LA BATTAGLIA PER IL GAS TURCMENO E’ APPENA COMINCIATA


Hélène Rousselot,
responsabile « Asia Centrale » della rivista on-line Regard sur l’Est (www. regardest.com) fonte: diploweb.com
Trad. di G.P.
Nella primavera del 2006, Nicolas Sarkis, direttore della rivista “Le pétrole et le gaz arabes”, scriveva: “considerato, fino agli anni 1970, come un parente povero del petrolio, il gas naturale ha rapidamente acquisito la sua nobiltà ed appare ormai fra le fonti d’energia più apprezzate” (i). “Questa forte proiezione del gas sulla scena energetica” corrisponde infatti a necessità mondiali che sono passate da 895 milioni di tep (tonnellata equivalente di petrolio) nel 1971 a 2.420 milioni nel 2004. E tra i fornitori, che non sono numerosi, il Turkmenistan è destinato a diventare uno dei paesi esportatori che contano di più per gli approvvigionamenti dell’Europa. Le due crisi del gas tra la Russia e l’Ucraina nel dicembre 2005, quindi alla fine del 2006 tra la Russia e la Bielorussia, hanno ricordato agli europei l’importanza di questa fonte d’energia, da un punto di vista strategico e geopolitico, come pure la complessità delle questioni legate al suo approvvigionamento.
D’altra parte, il decesso, il 21 dicembre 2006, del presidente, Saparmourat Niazov, ex primo segretario del partito comunista del Turkmenistan dal 1985, eletto presidente il 27 ottobre 1990 e rimasto incollato al potere per 15 anni, ha proiettato questo paese sul davanti della scena mondiale. Ma la premura di numerosi capi di Stato, ministri ed ambasciatori vicini a Gourbangouly Berdymoukhammedov, successore di S. Niazov, non deve fare dimenticare che il gas turcmeno stimolava già molti appetiti all’inizio del XXI secolo.
Fin dal settembre 2006, i mass media russi predicevano, un’intensificazione dell’irruzione del gas turcmeno per gli anni 2007-2008.
Le riserve di gas turcmeno: in parte un bluff?
Indipendente dal 27 ottobre 1990, questa vecchia repubblica sovietica dell’Asia centrale confina con l’Uzbekistan a Nord-est, l’Afghanistan a Sud-Est, l’Iran a Sud ed il Mar Caspio a Ovest. Su una superficie totale di 488.100 km2 (a titolo di raffronto, ricordiamo che quella della Francia è di 550.000 km2), solo 10.000 km2 sono popolati, con meno di 6 milioni di abitanti, essendo il resto un vasto deserto chiamato Kara Koum (deserto della sabbia nera), delimitato dal fiume Amou-Daria a Nord-est. Il sottosuolo di questo territorio contiene riserve di idrocarburi, e soprattutto di gas, considerevoli, principalmente nel Sud-Est del paese, nella parte situata tra la frontiera con l’Uzbekistan ed Amou-Daria come pure nel Mar Caspio. Le informazioni riguardanti le riserve gazifere del Turcmenistan sono state un segreto di Stato al quale aveva accesso soltanto una cerchia ristretta di persone vicine al presidente S. Niazov. Quest’ultimo stabiliva lui stesso i dati statistici da diffondere. Questa tradizione del segreto è, del resto, precedente all’indipendenza del paese poiché i risultati dei lavori d’indagine geologica lungo la frontiera con l’Afghanistan, realizzati all’inizio degli anni ‘70 dal ministero della geologia dell’URSS, non sono stati mai resi noti. Questo silenzio delle autorità dell’epoca si spiega in parte con considerazioni geopolitiche, legate all’entrata delle truppe sovietiche in Afganistan, nel 1979. Questa vecchia tradizione spiega perché oggi le cifre
sulle riserve dei più grandi siti identificati e repertoriati(ii) variano secondo le fonti d’informazione oppure sono inesistenti. Le diverse cifre avanzate per le riserve di Dovletabad illustrano bene l’ampiezza delle variazioni; scoperte nel 1974, vicino alla città di Saraks, sono stimate da Achkhabad a 4,5 miliardi di m3, le altre cifre parlano di 700 miliardi di m3, altre ancora di quantità tra 1 e 1,7 mila miliardi di m3; il giacimento di Chatlyk, scoperto nel 1963 nel bacino dello Amou Daria, nasconderebbe 1 miliardo di m3.
