INTERVISTA A G. LA GRASSA
Professore potrebbe spiegarmi cosa la spinge a sostenere alla resistenza irachena e afgana?
I detrattori resistenza irachena ed afgana affermano che la resistenza è formata solo da terroristi che mettono le bombe in mezzo ai mercati uccidono giornalisti e loro compatrioti. Come risponde a queste accuse?
L’elezione di presidenti socialisti come Chavez in Venezuela Morales in Bolivia e Correa in Ecuador è il segno che qualcosa sta cambiando nel sud america oppure no?
Professore qual è oggi la condizione di Cuba e quanto il famoso bloqueo cioè l’embargo statunitense ha influito sulle condizioni di vita dei cubani?
Secondo lei quali sono stati i motivi economici della caduta dell’Urss? E si può ancora considerare “socialista” la Cina di oggi?
Lei si sente ancora di dichiararsi un comunista alla luce della crollo del socialismo reale e della globalizzazione neoliberista? E se si perché?
So che lei non vota dal 92 tuttavia se si dovesse andare ad elezioni per chi consiglia di votare?
Cosa ne pensa del comportamento ambiguo dei sindacati CGIL-CISL e UIL nella votazione del protocollo welfare?
Cosa ne pensa della legge Biagi?
Caro Gabriele,
rispondo alle domande nell’ordine in cui mi sono state inviate.
I Domanda.
Appoggio la lotta di iracheni e afgani per ragioni di principio e di umanità (diritto di ribellione contro ogni invasione e oppressione), ma certamente, soprattutto, perché sono favorevole all’indebolimento del monocentrismo, fondato sull’egemonia mondiale degli Usa, e al progressivo avvicinamento a quella fase policentrica, di scontro interdominanti sul piano mondiale, che ritengo l’unica tipologia di periodo storico in cui possano prodursi rotture rivoluzionarie, ed effettivi “squarci” del predominio con qualche irruzione dei dominati (sotto adeguata e precisa direzione politica) “attraverso” alcuni di tali squarci.
Sono certo colpito negativamente dall’eccesso di massacri reciproci tra sciiti e sunniti in Irak, e mi sembra – a meno che non si tratti di oscuramento mediatico – che siano di molto diminuite le perdite americane. Pretendere che si tratti solo di propaganda, che gli attentati reciproci tra iracheni siano solo una manovra degli invasori, appare poco credibile. In ogni caso, è sperabile che ci sia un’inversione di tendenza con forte ripresa della guerriglia atta ad indebolire la presenza americana e farne salire i costi. Mi sembra che la situazione sia migliore in Afghanistan, dove non mi sembra ci siano queste divisioni; ritengo inoltre che quella guerriglia, se portata a buon fine, determinerebbe cambiamenti molto importanti in Pakistan, dove siamo già entrati in fase di forte instabilità.
In ogni caso, di questi argomenti, pur in altro contesto – sicuramente più ampio – ho trattato nel mio scritto “Una seconda mossa” che si trova in www.ripensaremarx.it.
II Domanda
Non ho molto da aggiungere, salvo che anche gli occupanti nazisti trattavano i resistenti (italiani ed europei) da “banditi”. E’ assolutamente “normale”, un cliché sempre utilizzato dagli oppressori e dagli invasori in tutti i tempi e luoghi. Resta il fatto che, certamente, è auspicabile che le forze di resistenza – in Irak, non è affatto identica la situazione in Afghanistan – si dedichino maggiormente ad attaccare le forze di occupazione piuttosto che a massacrarsi reciprocamente.
III Domanda
Rinvierei anche qui a quanto scritto nel sito sopra citato. Sia chiaro che non credo ad alcun “socialismo del XXI secolo”. Da quando sono nato, sento ogni secondo momento scoprire un “nuovo socialismo” con un “nuovo soggetto rivoluzionario” (così come odo affermare, a periodi ricorrenti, l’ormai prossima “fine della Terra” per distruzione dell’ambiente). Se invece di nutrire le proprie speranze o lenire le proprie disillusioni o esorcizzare le proprie paure, affidandosi ad un deus ex machina, ci si dedicasse alla “bruta” realtà di questo mondo, sarebbe tanto di guadagnato. Preferisco nettamente chi crede in Dio e si affida alle vere religioni. A differenza di tanti detrattori superficiali, capisco la frase di Marx (inserita in un certo contesto) relativa alla “religione in quanto oppio dei popoli”. Se Marx fosse qui con noi, penso sarebbe d’accordo che oggi l’oppio dei popoli è invece quella “religiosità” che si affida ad eventi terreni ed umani. Smettiamola di sognare e dedichiamoci di più agli “animali” uomini, dotati però di ragione (non di Ragione), che è talvolta un pregio, talaltra un vero guaio.
