KIEV NON PAGA, PAGA L’EUROPA

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L’Ucraina sull’orlo del default è ormai solo un problema europeo. Benché i creditori occidentali, sotto la pressione di Washington, abbiano accettato una piccola ristrutturazione del debito statale di Kiev, la situazione resta disperata. E questo nonostante il FMI, per bocca del suo Direttore, Christine Lagarde, si sia detto impressionato dei passi in avanti, sulle riforme strutturali, fatti da Yatseniuk e Poroshenko. Ci vuole una bella faccia tosta per ostentare tanto ottimismo, dopo tutto il can can sulla Grecia, crocefissa per difficoltà macroeconomiche nemmeno lontanamente paragonabili a quelle ucraine. Ma l’economia è solo uno spauracchio che spaventa chi non ha i coglioni politici per affrontare gli avvoltoi della finanza con gli strumenti della sovranità nazionale.
Mosca, che vanta un credito di 3 mld di dollari verso l’Ucraina, in scadenza a fine settembre, non intende venire incontro ad un Paese che ha appena definito, nella sua nuova dottrina militare, i russi aggressori e attentatori dell’unità nazionale, stabilendo anche la rinuncia alla sua neutralità per diventare parte integrante dell’alleanza euroatlantica.
L’Ucraina, da estero interno, zona tampone e cuscinetto protettivo dei confini occidentali russi si è trasformata in spina nel fianco e quinta colonna geopolitica per Mosca. In queste condizioni, per il Cremlino è inaccettabile che il territorio ucraino, la cui estensione attuale è dovuta ai suoi regali del passato, ricomprenda anche le aree abitate dai russofoni. L’obiettivo minimo di Putin e soci, dopo l’annessione della Crimea, resta quello di separare di fatto il Donbass dalla sovranità ucraina, stabilire, attraverso questa enclave, rapporti economici e sociali con le altre parti del paese non antirusse, ed innalzare un muro con gli spazi più europeizzati, confinanti con Polonia e Romania. In ogni caso, dopo il golpe di Jevromajdan è quasi impossibile che qualcosa torni come prima nei rapporti tra i due vicini a causa delle interferenze americane nelle questioni ucraine e del settarismo nazionalista di matrice galiziana che ha occupato i punti strategici dello Stato.
In questo orizzonte di problematiche l’Ucraina è destinata a lacerarsi, ricattata dalle potenze che si sfideranno per interposti eserciti lungo questa linea di frattura (aperta apposta per dividere irrimediabilmente le due sponde europee) e sarà mandata alla deriva dalle sue classi dirigenti corrotte e servili. Della sua instabilità si serviranno in tanti per mettere Bruxelles con le spalle al muro. L’Ue avrebbe dovuto prevenire questa ferita nel cuore del continente, della quale essa pagherà le conseguenze più nefaste, assurgendo al ruolo di unico capro espiatorio. L’Inglobamento formale di Kiev, non nella costruzione comunitaria effettiva (che non credo avverrà mai), ma nella mistica europeistica, costringerà Bruxelles a scontrarsi con Mosca per ragioni indipendenti dalla sua sicurezza geopolitica, cioè per avvitamenti meramente valoriali e prove d’orgoglio senza costrutto. Così gli interessi materiali di entrambi, che finora avevano favorito accordi economici e blande intese politiche, reciprocamente profittevoli, si sublimeranno, purtroppo, in dispute ideologiche e pregiudizi culturali d’impossibile sintesi. Insomma, noi europei ci siamo inimicati la Russia per futili motivi perdendo l’unico aggancio che potevamo sfruttare al fine di allentare la morsa di Washington sui nostri affari. Oltre al danno autoprocurato, beffa delle beffe, ci siamo accollati anche le spese e le “riparazioni” di una guerra voluta dagli Usa. Se Kiev non pagherà, saranno i cittadini europei a dover aprire il portafoglio affinché banche, fondi e multinazionali statunitensi non perdano nemmeno un dollaro di quanto scucito per comprarsi un altro pezzo d’Europa.