INTERVISTA A GIANLUCA SAVOINI, PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE LOMBARDIA RUSSIA E PORTAVOCE DI MATTEO SALVINI

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savoini1)La Lega 2.0 di Salvini è molto diversa da quella di Bossi. L’utopia padana, legata alla grande narrazione secessionistica, appartiene al mito fondativo del partito ma, ormai, non è più il suo destino futuribile. Ora c’è l’urgenza di andare incontro ai problemi concreti del Paese, da Nord a Sud. La svolta “nazionale” della Lega nasce forse da questa valutazione più realistica della crisi italiana nel contesto continentale?

Puntualizzo subito che io non accantonerei definitivamente il padanismo, perché il fallimento dell’euro e delle politiche dell’Ue, potrebbe dar vita ad una Europa delle regioni e non più dei superati stati nazionali. L’Italia non è omogenea, non possiede una identità nazionale veramente condivisa e reale al di fuori della retorica, delle commemorazioni e delle partite di calcio degli azzurri. Rimpiango che non esista più oggi uno studioso del calibro del professor Miglio. Detto questo, la Lega di Salvini fa molto bene ad estendere il proprio messaggio sovranista in tutto il paese: senza il recupero della sovranità economica, monetaria e politica, l’Italia è destinata a sprofondare e con essa anche la Padania.

2)Ci sembra che la Lega stia tentando di riposizionare le criticità del Paese (disoccupazione, mancanza di sicurezza, aumento della pressione fiscale, tagli previdenziali e assistenziali, ecc.) nell’alveo di scelte strategiche di alto profilo, attinenti alla sfera statale. Mutamento delle relazioni internazionali, rinnovamento delle alleanze geopolitiche, riappropriazione della sovranità nazionale e di quella monetaria, sono le tematiche calde di questa fase storica che il partito di Salvini prende di petto. Parrebbe esserci una liaison strettissima tra tali questioni di politica estera ed i problemi interni dell’Italia. La perdita di peso della Penisola sulla scacchiera mondiale, dopo l’ingresso nell’Ue e nell’euro, quanto ci ha danneggiato in termini socio-economici?

Non sono un esperto di economia e so che su questo settore Salvini si avvale dell’importante contributo di persone come il professor Borghi, Giancarlo Giorgetti, Armando Siri, oltre al gruppo di docenti universitari coordinati dal professor Valditara. In politica estera il segretario del Carroccio ha intrapreso una strada che personalmente apprezzo: quella di coordinarsi in un fronte europeo identitario a livello di Europarlamento e di mantenere rapporti di collaborazione e di amicizia con la Russia di Putin, senza per questo scadere in un antiamericanismo stupido e controproducente. I nemici di questa linea sono numerosi e agguerriti, perché è la prima volta che la Lega riesce a dotarsi di una politica estera non estemporanea e seguendo precise coordinate geopolitiche. Ma dopo un ventennio di continua perdita di sovranità, Salvini sta cercando di rilanciare un programma di recupero per l’Italia. Siamo del resto all’estremo limite prima del punto di non ritorno.

3)Il suo partito si è impegnato all’estero per facilitare scambi commerciali e relazioni diplomatiche con partner non amati dalla Comunità Internazionale. Per esempio con Mosca, contrapponendosi alle sanzioni imposte da Usa ed Ue, per la guerra in Ucraina. Il Belpaese è, tuttavia, un membro a pieno titolo dell’Occidente (e della Nato) e potrebbe non essere autorizzato a prendersi certe “licenze”. Non temete i rischi di tali scelte che hanno già portato alla caduta di precedenti governi e premier?

