L’8 SETTEMBRE DEL PCI, scritto da Andrea Berlendis
L’8 settembre 1943, il tenente Innocenzi (Alberto Sordi) telefona al suo comando:
“Signor colonnello! Tenente Innocenzi.
Accade una cosa incredibile: i tedeschi si sono alleati con gli americani!”
Da ‘Tutti a casa’ di Luigi Comencini (1)
E’ facile immaginare come lo stesso stupore del sordiano tenente Innocenzi, sarebbe comparso sulle facce dei militanti e quadri intermedi dell’allora Pci, se fossero improvvisamente venuti a conoscenza che, la parte prevalente del gruppo dirigente interloquiva e trattava segretamente con quello che veniva presentato dall’ideologia organizzativa del Pci stesso, come il nemico internazionale numero uno, colpevole di pesanti ingerenze nelle vicende italiane: gli Stati Uniti. Avevo già fatto notare che altri romanzi di fantapolitica degli anni ’70 (‘Berlinguer e il professore’ e altri) riletti oggi mostravano una ‘strana’ capacità previsiva, in taluni casi probabilmente forse sorretta da informazioni indicibili ricevute da fonti inconfessabili. Ho ricevuto la conferma di ciò con un ulteriore volume, edito nell’ormai lontano 1980—sottolineo la data—, esilarante nel titolo ma ancor più nei contenuti anticipatori: ‘Il Pci al potere. Accadde domani’. L’autore si cela sotto lo pseudonimo Rerum Scriptor (già impiegato a suo tempo da Gaetano Salvemini) ed i nomi dei protagonisti sono opportunamente storpiati, ma facilmente riconoscibili. L’anonimo autore sosteneva che: “Dai documenti riservati, traspare come le grandi linee delle soluzioni poi adottate in Italia tra il 1982 e il 1999 fossero state elaborate negli Anni Settanta. Nelle riflessioni di Berlinghieri, dei Mendola, degli Indrao, dei Napositano, dei Fegre e così via, problema sociale e problema internazionale strettamente s’intrecciavano, consentendo ‘per tutta un’epoca storica’ (Mendola) un’unica soluzione in grado di contenere la pericolosità addirittura esplosiva in essi racchiusa. Durante la campagna elettorale del 1976, Berlinghieri aveva dichiarato al ‘Corriere della Sera’ di sentirsi più protetto dietro lo scudo della Nato. […] Ritenuta da molti una pura ‘finta tattica’, siamo ora in grado di determinare al di là di ogni dubbio che essa corrispondeva invece ai sentimenti di gran parte del gruppo dirigente comunista di allora. Dagli epistolari, appare che solo Paletta e Costutta la giudicavano un espediente elettorale di dubbio gusto, mentre il vecchio Ferracini, che pure era il critico più spregiudicato dell’Urss, disperatamente si aggrappava alla speranza che fosse menzognera, apparendogli tragico di dover finire la sua carriera di rivoluzionario intransigente all’ombra protettiva della più grande potenza capitalistica della storia. Per tutti gli altri, alla domanda come arrivare al potere, senza poi perderne il controllo scivolando nell’area imperiale sovietica, c’era una sola risposta: arrivarci col beneplacito, o almeno senza l’aperta opposizione degli Usa.” (2)
Poi l’autore delinea gli scenari geopolitici entro cui tale linea politica doveva essere attuata rappresentando il ventaglio delle posizioni rispetto ad essa così come si presentava nel gruppo dirigente del Pci, iniziando da coloro che avversavano il passaggio nel campo geopolitico occidentale, per concludere con coloro che “Da un atteggiamento come questo si passava per sfumature insensibili fino a dirigenti che celavano a stento, sotto un velo di diplomatico rispetto per l’Urss e per l’acceso filosovietismo della base, una decisa simpatia per gli Usa.