Il campo di Iachlar (nell’oblast di Mary) è conosciuto dal 1992, le sue riserve sono ritenute pari a 550-750 miliardi di m3, nella regione di Lebap, il campo di Sag Kenar conterrebbe 1,7 mila miliardi di m3, secondo il governo turcmeno, ma tali cifre non sono confermate da alcuna altra fonte. D’altra parte, come fa osservare il vecchio vice primo ministro turcmeno, Khoudaïberdy Orazov, i campi sono in gran parte sfruttati e le cifre delle loro riserve non sono dunque più attuali (iii). In compenso, due nuovi annunci sensazionali sono stati diffusi, nel novembre 2006 e nel marzo 2007. Riguardano da un lato le riserve del campo di Iolotan (nel Sud-Est del paese), stimate a 7 mila miliardi di metri cubici di gas e, d’altra parte, la scoperta del sito di Osman, vicino al primo e presentato come il più importante del Turcménistan(iv) ma a proposito del quale nessuna cifra è stata ancora diffusa. Secondo un alto dirigente del settore degli idrocarburi turcmeno(v), questi annunci sono da interpretare poiché la volontà di Achkhabad è quella “di gettare polvere negli occhi” e di dissipare così i dubbi quanto alle capacità reali di onorare i suoi contratti d’esportazione.
Fra le valutazioni disponibili attualmente, quelle delle autorità Turamene, parlano di un totale di 21 mila miliardi di m3 di gas; BP Statistical Review ofWorld Energy dava, a fine 2005, riserve provate di 2,9 mila miliardi di m3, mentre David A. Merkel, membro del National Security Council della Casa Bianca ritiene che siano sottovalutate e che sarebbero più vicine a dieci mila miliardi di metri cubi rispetto ai due o tre citati(vi). Inoltre, queste stime dipendono anche dalla risposta che sarà data alla vertenza tra il Turkmenistan e l’Azerbaigian sul sito di idrocarburi di Kyapaz (denominazione iraniana) o Serdar (denominazione turcmena). I due paesi hanno infatti rivendicazioni territoriali dal 1997 su questo sito ubicato al centro del Mar Caspio. Secondo la società americana Western Geco, le riserve di gas di cui disporrebbe il Turkmenistan nel Mar Caspio sarebbero di 5,5 mila miliardi di metri cubi (vii).
Le sfide di un mare senza frontiera
Questa vertenza tra il Turkmenistan e l’Azerbaigian è dovuta, in particolare, all’assenza di uno statuto chiaramente definito per il Mar Caspio. Da questo statuto dipende la delimitazione delle acque territoriali dei cinque stati che hanno sbocco sul Caspio: Russia, Kazachstan, Turkmenistan, Iran e Azerbaigian. Le sfide sono lungi dall’essere trascurabili a causa delle quantità importanti di petrolio e di gas nascoste sotto questo mare. D’altra parte, la questione della regolamentazione da adottare per il passaggio dei gasdotti in fondo al mare deriverà anche da questo statuto. Se la Russia si accorda, dopo il maggio 2003, con l’Azerbaigian ed il Kazachstan su una divisione del Caspio secondo una linea mediana, essa riconosce tuttavia che l’accordo tra i cinque è indispensabile per il passaggio dei tubi subacquei. L’Azerbaigian, il Kazachstan ed il Turkmenistan ritengono che l’approvazione del paese attraversato dai tubi è quella necessaria (viii). Nel mese d’aprile 2007, il presidente G. Berdymoukhammedov, dopo avere decretato la creazione di una Commissione interministeriale per il Mar Caspio aveva manifestato,
durante una visita a Mosca, la sua volontà di esaminare la questione dello statuto del Mar Caspio, determinante per l’evoluzione del settore gazifero del Turkmenistan e delle sue esportazioni. Ma la conclusione delle discussioni tra i cinque Stati è poco probabile a breve termine…
Il Turkmenistan è, con l’Uzbekistan, il più grande produttore di gas dell’Asia centrale ed il secondo della CSI. La produzione del Turkmenistan, inferiore a quella dell’Uzbekistan fino al 2003, ha superato in gran parte quest’ultima .