Detto questo, sono per il pieno appoggio a Chavez e agli altri indipendentisti sudamericani, per gli stessi motivi indicati nella prima risposta.
IV Domanda.
Mi sembra ovvio che l’embargo americano a Cuba, come qualsiasi altro embargo a qualsiasi altro paese, provochi gravissimi danni a chi ne è oggetto. Se poi si tratta del gigante Usa e della piccola Cuba situata alle sue porte, il guaio è ancora più grosso e in pratica definitivo. Inoltre, Cuba non ha più alle spalle alcun “campo socialista”. Detto questo, non credo da tempo immemorabile al “socialismo cubano”. Resto comunque estimatore di Fidel Castro, che mi sembra l’unico sopravvissuto dei grandi personaggi del XX secolo; oggi i nanerottoli si sprecano. Ovviamente, parlo di Fidel riferendomi ad un gruppo dirigente di cui è stato espressione. Tanto per chiarire meglio il mio pensiero, io resto grande ammiratore di uno Stalin (di quel gruppo dirigente di cui egli fu l’uomo di punta), ma non certo in quanto “costruttore del socialismo” (inesistente). Non valuto, insomma, Stalin in quanto comunista, bensì quale eccelso uomo di Stato, sotto la cui direzione l’Urss era diventata il contraltare degli Stati Uniti. Evidentemente, Fidel non aveva le condizioni oggettive per assurgere a tale ruolo, ma resta un personaggio politico di altissimo livello, di quelli che oggi, lo ripeto, non esistono più.
Fidel sta a Stalin (fatte le debite proporzioni, solo con riguardo alle dimensioni del paese) come, con analogia certo approssimativa, Guevara sta a Trotsky. Se Guevara avesse guidato Cuba, questa sarebbe finita in “due balletti” (basti pensare a che cosa ha combinato nelle funzioni di Ministro dell’economia). Ci sono personaggi che debbono accettare il loro ruolo di “eroi” (della Rivoluzione), senza pretendere di essere anche i “costruttori” la cui azione tende a stabilizzare quella rivoluzione (e quel poco o tanto che riesce a conseguire, magari non quello che era negli intendimenti iniziali e che è proprio oggettivamente impossibile). Guevara ebbe l’intelligenza e la modestia di capirlo; Trotsky direi proprio di no. In modi molto diversi, entrambi ci hanno rimesso la vita; e vanno onorati per quello che hanno rappresentato: alla faccia di quegli sporcaccioni che, recentemente, hanno blaterato indegnamente perché è stato celebrato il quarantesimo della morte di un “assassino” (Guevara). Chi ha dato simili giudizi è un cinico mascalzone, ma anche un imbecille
patentato. Esattamente come quelli che hanno confezionato ultimamente su Rai2 il “ricordo” della Rivoluzione d’Ottobre.
Sono andato fuori tema, ma dovevo togliermi alcuni sassolini dalle scarpe.
V Domanda
Non sono stati semplicemente (né soprattutto) economici i motivi del “crollo” dell’intero “socialismo reale”, non solo di quello sovietico. Si è trattato di una vera involuzione sociale, sui motivi della quale posso rinviare alle “Lotte di classi in URSS” di Bettelheim, che però arriva solo fino alla morte di Stalin (1953), mentre il principale arretramento è avvenuto dopo. Impossibile, comunque, rispondere ad una domanda tanto complessa; del resto, le ultime mie “visitazioni” in proposito (oggi del tutto superate) si trovano in un libro del 1978, scritto con Maria Turchetto: Dal capitalismo alla società di transizione (ovviamente è inutile riproporlo se non a chi è interessato alla storia del pensiero marxista in Italia).