Si diceva che appartenesse a questa elite già da allora Giorgio Napositano. Tale era almeno l’opinione dei funzionari del Dipartimento di Stato che incontrarono l’uomo politico comunista, allora in fama di concorrente da destra di Berlinghieri, nel corso della missione segreta del novembre 1979 negli Usa, dove la direzione del Pci aveva deciso di mandarlo, come segno di buona volontà nel momento della gravissima crisi degli ostaggi a Theran. Uno dei suoi interlocutori arrivò provocatoriamente a chiedere a Napositano in che cosa uomini come lui si considerassero ancora comunisti. Ne ricevette questa illuminante risposta:
‹‹Non è questo il problema. Il Pci esiste, ha un grande seguito di massa che tale resterebbe quale che fosse il comportamento di gente come me. Nel corso di una storia drammatica e tormentata parecchia zavorra si è certamente accumulata nelle stive del mio partito. Occorre che se ne sbarazzi, d’accordo. Molto è stato già fatto in questo senso, ma molto resta da fare. Ecco il compito che ci proponiamo, ma ci vuole tatto e gradualismo. Voi americani potreste aiutarci moltissimo, ma dovreste rendervi conto che quando si deve disinnescare un ordigno esplosivo, è stupido imprecare contro chi lo ha apprestato. Invece di ostracizzarlo, sarebbe meglio, se questo fosse possibile—convincere il costruttore a passare dalla nostra parte, rivelandoci i piani di fabbricazione. Così si potrebbe procedere allo smontaggio col minimo rischio. Strano che voi americani, che vi vantate di essere un popolo di pragmatici, stentiate tanto a capire un concetto così elementare.››.
Gli americani avevano invece capito benissimo, come si evince dai rapporti dei funzionari incaricati dei contatti con le missioni del Pci.”. (3)
Se ritorniamo da questo scritto di (fanta)politica alla realtà, ed ancor più precisamente, alla realtà attuale, possiamo trovare una delle numerose possibili conferme della validità dell’insistenza lagrassiana circa il carattere nefasto di quel periodo, (di)mostrato dall’irrorarsi ancora—e più che mai—nel nostro presente dei suoi effetti (malefici). Infatti, a proposito di quel ‘Giorgio Napositano’ che il volume dipingeva come una figura di spicco tra quei dirigenti del Pci aventi “una decisa simpatia per gli Usa”, scriveva tre anni orsono Ida Magli, riferendosi all’ attività dell’ “Aspen Institute for Humanistic Studies, una delle tante istituzioni mondialiste che, più che dedicarsi agli studi umanistici, ha il compito, sotto la guida del Royal Institute for International Affairs (Riia) e della Fabian Society, di collegare in una rete d’interessi reciproci, le classi dirigenti (politici e industriali) di tutti gli Stati.”. L’autrice rammentava che “Insieme a Cossiga partecipavano, e partecipano, alle sedute dell’Aspen Institute i personaggi più influenti della società italiana quali, fra quelli di cui conosciamo il nome, Giuliano Amato, che è stato presidente della Sezione italiana fino al 1995, seguito da Carlo Scognamiglio e da Romano Prodi che, sempre nel 1995, ne veniva nominato vicepresidente vicario. Poi, Umberto e Gianni Agnelli, Giorgio La Malfa, Giorgio Napolitano, Mario Draghi, Giulio Tremonti, Enrico Letta” (4)
Continuando nel colloquio telefonico citato in apertura, il tenente Innocenzi (Alberto Sordi) dice:
“Mi scusi signor colonnello, io ero all’oscuro di tutto…
[e urla] Quali sono gli ordini?“
Anche oggi la popolazione italiana viene tenuta all’oscuro di tutto da “quelli che stanno in alto” (Brecht), ma anche quando si aprono squarci, questa stessa popolazione accetta questi ordini(e quest’ordine) senza neppure chiedersi, e tantomeno capire (men che mai voler sapere), chi (i diversi centri strategici Usa di volta in volta prevalenti ed i loro addentellati nei sub dominanti italiani) lo ordina.
Note
(1) http://www.youtube.com/watch?v=qqbHkPSRbhM
(2) Rerum Scriptor ‘Il Pci al potere. Accadde domani’ Editoriale nuova pag. 83-84
(3) Rerum Scriptor ‘Il Pci al potere. Accadde domani’ Editoriale nuova pag. 86-87
(4) Magli ‘La dittatura europea’ Rizzoli editore pag. 152