Produzione di gas naturale turcmeno et uzbeko

Mld di m3 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 (previsioni)
Turcménistan 47,2 51,3 53,5 59,1 58,3 63,0 66,7 80
Ouzbékistan 56,4 57,4 57,4 57,5 59,9 58,9

fonte : Comité interétatique des statistiques de la CEI, Turkmenistan.ru
È il bacino dello Amou Daria con il giacimento di Dovletabad che produce la gran parte del gas turcmeno dagli anni ’80. Per sfruttare gli altri giacimenti, aumentare le capacità d’esportazione e realizzare il “Programma di sviluppo dell’industria degli idrocarburi del Turkmenistan verso il 2030” che prevede un aumento dei lavori d’esplorazione del 70%, il Turkmenistan deve attirare i leaders mondiali del settore ed i loro investimenti che mancano da quando il paese ha raggiunto l’indipendenza. Infatti, nessuna società straniera ha investito in maniera massiccia sotto il “regno” di S. Niazov. Oltre alla creazione dell’agenzia per la gestione e l’utilizzo degli idrocarburi, per decreto presidenziale del 10 marzo 2007, il nuovo responsabile turcmeno sembra, in altre forme, volere iniziare una rifondazione della politica economica del suo paese ed in particolare nel settore degli idrocarburi. L’idea faro di questa rifondazione consiste nell’esportare non solo materie prime ma piuttosto dei prodotti finiti, a tale scopo è prevista la costruzione di due fabbriche di liquefazione del gas nella regione di Lebap. Se le informazioni disponibili sulle riserve di gas turcmeno sono parcellari e suscettibili di controversie, quelle sulle esportazioni non lo sono di meno. Questi dubbi sono tanto più grandi in quanto tutti i contratti firmati con il governo turcmeno prima del 2005 sancivano che una parte delle consegne di gas veniva regolata sotto forma di baratto. Questo tipo di scambi non facilitano il calcolo ed il controllo dei dati sulle esportazioni. D’altra parte, come sottolineava Alexandre Huet(ix), nel 2002, “gli impegni contrattuali ai quali Achkhabad deve conformarsi in seguito alla firma di tutta una serie di accordi bilaterali non sono realistici”. Così, non sono i volumi annunciati in occasione della firma di contratti che dovrebbero essere esaminati ma piuttosto le consegne effettive le cui cifre sono difficili da trovare. Ad esempio, appaiono nella tabella qui di seguito le esportazioni in miliardi di m3, forniti dalla ricercatrice americana M.B. Olcott per il
periodo dal 2000 al 2005 e quelli del ministero degli idrocarburi e delle risorse minerali del Turkmenistan.
Esportazioni di gas turcmeno

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 (previsioni)
mld de m3 35,7 / 38,6 / 39,3 / 43,4 / 42,2 / 45,2 / 58
33,7 37,3 39,4 53,0 42 48,5
% produzione di gas 66 72,5 73,4 73,4 72,3 71,7
Totale ex- 32,8 35,3 40,0 37,0 39,7 40,5
URSS (mld m3)
Iran
(mld m3)
4,5 4,0 3,0 5,0 5,5 5,7

Fonte: M. B. Olcott, International gas trade in central Asia: Turkmenistan, Iran, Russia and Afghanistan, mai 2004, geopolitics of gaz working paper series, James Baker III Institute for public policy energy forum, RBK daily, 27 mars 2007, Radvanyi, 2003, Le Courrier des Pays de l’Est n ° 1059, ministère des hydrocarbures et des ressources minérales du Turkménistan
Il 2006 è l’anno decisivo per il commercio gazifero del Turkmenistan, dell’Ucraina e della Russia. I contratti che questi paesi stipulano tra loro in questo anno trasformano la Russia nel primo cliente del Turkmenistan, mentre nel 2005, veniva soltanto al 3 posto, con l’8% delle esportazioni di gas turcmeno, dopo l’Ucraina (75%) e l’Iran (11%).