Sulla Cina sono secco: non ha nulla a che vedere con il “socialismo”. Recentemente è stata riconosciuta la funzione decisiva dell’imprenditoria privata con specifico articolo della Costituzione approvato dal 95 e più % dell’Assemblea del Popolo; gli imprenditori iscritti al partito sono in crescita esponenziale e ormai ci sono centinaia di migliaia di “miliardari”, di veri “ricchi sfondati”. Non credo che comunque la Cina diventerà una formazione sociale somigliante al capitalismo “occidentale” (che in definitiva comprende anche il Giappone). Per troppo tempo, siamo stati abituati a parlare di capitalismo sempre in base agli schemi del modo di produzione capitalistico, come definiti da Marx sull’esempio del solo capitalismo sviluppato (quello inglese) che aveva di fronte a sé e che aveva studiato con attenzione. Ho comunque scritto molto al riguardo – non in un libro specifico – e adesso termino quindi qui.
VI Domanda
Sono stato comunista, prima ortodosso poi piuttosto eretico (nella fase althusseriana), e non me ne pento. Oggi il comunismo (novecentesco) è finito, più o meno come l’anarchismo ottocentesco. I rimasugli che sono in circolazione sono dei necrofili, diretti da furbi “sfruttatori di voti” che ne approfittano per conquistare qualche commendevole posticino di “mezzo” potere (o forse un quarto o un decimo). Non recito la parte del comunista, e ho perplessità in merito a quel nome, perché ormai è stato appunto sputtanato da miserabili omuncoli, che meriterebbero un sorte “molto avversa”. Sono rimasto un pensatore di derivazione marxista, perché il marxismo – come semplice punto d’avvio, ormai – è pur sempre migliore, a mio avviso, delle altre teorie sociali. Se però lo si coltiva come dottrina, come un catechismo indispensabile a far parte di qualche chiesuola, non serve più a nulla.
Starei attento a parlare troppo facilmente di globalizzazione neoliberista. Questa globalizzazione è una ideologia tesa a negare il monocentrismo statunitense, e le sempre più forti incrinature che esso sta subendo soprattutto ad opera di nascenti potenze “ad est” (Russia, Cina, India). Ci si scorda delle sfere di influenza, che richiedono la presa in considerazione degli Stati (per nulla tramontati come dicono i mentitori che vogliono far scordare il predominio USA) e dunque della loro “corazza coercitiva” rappresentata dai “distaccamenti speciali di uomini in armi”. Chi contribuisce a dimenticare tutto questo, in buona o mala fede non mi interessa, è un fottuto reazionario e deve essere combattuto.
VII Domanda
In realtà ho votato alle europee del 1999 per Rifondazione poiché volevo “premiarla” per quel po’ di opposizione fatta alla guerra di aggressione USA (con l’Italia del governo D’Alema al seguito) contro la Jugoslavia, utilizzando quel colossale falso storico del genocidio dei kosovari. A parte quel voto, io non vado in cabina elettorale dagli anni sessanta (forse settanta, ma credo più sessanta). Sono contro la democrazia elettorale di questo tipo. Quindi consiglio di non votare chicchessia; sono per una propaganda che semini sempre più la sfiducia nella possibilità di
cambiare le cose (e non in direzione del socialismo, ma anche semplicemente contro il capitalismo parassitario italiano, subordinato agli USA) con il voto. Occorrono comunque, anche per minime trasformazioni, maniere molto più energiche, poco gentili per non dire terribilmente ruvide; e non solo contro quelli “etichettati” come destra.
VIII e IX Domanda
Non penso gran che del protocollo welfare o della legge Biagi, perché ne sono informato indirettamente (se ne scrive e chiacchiera molto) ma non li ho letti; e volutamente, perché la riterrei una perdita di tempo. Capisco che qualcuno se ne debba interessare; e poi mi racconta quel che ne pensa. Io, però, mi ritengo esonerato da simile noiosa lettura.
I sindacati citati fanno appunto parte di quelle forze che andrebbero trattate con le maniere ruvide di cui sopra. Sono apparati di Stato, reazionari, veri puntelli del capitalismo parassitario italiano: finanziario e industrial-assistito (dallo Stato). Ogni cambiamento, in meglio (o meno peggio), della nostra società passa per il loro sbaraccamento completo. Debbono essere chiuse e presidiate da “chi di dovere” le loro sedi, spediti “in riformatorio” i dirigenti (anche provinciali). Si deve tornare alla perfetta libertà di associazione dei lavoratori in organismi mantenuti soltanto dai loro contributi (lo Stato fuori dai piedi), e con vertici eletti e revocabili in qualsiasi momento (naturalmente bisogna trovare le forme concrete di attuazione di simile elezione e revoca in ogni momento).
Con questo ho finito. Grazie e cordiali saluti agli intervistatori