INETTI O IMBROGLIONI? COMUNQUE PERICOLOSI
(29 giugno 08)
Il 21 giugno, alla vigilia della mia partenza per una breve vacanza, i giornali portavano la notizia che ormai, in definitiva, eravamo in vista della fine del tunnel (della crisi; innescata dai crediti detti subprime, quelli immobiliari, ed enfatizzata ulteriormente dalla speculazione sul petrolio e le materie prime, le commodities). Alla testa degli ottimisti la nostra Banca d’Italia (governata dall’ex vicepresidente della Goldman Sachs). Molti titoli dei giornali erano del tenore: “Torna la fiducia”, parola di Bankitalia. In effetti, i nostri “guru” dell’economia parlavano di netto miglioramento degli indici relativi alla fiducia dei consumatori, al debito estero, ai prezzi alla produzione, e via osannando il miglioramento generale delle aspettative di ripresa.
Il giorno prima del ritorno, 27 giugno, mia “sorpresa” vivissima (finta). L’ufficio studi della Confindustria affermava: “L’Italia è in stagnazione”; e snocciolava una serie di dati da brivido (primo fra tutti quello della previsione di aumento del Pil fermo allo 0,1% per quest’anno e previsto intorno allo 0,5% per il 2009). Soprattutto, sono fermi i consumi, ferme le retribuzioni; e ciononostante pur sempre superiori al modestissimo incremento della produttività del lavoro con conseguente perdita di competitività, ecc. (sto solo riportando le notizie, non ho alcuno strumento per emettere giudizi circa la “scarica” di numeri sotto cui vari uffici di studi economici ci sotterrano). Non solo: i giornali riportavano le dichiarazioni di Draghi che non nutrirebbe ormai più molta fiducia sulla possibilità di evitare una crisi; e si sta parlando della fiducia che era invece solidissima sei giorni prima. Infine l’ISAE, istituto che rileva la fiducia delle imprese manifatturiere, segnalava che a giugno abbiamo raggiunto un indice della stessa ai suoi minimi storici, pari a quelli del luglio del 2005.
Non credo ci sia bisogno di commentare queste notizie, del tutto opposte a distanza di nemmeno una settimana le une dalle altre. Del resto, il commento è lo stesso del titolo di questo piccolo brano. Difficile immaginare una classe dirigente, con i suoi tecnici economici e finanziari, peggiore di quella che abbiamo in Italia; ma anche, tutto sommato, nel resto del capitalismo “occidentale”. Scelga il lettore se siamo in presenza di semplici imbonitori e mentitori o invece (o anche) di inetti e incapaci di avere una qualche idea di come le cose “stiano girando”. In ogni caso, si tratta di “poveri meschinelli”. Quando qualcuno si deciderà a buttarli al macero, sarà probabilmente troppo tardi.
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