CITAZIONI DA ARTICOLI DI COMMENTO AL LIBRO DI FRIEDMAN SU BERLUSCONI

berlusconi obama

L’8 ottobre è uscito l’atteso libro di Friedman su Berlusconi: My Way. Di fatto i numerosi interventi di La Grassa su questo blog hanno illuminato in maniera ben più efficace dei commenti che qui riporterò l’autentica parabola dell’ex-cavaliere. E proprio di recente GLG ha rimarcato la funzione particolarmente dannosa che egli sta attualmente svolgendo nella dinamica conflittuale della politica all’interno del nostro paese e la particolare sudditanza nei confronti dell’egemonismo americano. Mi sembra comunque utile presentare le prime impressioni riportate da alcune fonti riguardo a questo libro. Sul Sole 24 ore, Paolo Bricco, scrive:

<<Interessante (e di prima mano) è la ricostruzione dell’”intrigo internazionale” – così Friedman intitola l’undicesimo capitolo – coinciso con il G20 del 3 e 4 novembre 2011 a Cannes. Attraverso le testimonianze inedite dell’allora presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso e dell’allora capo del Governo spagnolo Josè Luis Zapatero, viene confermato quanto già scritto da Timothy Geithner in Stress Test. Reflections on Financial Crises (2014): all’apice della crisi dell’euro Merkel e Sarkozy cercarono di commissariare l’Italia utilizzando il puntello tecnico di un prestito da 80 miliardi di euro del Fondo Monetario Internazionale. Un passaggio drammatico, a cui peraltro l’ex segretario del Tesoro americano aveva aggiunto, nella sua autobiografia, la parte più cruda e politicamente scabrosa: il progetto di fare cadere Berlusconi e di coinvolgere nell’operazione Obama, chiamatosi fuori>>.

Si nota subito, e non poteva non essere altrimenti, la maniera in cui il presidente americano viene accostato agli eventi. Obama avrebbe mantenuto un profilo basso mentre i “cattivi” sarebbero stati ancora una volta individuati nei capi politici della Francia e della Germania. Il leader Usa, promotore della strategia del caos, sarebbe stato solo a guardare ed avrebbe anzi mostrato una sorta di “pudore” di fronte al “complotto”. Inutile ripetere a questo punto ciò che La Grassa ha detto in proposito numerose volte e ciò che, comunque, un “sano intelletto” dovrebbe facilmente comprendere. Dal tono apparentemente più graffiante – ma assolutamente concorde nel ritenere indiscutibile la reputazione e la “moralità” del “Capo”, intoccabile autorità simile al “Re del Mondo” guenoniano – anche le osservazioni tratte dal sito www.lecodelsud.it (11.10.2015):

<<Alan Friedman, in questo ultimo libro, ripercorre gli avvenimenti del 2011 sostenendo sulla base di testimonianze di primo livello e attraverso la ricostruzione dei fatti, che la caduta di Silvio Berlusconi nel novembre 2011 sia stata costruita a tavolino parecchi mesi prima con la regia straordinaria dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sotto la spinta di alcuni leader europei, Sarkozy e Merkel in prima linea. In estrema sintesi, senza voler togliere al lettore il gusto di leggere i dettagli nel libro di Friedman, Silvio Berlusconi era divenuto per la Germania e per la Francia un personaggio scomodo anche a causa dei rapporti intimi instaurati sia con la Russia di Putin, con gli Stati Uniti e anche con la Libia di Gheddafi la quale prediligeva l’Italia rispetto agli altri Paesi europei per le commesse di lavori miliardarie ed in più garantiva la limitazione dei flussi migratori provenienti dalle coste libiche. Friedman, a supporto della sua tesi, riporta fra l’altro le dichiarazioni di Mario Monti e di Romano Prodi per dimostrare che già nel luglio 2011 il Presidente della Repubblica Napolitano conduceva colloqui riservati con diversi esponenti fra cui Corrado Passera per preparare la strada al dopo Berlusconi avendo già in mente Mario Monti come successore. Il tutto mentre era in carica un governo legittimamente eletto. Timothy Geithner, segretario del Tesoro degli Stati Uniti, riferisce di un piano europeo per far fuori Berlusconi attraverso la cooperazione del Fondo Monetario Internazionale e di questo piano fu informato il Presidente USA Obama il quale obiettò: “Non possiamo macchiarci le mani del suo sangue“. Merkel e Sarkozy cercarono di convincere Berlusconi ad accettare un prestito per l’Italia che di fatto avrebbe comportato gravi danni economici al nostro Paese e ci avrebbe privato della nostra sovranità. Berlusconi resistette e non accettò, nonostante le forti pressioni ricevute e le palesi ostilità. La storia che seguì la conosciamo tutti, Napolitano convince (rectius: costringe) Berlusconi alle dimissioni ed in meno di ventiquattro ore Monti diventa Presidente del Consiglio. Oggi dello spread non se ne sente più parlare ed i conti italiani sembrano essere straordinariamente tornati in ordine. Il debito pubblico rimasto invariato non è più un problema>>.