Se la Lega dovesse farsi guidare dalla convenienza e volesse evitare di scontentare qualche potere forte, allora finirebbe per affogare nella melassa buonista. Magari c’è qualcuno che lo vuole, anche dentro la Lega. Non mi sembra il caso di Matteo Salvini. In un anno e mezzo di segreteria il segretario è riuscito a rivitalizzare un Carroccio ormai ridotto al lumicino, portandolo a percentuali mai raggiunte prima. Si è caratterizzato per scelte coraggiose in politica estera, ma soprattutto al passo con i tempi di grande cambiamento geopolitico in corso. La storia si è rimessa velocemente in moto, alla faccia di chi ne profetizzava la “fine”, come il famoso Francis Fukuyama appena crollato il Muro di Berlino. E’ vero che noi siamo a pieno titolo un membro dell’Europa (lo preferisco a Occidente, definizione a cui personalmente do una valenza negativa), ma proprio perché siamo europei e non ancora una massa informe, come cercano di trasformarci i vertici del potere mondialista, fa bene Salvini a cercare contatti e amicizia con la Russia di Putin. Ma il leader leghista andrà in visita anche in Africa e i rapporti con i diplomatici americani a Roma e a Milano sono improntati a schietta cordialità. Salvini sa bene che nel mondo di oggi un partito politico che vuole governare e non ridursi solo a fare retorica e populismo d’accatto deve necessariamente possedere una seria politica estera.

4)Gli strateghi americani e i vertici dell’Alleanza Atlantica paragonano la Russia all’Isis. Anzi, ritengono che Mosca sia anche più pericolosa dei tagliagole. Perchè la Casa Bianca sta assumendo una posizione così settaria verso il Cremlino?

Per fortuna non tutti gli strateghi americani la pensano così. Ma emergono sui media soltanto chi la pensa in questo modo assurdo. Perché sono le grandi lobbies di potere che determinano la politica negli Usa, non certo Obama, e questi poteri forti dettano la linea dell’informazione. Purtroppo la descrizione fantasiosa di una Russia aggressiva e pericolosa per la pace nel mondo sta facendo presa sull’opinione pubblica americana. Mi è stato confermato privatamente da un amico che lavora nella diplomazia Usa: il bombardamento quotidiano dei media sta portando il popolo americano a diventare nuovamente anti-russo, ma questa volta in maniera più pericolosa rispetto all’epoca in cui esisteva l’Urss. Come se qualcuno volesse preparare gli americani ad una nuova guerra “necessaria”. Speriamo che prevalga il buon senso. Paragonare la Russia all’Isis non solo è una vergognosa menzogna, ma va contro gli interessi di tutti i paesi che vogliono combattere il terrorismo islamista. Come si fa a non avere al nostro fianco la Russia contro l’Isis?

5)Secondo Putin il multipolarismo è l’unica prospettiva possibile per rendere il mondo un posto più stabile e sicuro per tutti, grazie ad una condivisione delle decisioni globali. Tuttavia, gli Usa non la pensano così e non sembrano intenzionati a rinunciare al loro ruolo egemone al centro del globo. Queste divergenze geopolitiche hanno ancora margini di ricomposizione o sono destinate a deflagrare? E quali rischi corre l’Europa posta nel bel mezzo di questi antagonismi?

Per ora il bel risultato ottenuto da Usa e Ue è quello di aver avvicinato molto Mosca a Pechino e di aver rinforzato i cosiddetti BRICS. Forse c’è chi è nostalgico della Guerra Fredda e rimpiange l’esistenza del Patto di Varsavia, ma non si rende conto che oggi il rischio è quello di una guerra calda. Troppi fronti aperti in tutto il mondo, dal Medio all’Estremo oriente, passando per l’Africa. E l’Ucraina, nel cuore dell’Europa. Il nostro vecchio continente rischia sempre più una marginalizzazione economica, militare e politica, stretto come è da vasi di ferro, anzi di acciaio. Invece di appecoronarsi ai desiderata dei poteri sovranazionali che spingono per una nuova e antistorica contrapposizione Est-Ovest, questo carrozzone chiamato Unione Europea dovrebbe battere i pugni sul tavolo e ricordare a tutti (anche a se stessa) che il 1945 è archeologia, ma anche il 1989 è lontano nel tempo. Invece di tenere il collo voltato all’indietro, bisognerebbe guardare avanti. Ma per farlo si dovrebbe avere una fiera convinzione della propria identità e fissarsi traguardi più ambiziosi di quelli sulle nozze gay o sulla dimensione delle zucchine o sulla quantità di vongole da poter pescare senza incorrere nelle salate multe di Bruxelles. Per questo credo che l’unica soluzione, per evitare di soccombere, sia quella di farla finita con questa Ue e costruire una vera Europa dei popoli. E chissà che dalla Grecia, culla della nostra civiltà, insieme a Roma e al mondo germanico, non possa verificarsi un effetto domino positivo.