L’Ucraina, principale acquirente di gas turcmeno fino al 2006
S. Niazov aveva concluso, il 4 gennaio 2006, un accordo con Naftogaz Ukrainy (società nazionale ucraina del petrolio e del gas, creata nel 1998) ed il ministro ucraino dell’economia, per la consegna nel 2006 di 40 miliardi di gas al prezzo di 44 dollari ogni 1.000 m3 nel corso del primo semestre e di 60 dollari nel corso del secondo. Questo contratto non è stato onorato perché il Turkmenistan doveva consegnare altrettanto alla Gazprom; essendo la sua produzione insufficiente, Achkhabad per giustificare la sua incapacità di consegnare quanto pattuito, avrebbe preso a pretesto il rifiuto di Gazprom di rilasciare una licenza per il transito del gas. Le consegne dirette di gas turcmeno all’Ucraina si sono dunque interrotte nel gennaio 2006. Dopo questa data, esse si effettuano attraverso RosUkrEnergo che consegna a sua volta alla società UkrgazEnergo. RosUkrEnergo società registrata in Svizzera (e detenuta in parti uguali da Gazprom attraverso una holding austriaca e da un’altra società austriaca CentraGas Holding AG, essa stessa filiale della banca Raiffeisen Investment), fornitrice esclusiva di gas all’Ucraina, ai sensi degli accordi firmati tra la Russia e l’Ucraina nel gennaio 2006. Il gas passa per i tubi che appartengono a Gazprom poiché conformemente ad accordi intergovernativi, Gazprom garantisce il transito del gas turcmeno destinato all’Ucraina (è anche l’operatore del transito di questo stesso gas attraverso l’Uzbekistan ed il Kazachstan). La battaglia che ha opposto a fine dicembre 2005 – inizio gennaio 2006,
l’Ucraina e la Russia, aveva per oggetto il prezzo del gas venduto dalla seconda alla prima ed il prezzo del transito del gas attraverso l’Ucraina che non è stato, da allora, più pagato con il baratto. Una delle argomentazioni avanzate, in buona fede o no, dall’Ucraina consisteva nel dire che riceveva gas turcmeno e non russo, ad un prezzo troppo elevato (x). Sembra abbastanza difficile sapere se il gas turcmeno comperato da Gazprom alimenta soltanto l’Ucraina o se arriva anche all’Europa. Alcune fonti di informazione sottolineano che tale gas non alimenterebbe la Russia e sarebbe destinato esclusivamente al “suo vicino straniero “. Così, all’inizio del 2006, il sito Regnum ha affermato che il gas turcmeno comperato da Gazprom transita principalmente dall’Ucraina ed è destinato, come tutto il gas dell’Asia centrale, alle regioni del basso Volga, al Nord Caucaso, al sud degli Urali, al sud della Siberia e sarebbe anche esportato verso l’Armenia, l’Azerbaigian, la Georgia e la Moldavia. Nel gennaio 2007, la stessa fonte, riporta le opinioni del sig. Viktor Tchernomyrdine, ambasciatore della Russia in Ucraina, secondo il quale la gran parte del gas turcmeno è comperata dalla Russia che lo consegna e lo vende all’Ucraina. Questa situazione potrebbe nel frattempo essere cambiata in virtù dell’accordo concluso, nel settembre 2006, per una durata di 3 anni, tra la Gazprom ed il Turkmenistan e che dà al gigante gazifero russo il controllo delle esportazioni del gas turcmeno in Europa (xi). Tale evoluzione sembra confermata dalla firma nell’ottobre 2006 di un accordo tra RosUkrEnergo ed UkrGazEnergo secondo il quale quest’ultima vende 55 miliardi di m3 di gas turcmeno all’Ucraina al prezzo di 130 dollari ogni 1.000 m3, per cui la maggior parte del gas turcmeno alimenterebbe l’Ucraina.