Ovviamente suona paradossale anche il fatto che venga attribuito all’ex presdelarep un ruolo così decisivo nei “giochi” di cui si parla facendo finta di ignorare che Napolitano ha , da sempre, agito in sintonia con i vertici “democratici” Usa e svolto la funzione di vero e proprio governatore, su mandato degli americani, nel nostro paese, per un lungo periodo negli ultimi anni. Altro punto da rilevare è dove si afferma che “Silvio Berlusconi era divenuto per la Germania e per la Francia un personaggio scomodo anche a causa dei rapporti intimi instaurati sia con la Russia di Putin, con gli Stati Uniti…”; sembrerebbe, quasi, che i buoni rapporti stabiliti dall’uomo di Arcore con Bush jr. e i repubblicani fossero anch’essi particolarmente sgraditi agli europei, ovvero all’asse Berlino-Parigi. Su questo punto non ho le idee chiare mentre, invece, da parte di La Grassa e Petrosillo, mi pare che qualche ipotesi sia stata avanzata. Tornando alla recensione di Paolo Bricco, possiamo ancora rilevare dei passi in cui l’operato di Berlusconi (in politica estera), per alcuni anni e fino alla sua “caduta”, viene valutato in maniera sostanzialmente positiva e meritevole:

<<Questo libro contribuisce non poco a definire con oggettività e distacco – sine ira ac studio – il ruolo di Berlusconi nella complessa rimodulazione dei rapporti internazionali che è avvenuta fra gli anni Novanta e gli anni Duemila. Prima di tutto, fissa la funzione centrale da egli avuta nel rapporto fra Washington e Mosca che ha portato alla Dichiarazione di Roma firmata, il 28 maggio 2002 a Pratica di Mare, da Putin e dai leader della Nato: “E’ davvero un pezzo di storia contemporanea, collocato a metà strada fra gli attentati dell’11 settembre 2001 e l’avvio della guerra a Saddam nel marzo 2003”, scrive Friedman. Non a caso, lo stesso Berlusconi afferma: “Penso che di tutte le cose che ho fatto in vita mia, potrebbe essere quella di cui sono più orgoglioso, uno dei miei successi più importanti”. Il ruolo di Berlusconi nelle vicende internazionali è arricchito dal resoconto del suo tentativo, durante la seconda guerra del Golfo nel 2003, di convincere Muammar Gheddafi ad ospitare in esilio nella sua Libia il despota iracheno Saddam Hussein. Dunque Friedman ricostruisce l’identità di un Berlusconi efficacemente contraddittorio: profondamente filo –atlantico, abile nella costruzione di un rapporto privilegiato con George W. Bush e nell’attribuzione all’Italia di un peso specifico diplomatico ben maggiore rispetto al suo peso economico e politico, ma anche capace di immaginare (e di giocare) partite laterali, attraverso la costruzione di legami personali con leader come Gheddafi e Putin>>.

Con l’aiuto di un articolo di Antonella Scott pubblicato sul Sole 24 ore nel 2012 provo, adesso, a riassumere in un ultimo frammento i rapporti intercorsi tra Berlusconi e Putin tra il 2001 e il 2003. C’è da considerare , comunque, che il rapporto tra i due è rimasto, fino ad ora, sostanzialmente cordiale anche perché il presidente russo trova vantaggioso mantenere un dialogo con un personaggio che gli permette di relazionarsi rispetto ad alcune aziende e personalità europee e comunque di non perdere alcuni importanti contatti. Penso, inoltre, che non si debba sottovalutare l’importanza delle conseguenze che le posizioni berlusconiane riguardo alla seconda guerra del Golfo hanno prodotto negli Usa. Nonostante i buoni rapporti dell’allora premier italiano con Bush jr. è da ritenere verosimile che non solo il partito democratico ma anche una buona parte di quello repubblicano non abbia gradito il fronte europeo contrario alla guerra che coinvolse principalmente Germania, Francia e Italia e che si manifestò con il veto posto dalla Francia nel consiglio di sicurezza dell’Onu. Questi avvenimenti decretarono fra l’altro la completa dissoluzione di questo organismo sovranazionale riguardo alla sua funzione politica e la sua sopravvivenza soltanto come apparato burocratico-amministrativo di coordinamento per alcune agenzie interstatali (Unesco, Unicef, ecc.). Così scrive A. Scott nell’articolo sopra citato:

