INUTILI IDIOSINCRASIE

L'isteria collettiva montata in seguito al poderoso tsunami che ha devastato il Giappone e provocato gravi danneggiamenti alla centrale nucleare di Fukushima rispecchia un'antica pulsione umana che torna puntualmente a manifestarsi ogni qualvolta si verifichino eventi suscettibili di sortire sviluppi non precisamente prevedibili. Come l'uomo preistorico subiva, perché non disponeva delle conoscenze necessarie per spiegarlo, il fascino "sublime" (per usare un termine caro alla "weltanschauung" romaticista) di un fenomeno fisico come il fulmine, l'odierno homo sapiens sapiens, forte delle proprie incrollabili certezze da fervente illuminista che gli consentono di farsi beffe di ogni metafisica e dei dogmi sui quali sono incentrate tutte le religioni organizzate, riscopre la propria anima "primitiva" mostrandosi impaurito e disarmato dinnanzi all'evento epocale destinato a ridimensionare e far vacillare le proprie convinzioni. Di qui il fiorire vigoroso della atomofobia, ostentata per lo più da orde di analfabeti in materia che pretendono di fregiare dei dovuti crismi legittimatori necessari le proprie manie. Il che smentisce la sostanza della tesi avanzata a suo tempo da Max Weber, il quale dalla constatazione dell'effettivo radicalizzarsi del processo di "disincanto del mondo" scaturito dalla diffusione del razionalismo illuminista e poi positivista (che aveva favorito un generale distacco dalla religione e una sua riconduzione allo specifico ambito privato e individuale), aveva tratto la conclusione che il "sacro" fosse destinato a scomparire dalle vicende umane. La religione è stata realmente posta sul banco degli imputati, ed ogni richiamo ad essa è attualmente considerato come un rigurgito reazionario e reso sinonimo di bieco oscurantismo. Le epoche passate sono effettivamente trascorse all'insegna di un rapporto di coesistenza e compenetrazione tra società e religione, mentre la modernità ha decisamente rotto tale sodalizio e progressivamente allargato la frattura. Ciò è facilmente riscontrabile, in specie se si osservano i comportamenti sprezzanti ostentati da numerosi e "autorevoli" intellettuali laicisti. Il che non autorizza però a proclamare la progressiva e inesorabile estinzione del "sacro", in quanto l'osservazione degli atteggiamenti comunemente assunti di fronte al verificarsi di catastrofi, naturali o meno, consente di prendere atto della permanenza sostanziale di schemi interpretativi intrisi del più puro senso religioso. Si tratta, in definitiva, di restringere l'ambito religioso mediante un'opera maestosa di laicizzazione fondata su una sorta di fondamentalismo profano che propugna una versione ideologica della realtà incardinata su valori non religiosi ma a loro volta sacralizzati. Il fondamentalismo laicista attuale non sconfessa infatti la tendenza a promuovere in maniera esclusiva e discriminatoria il dogma dei dogmi, ovvero il "progresso", poiché ciò implicherebbe implicitamente il collocarsi in una posizione bollabile come reazionaria. I suoi ministri brandiscono la spada del cosiddetto "buon senso", dichiarano di aver tratto le debite "lezioni" da Chernobyl e Fukushima e sentenziano senza appello che il nucleare è "troppo pericoloso", guardandosi bene dall'applicare il medesimo principio a tutti i restanti ambiti delle attività umane. Costoro fingono di ignorare una realtà che vede gli incidenti stradali collocarsi al primo posto tra le cause di morte in occidente, un'industria chimica provocare un numero spaventosi di tumori, il settore petrolifero devastare costantemente l'ambiente. L'ossessività con cui essi intimano di "ricordare" Chernobyl non occulta Bhopal, Seveso o il crollo di dighe come quelle di Malpasset in Francia o del Vajont in Italia. E non occulta nemmeno l'accordo della "Doppia Chiave" stipulato nel 1959, che prevedeva lo stoccaggio sul territorio italiano di testate nucleari statunitensi utilizzabili, fra l'altro, dalle forze armate italiane. Di fronte a questa sintetica rassegna di tragedie ed orrori, cosa risponderebbero i benpensanti in questione alla leniniana domanda "che fare"? Interrompere il trasporto su gomma? Tornare all'età della pietra per non violare la salute del pianeta? Meglio stendere un velo pietoso. Le uniche obiezioni degne di nota al nucleare riguardano la convenienza. Ma anche qui il terreno di discussione è assai scivoloso. L'Italia, in specie dopo il rigoroso riallineamento sulla direttrice atlantica mostratosi tramite la vergognosa gestione dell'affaire libico e il progressivo allontanamento dalla Russia, sarà costretta a soddisfare la domanda interna di energia solo ed esclusivamente facendo ricorso alle importazioni. In linea di principio la scelta di garantirsi autonomamente parte dell'approvvigionamento energetico risulta quindi logicamente accettabile. I precedenti (gestione degli appalti e manutenzione) non giocano però affatto a favore. In ogni caso si tratta sostanzialmente di una questione di contorno, che non risolverà mai i problemi del paese. Gli idrocarburi sono ancora le fonti energetiche primarie, ed è solo conducendo una politica estera degna di questo nome che l'Italia potrà ritagliarsi un proprio margine di manovra. L'esito dei referendum non smuoverà quindi di un centimetro la situazione e l'Italia rimarrà, comunque vadano le cose, sepolta sotto la consueta valanga di inadeguatezze.