La proiezione di Gazprom in Turkmenistan
Fino al 1996, l’acquisto di gas turcmeno da parte di Gazprom si effettuava su base di accordi intergovernativi a breve termine e la Russia tentava, senza successo, di ottenere la firma di un contratto a lungo termine e la creazione di una società mista per il trasporto “dell’oro blu”. Nel 1997, una vertenza oppose Achkhabad alla società Itera(xii) che controllava le esportazioni di gas turcmeno verso l’Ucraina. Ciò condurrà all’interruzione delle esportazioni alla Russia che riprenderanno soltanto nel 1999. Secondo l’americana T. Sabonis-Helf(xiii), Achkhabad e Gazprom si affrontavano per i diritti di utilizzo del gasdotto russo o per il non pagamento delle consegne. Con il suo arrivo alla testa della Russia, Vladimir Putin mostrò un interesse crescente per il Turkmenistan. Incaricò il nuovo proprietario di Gazprom, Aleksei Miller, di riprendere il controllo delle attività della società che si trovavano sotto il controllo di Itera. Si trattava soprattutto di ottenere ciò che B. Eltsin non aveva potuto fare, cioè garantire gli approvvigionamenti alla Russia sul lungo termine. È dunque dopo molti anni di negoziati il Turkmenneftegaz (struttura creata nel 1996 per succedere al ministero del petrolio e del gas quindi eliminata da S. Niazov nel 2006 per fare passare tutto il settore energetico direttamente sotto il suo controllo) firma nell’aprile 2003 con Gazeksport (filiale al 100% di Gazprom) un accordo strategico per 25 anni che prevede, tra l’altro, la consegna di 5 miliardi di m3 a partire dal 2004, 6-7 nel 2005, quindi 10 miliardi di m3 nel 2006 e 60 miliardi di metri cubi di gas nel 2007 e di 80 (o 90) a partire dal 2009, ad un prezzo rinegoziabile. Questa tariffa passerà da 44 a 100 dollari ogni 1.000 m3 dal 1 gennaio 2007. Del resto, il Turcmenistan non è il solo paese oggetto delle attenzioni di
Gazprom, poiché quest’ultima ha firmato nel 2002 e nel 2003 degli accordi con il Kazachstan, il Kirghisistan e l’Uzbekistan. Per onorare questo contratto con la Russia, Achkhabad deve essere in grado di garantire fisicamente il trasporto di tali volumi di gas, per questo sono state realizzate un insieme di disposizioni riguardanti la rete dei tubi. Il 18 agosto 2004, è stato concluso un accordo tra Gazprom, il principale produttore turcmeno di gas, Turkmengaz, e Turkmneftegaz per una cooperazione tecnica destinata a sviluppare e rinnovare la rete di tubi denominata “Asia media – centro”. Principale via d’esportazione attuale del gas turcmeno (non tenendo in conto quella che va verso l’Iran) costruita in tappe tra il 1960 ed il 1974, di una lunghezza totale di 2.750 km e di una capacità di 45 o 54 miliardi di m3 per anno, questa rete trasporta anche il gas uzbeko e kazako verso la Russia. Una sezione ha raggiunto Tachkent in Uzbekistan alla fine degli anni 1960, quindi Bichkek (la capitale della repubblica del Kirghisistan che si chiamava allora Frounzé) nel 1970 ed Almaty in Kazachstan nel 1971 da cui viene inviato ancora oggi il gas verso la Russia. Questa rete è anche collegata al gasdotto Pericaspico, costruito, anch’esso, in epoca sovietica e che passa vicino al Mar Caspio per 360 km in territorio turcmeno. Tale sezione è stata realizzata nella regione di Beïneou, in Kazachstan. È dotata di una capacità di 10 miliardi di metri cubi. In occasione del suo viaggio in Asia centrale, nel mese di novembre 2006, il ministro degli esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, si era visto presentare da parte di S. Niazov il progetto di un gasdotto “bis” che passasse accanto al Mar Caspio, con una capacità di 30-40 miliardi di m3 e che passasse altresì per il Kazachstan, la Russia e l’Ucraina. Finalmente, il 12 maggio 2007, nella città portuale di Turkmenbachi, questo progetto è stato adottato, con un accordo tra il Turkmenistan, l’Uzbekistan, il Kazachstan e la Russia prevedendo un’ammodernamento del gasdotto esistente e gli investimenti russi nello sfruttamento dei siti. I dettagli di quest’accordo saranno precisati in occasione di un vertice in Turkmenistan nel settembre 2007. L’interesse di quest’aumento di capacità dei gasdotti è grande per il Turkmenistan che soffrirà meno per la concorrenza dei suoi due vicini esportatori che prendono in prestito la stessa rete di smistamento per fornire la Russia. La Russia teme che il gas turcmeno possa sfuggirgli, cosa che la costringerebbe nel breve ad investire nei suoi giacimenti prima di avere esaurito quelli dei suoi parenti vicini. Questa preoccupazione dovrebbe essere alleviata con questa ultima tappa della proiezione di Gazprom nel settore gazifero turcmeno. La progressione di Gazprom in Turkmenistan non deve fare dimenticare che il Turkmenistan ha altri clienti al di fuori della CSI che sono l’Iran e, prossimamente, la Cina.