<<…i due uomini si erano incontrati la prima volta a Genova, nel luglio 2001, per il vertice del G8. In quell’occasione avevano parlato di Blue Stream (1), progetto di gasdotto sottomarino di Eni e Gazprom, avevano gettato le basi di un rafforzamento dei legami economici bilaterali. Presto il rapporto ufficiale verrà accompagnato da una dimensione personale: la catena di contatti, colloqui telefonici e visite tra Italia e Russia inizierà subito dopo, e Putin sarà subito uno dei leader internazionali più frequentati da Berlusconi. A fine ottobre 2001 il presidente del Consiglio italiano è già a Mosca: “Accordi a tutto campo”, “rapporto privilegiato”, scrivono le agenzie, riportando gli elogi del premier italiano per gli straordinari progressi in termini di democrazia e sviluppo economico che Putin sta facendo compiere alla Russia. Berlusconi tornerà a Soci, ospite nella residenza di Putin sul Mar Nero, nell’aprile 2002: “Mi sembra di andare a incontrare un vecchio amico”, dice. Il mese successivo, a Pratica di Mare, nasce il Consiglio Russia-Nato. Il rapporto tra Berlusconi e Putin dimostra subito una vicinanza particolare perché coinvolge le famiglie, le figlie di Putin – in patria coperte dal mistero più totale – sono ospiti di Berlusconi in Sardegna già nell’estate 2002. A ottobre Berlusconi è a Mosca per una visita-lampo, a dicembre i due amici saluteranno l’avvio di Blue Stream. Nell’estate 2003 Putin è in Sardegna, di nuovo i colloqui sono concentrati sull’Iraq.[…] Nell’agosto 2005 Putin chiede al presidente del Consiglio – di nuovo in Russia – di consentire a Gazprom di investire più intensamente in Italia, nelle reti di distribuzione del gas; a sua volta Berlusconi lavora per rafforzare la presenza delle compagnie energetiche italiane in Russia>>.

Il successivo fallimento del progetto South Stream, all’inizio joint venture Eni-Gazprom poi allargata a tedeschi e francesi, è storia recente. E tutta da seguire è la “guerra del gas”, che vede coinvolti tutti i paesi nello spazio che va dagli Usa all’Asia centrale, con gli enormi problemi economici e geopolitici che gli sforzi per la realizzazione di North Stream, Tap e Turkish Stream implicano.

(1)http://www.heatexchanging.it/2015/05/il-gasdotto-blue-stream/

Il gasdotto Blue Stream

Il gasdotto è stato costruito da Blue Stream Pipeline, una joint-venture con sede in Olanda costituita dalla russa Gazprom e da ENI, con l’intento di diversificare le rotte di fornitura del gas russo alla Turchia ed evitare il passaggio in Paesi terzi.
I lavori di progettazione iniziarono nel 1997. Nel 1999 Gazprom ed ENI (tramite Saipem) firmarono il Memorandum of Understanding del progetto e il 16 novembre 1999 costituirono la Blue Stream Pipeline.
La costruzione della tratta in territorio russo, ad opera di
Stroytransgaz, una branca di Gazprom, si svolse tra il 2000 ed il 2002, e quello della tratta offshore tra il 2001 ed il 2002 ad opera di Saipem.
L’opera è lunga nel complesso 1213 km – di cui 373 su suolo russo, 396 offshore e 444 su suolo turco. Il gasdotto fu aperto ai primi flussi di gas naturale nel febbraio 2003, ma alcuni ritardi nelle trattative tra Turchia e Russia sui prezzi del gas ritardarono l’inaugurazione ufficiale fino al novembre 2005.
La capacità massima di trasporto del gasdotto è stata calcolata in circa 16 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
La Blue Stream Pipeline è proprietaria della sezione sottomarina del gasdotto, inclusa la stazione di compressione di Beregovaya, mentre Gazprom detiene e gestisce la sezione in territorio russo del gasdotto, e la parte in zona turca è detenuta e gestita dalla compagnia di energia turca Botas.
Maggiori informazioni:
http://www.heatexchanging.it

Date: 27 maggio 2015/Author: Sesino Blog/Category: Economia

Mauro Tozzato 14.10.2015