomo è in corso da diversi anni, ma l’impressione che arriva da Davos è che questo cambiamento epocale sia proprio dietro l’angolo. Si tratta di quella che nel 1930 John Maynard Keynes, con grande lungimiranza, chiamava “disoccupazione tecnologica” cioè una “disoccupazione causata dalla scoperta di strumenti atti a economizzare l’uso di manodopera e dalla contemporanea incapacità di tenerne il passo trovando altri utilizzi per la manodopera in esubero”>>
A parte il riferimento a Keynes, che mi sembra particolarmente incompleto e distorto, ci preme di ricordare che in qualsiasi manuale scolastico troviamo scritto che la prima grande ondata di disoccupazione tecnologica risale proprio all’epoca della prima rivoluzione industriale. Contro quel disastro sociale nacque la disperata protesta luddista, destinata ineluttabilmente al fallimento e superata da un processo di sviluppo capitalistico che a periodi di crisi (di vario tipo e durata come ha teorizzato Schumpeter) ha fatto sempre seguire, fino ad oggi, lunghe fasi espansive. Ma su questo punto si è espresso ampiamente, per decenni, La Grassa le cui posizioni radicalmente antieconomicistiche sono condivise da tutti noi. In questo intervento ho voluto solo riportare alcuni discorsi riguardanti un dibattito su temi diventati di “moda” e che ha molto di ideologico. Sulla base delle teorie di La Grassa riaffermiamo, perciò, sia il primato dei rapporti sociali, e non solo di quelli di produzione come in Marx, sia il rifiuto di dare un ruolo di preminenza nello sviluppo della formazione sociale capitalistica alle forme via via cangianti e nuove dei processi tecnico-organizzativi utilizzati dalle forme socio-economiche capitalistiche unito, comunque, al riconoscimento dell’importanza preminente, per il superamento delle crisi, di una vasta combinazione di innovazioni di prodotto. Tutto questi aspetti trovano, però, la loro sintesi decisiva nell’idea del primato delle strategie politiche (in senso lato) combattute da gruppi sociali guidati da elité composte da specialisti tratti da tutte le “sfere” in cui è divisa la società. Per quanto riguarda, infine, la storia delle rivoluzioni industriali mi pare di aver notato che in genere ci sia un accordo abbastanza unanime riguardo alla durata e alla natura della prima e della seconda le quali, come vari commentatori hanno potuto rilevare, si differenziano soprattutto per il fatto che, nella seconda, le innovazioni tecniche non sono più frutto di scoperte occasionali ed individuali, bensì di ricerche specializzate in laboratori scientifici e nelle università finanziate dagli imprenditori e dai governi nazionali per il miglioramento dell’apparato produttivo. Si potrebbe parlare quindi, all’interno dell’epoca moderna, di una rivoluzione scientifica iniziata nel Seicento, di una rivoluzione tecnica in senso stretto, caratterizzante l’epoca della prima rivoluzione industriale, e di una rivoluzione tecnologica – che ha visto la tecnica trasformarsi sostanzialmente in scienza applicata – da datarsi nella parte finale del XIX secolo. Cronologicamente e privilegiando il filo rosso delle innovazioni di prodotto possiamo, invece, caratterizzare così la seconda e (l’ipotetica) terza rivoluzione industriale:2^) diffusione di prodotti dell’industria pesante (acciaio) e dell’industria chimica (prodotti chimici); invenzione del motore a scoppio ed un’ampia disponibilità di energia, ottenuta a partire dai combustibili fossili e facilmente trasportabile grazie alla trasformazione in elettricità; 3^) produzione di energia dal nucleare e da fonti rinnovabili, diffusione delle biotecnologie a seguito della scoperta del DNA nel 1953, estensione della manipolazione dei materiali alla scala atomica (nanotecnologie) e digitalizzazione dell’informazione che ha reso possibile la rivoluzione informatica e delle telecomunicazioni e la creazione del mercato globale dell’informazione. Scusatemi se ho fatto ancora, in parte, un riassunto di cose note a tutti voi ma mi è sembrato che il post fosse più completo con queste aggiunte. Concludo con una caratterizzazione un po’ atipica della periodizzazione delle rivoluzioni industriali scritta da Sylos Labini parecchi anni fa:
(1)La UBS Group SA è una società universale di servizi finanziari con sedi a Basilea e a Zurigo, in Svizzera. Si tratta di una banca privata e di una banca d’investimento che offre servizi di investment banking, asset management e wealth management ad una clientela privata, istituzionale ed aziendale sia in Svizzera che nel mondo. In Svizzera si occupa anche della clientela retail. (Da Wikipedia)
Mauro Tozzato 17.02.2016