L’Iran, un acquirente, fuori dalla CSI
Le esportazioni Turcmene verso l’Iran erano nel 2005 pari a 5,8 miliardi di m3 ma dovevano arrivare fino ad 8 miliardi di m3 nel 2006. E’ con l’unico gasdotto non controllato dalla Russia, Korpedje-Kourt-Koui, poi completato dalla sezione ArtykLoftabad nel 2000, che l’Iran riceve questo gas. La sua capacità è limitata a 13 miliardi di m3 per anno (xiv) o a 4 secondo altri fonti (xv). E’ stato messo in funzione nel 1997, quando le consegne verso la Russia erano state sospese in seguito alla vertenza tra Achkhabad e Gazprom. Tale atto aveva costituito un primo segno della volontà di Turkmenbachi di differenziare le vie d’inoltro del suo gas.
…. subito tallonata dalla Cina?
Ma il più grande cliente potenziale e concorrente della Russia è la Cina arrivata inTurkmenbachi, nella primavera del 2006. I colloqui si erano portati sulle consegne di gas alla Cina e sulla costruzione di un gasdotto che collega i due paesi. Le fonti d’informazione russofone divergono quanto alla firma di un accordo per queste consegne. Secondo una di esse, un Accordo generale sarebbe stato concluso per la fornitura di 30 miliardi di m3 all’anno (cioè quasi la metà della produzione annuale del Turkmenistan), la costruzione di un gasdotto a partire dal 2009 e la prospezione di siti lungo Amou Daria da parte di imprese cinesi. Altre fonti affermano in compenso che la disposizione del gasdotto non è stata definita e che nessun contratto di vendita di gas è stato firmato. Secondo queste stesse fonti, l’Accordo generale prevedeva che queste questioni avrebbero dovuto essere regolate entro il 31 dicembre 2006. Del resto, la settimana precedente la scomparsa di S. Niazov, il presidente kazako, Noursoultan Nazarbaev era a Pechino per evocare la disposizione di due gasdotti destinati ad alimentare la Cina di gas dell’Asia centrale, essendo uno di questi il gasdotto Turkmenistan-Cina, che attraversa il Kazachstan. Questo progetto potrebbe tuttavia realizzarsi poiché da parte cinese, il progetto di costruzione di un gasdotto che trasporta il gas dei giacimenti dalla riva destra dello Amou-Daria alla provincia del Guandong è confermato e che il presidente turcmeno avrebbe annunciato nel corso di una riunione del suo governo nel mese d’aprile 2007 che si trattava di una priorità del paese. E se la Russia teme una diminuzione dei suoi approvvigionamenti in provenienza dal Turkmenistan a profitto della Cina, quest’ultima si pone gli stessi interrogativi di fronte al quasi monopolio russo delle esportazioni dell’oro blu turcmeno.
Gli altri progetti di gasdotti: i tentativi di aggiramento della Russia
Nell’autunno 2006, S. Niazov annunciava lo studio di quattro progetti di evacuazione del gas, il primo, che alimenta la Cina via il Kazachstan, come già detto, il secondo, molto più ipotetico, riguarda l’approvvigionamento degli Emirati Arabi Uniti, con un gasdotto che attraversa l’Afganistan ed il Pakistan.*
La realizzazione di una tipologia dei progetti di gasdotti in Asia centrale urta non tanto con una mancanza di risorse quanto con una imprecisione nella denominazione dei tubi. Quest’inesattezza può portare ad un calcolo fuori dalla realtà. Così l’attribuzione del nome “Nabucco” alla parte più orientale della rete Asia Centrale-Azerbaïdjan-GéorgiaTurchia-Austria induce in errore poiché questa parte orientale è in realtà Transcaspica e non si può contabilizzare due volte… Infatti secondo l’Ue, il gasdotto transcaspico deve diventare un’estensione naturale del tandem gazifero Nabucco (Turchia-Austria) – BTE (Bakou-Tbilissi-Erzeroum) e per il quale S. Niazov aveva promesso 15 miliardi di m3 nel dicembre 2006. Il terzo progetto di evacuazione è dunque “Transcaspico” e va dai siti del Turkmenistan in Turchia, via Mar Caspio, Azerbaigian e Georgia. Il consorzio formato da Mott McDonald (Gran Bretagna), Kantor Management Consultants (Grecia), KLC Law Firm (Grecia) e ASPI Consulting Engineers (Azerbaigian) è incaricato di uno studio di fattibilità tecnica e giuridica del progetto nel quadro del programma INOGATE (Interstate Oil and Gas Transport to Europa, principalmente finanziato dal programma di cooperazione regionale TACIS dell’Unione Europea). I membri del consorzio avevano fatto visita, nel mese di marzo 2007, a G. Berdymoukhammedov. Quest’ultimo
si era anche occupato di questo progetto con i suoi ospiti americani, turchi, europei, e i rappresentanti dell’ISCE e della NATO, pronti ad incontrare ogni nuovo presidente turcmeno. Il Transcaspico che passerebbe sotto il Mar Caspio e permetterebbe l’approvvigionamento dell’Ue, ha una connotazione politica particolarmente forte e ciò, per molte ragioni. La sua realizzazione è infatti possibile soltanto se da un lato, riceve il sostegno della Georgia, dell’Ucraina, dell’Azerbaigian e della Turchia e se d’altra parte, l’Iran, interessato dalla questione dello statuto del Caspio, non se ne serve come leva di negoziato nella questione della sua industria nucleare. Il vertice del 12 maggio 2007 al quale partecipava anche il presidente kazako, Noursoultan Nazarbaev, è stato l’occasione per la parte russa di ribadire la sua opposizione al Transcaspico che era in discussione al Forum sull’energia che si teneva, nello stesso momento, in Polonia. Declinando l’invito di recarsi al forum sull’energia, il presidente del Kazachstan ha indicato la sua preferenza per il progetto russo a scapito di quello transcaspico. Se il ministro russo Viktor Khristenko non ha cessato di ripetere che questo progetto non esiste, il presidente turcmeno G. Berdymoukhammedov, non è sembrato così perentorio, dichiarando che “nel mondo intero, le reti d’esportazione del gas si stanno differenziando”, e che il progetto Transcaspico rimaneva quindi all’ordine del giorno. Il quarto è il gasdotto Turkmenistan-Afganistan-Pakistan, chiamato ancora “Transafghano” o “grande gasdotto asiatico”. Regolarmente evocato dall’inizio degli anni 1990, ha conosciuto una lunga serie di peripezie che hanno visto in gioco la società argentina Bridas e quella americana Unocal che si è ritirata dal progetto nel 1998. Un accordo quadro era stato firmato nel dicembre 2003 tra S. Niazov, H. Karzaï e Pervez Musharraf; quindi l’idea è stata rilanciata alla conferenza intitolata “cooperazione energetica in Asia”, a Dehli nel novembre 2006 e nuovamente dal presidente H. Karsaï in occasione del 14° vertice del SAARK (South Asian Association For Regional Cooperation), a Dehli nell’aprile 2007. Questo gasdotto di 1.680 km, con una capacità di 30 miliardi di m3 all’anno e con un costo di 3,3 miliardi di dollari, sarebbe alimentato dai giacimenti di Iachlar ed Iolotan. Lo studio di fattibilità, realizzato dalla società d’ingegneria industriale britannica Penspen, prevede un tracciato che parte da Dovletabad fino alla città pakistana di Moultan toccando, infine, la frontiera indo-pakistana. La diversificazione delle vie d’esportazione del gas turcmeno verso l’Afganistan, atte ad aggirare l’Iran, certamente, è sostenuta dagli Stati Uniti, ma la possibilità di vedere questo gasdotto realizzato è labile. Oltre alla situazione afgana instabile che non rende questo progetto realizzabile a breve termine, il suo interesse economico è stato d’altra parte messo in causa dal Pakistan, nel giugno 2006 (xvi). È tempo per l’Europa, e la Francia in particolare, di seguire da vicino l’evoluzione di questo paese che dopo avere a lungo giocato la carta dell’isolazionismo, si prepara ad aprirsi, come ha appena mostrato nel mese di maggio 2007 rivolgendosi verso Russia e Kazachstan con l’approvazione della costruzione di un secondo gasdotto lungo il Mar Caspio, nonchè una serie di accordi nel settore dei trasporti con Astana. Quest’interesse per i suoi vicini della CSI non significa comunque che Achkhabad disprezzerà altre cooperazioni, a condizione, tuttavia, che le proposte non siano accoppiate ad esigenze di democratizzazione del regime politico turcmeno. Inoltre, il settore gazifero non è il solo al quale potrebbero interessarsi le imprese europee poiché G. Berdymoukhammedov non ignora i pericoli della dipendenza crescente di un’economia riguardo alle esportazioni di idrocarburi: i sintomi di cattiva salute di uno Stato-petrolifero sono già presenti e dovrà osare la diversificazione dell’economia: i
redditi delle esportazioni gazifere permettono di ritardare le riforme economiche, ma fino a quando?
Picture Il Turkmenistan è, con l’Uzbekistan, il più grande produttore di gas dell’Asia centrale ed il secondo della CSI. La produzione del Turkmenistan, inferiore a quella dell’Uzbekistan fino al 2003, ha superato in gran parte quest’ultima .
Produzione di gas naturale turcmeno et uzbeko

Mld di m3 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 (previsioni)
Turcménistan 47,2 51,3 53,5 59,1 58,3 63,0 66,7 80
Ouzbékistan 56,4 57,4 57,4 57,5 59,9 58,9

fonte : Comité interétatique des statistiques de la CEI, Turkmenistan.ru
È il bacino dello Amou Daria con il giacimento di Dovletabad che produce la gran parte del gas turcmeno dagli anni ’80. Per sfruttare gli altri giacimenti, aumentare le capacità d’esportazione e realizzare il “Programma di sviluppo dell’industria degli idrocarburi del Turkmenistan verso il 2030” che prevede un aumento dei lavori d’esplorazione del 70%, il Turkmenistan deve attirare i leaders mondiali del settore ed i loro investimenti che mancano da quando il paese ha raggiunto l’indipendenza. Infatti, nessuna società
straniera ha investito in maniera massiccia sotto il “regno” di S. Niazov. Oltre alla creazione dell’agenzia per la gestione e l’utilizzo degli idrocarburi, per decreto presidenziale del 10 marzo 2007, il nuovo responsabile turcmeno sembra, in altre forme, volere iniziare una rifondazione della politica economica del suo paese ed in particolare nel settore degli idrocarburi. L’idea faro di questa rifondazione consiste nell’esportare non solo materie prime ma piuttosto dei prodotti finiti, a tale scopo è prevista la costruzione di due fabbriche di liquefazione del gas nella regione di Lebap. Se le informazioni disponibili sulle riserve di gas turcmeno sono parcellari e suscettibili di controversie, quelle sulle esportazioni non lo sono di meno. Questi dubbi sono tanto più grandi in quanto tutti i contratti firmati con il governo turcmeno prima del 2005 sancivano che una parte delle consegne di gas veniva regolata sotto forma di baratto. Questo tipo di scambi non facilitano il calcolo ed il controllo dei dati sulle esportazioni. D’altra parte, come sottolineava Alexandre Huet(ix), nel 2002, “gli impegni contrattuali ai quali Achkhabad deve conformarsi in seguito alla firma di tutta una serie di accordi bilaterali non sono realistici”. Così, non sono i volumi annunciati in occasione della firma di contratti che dovrebbero essere esaminati ma piuttosto le consegne effettive le cui cifre sono difficili da trovare. Ad esempio, appaiono nella tabella qui di seguito le esportazioni in miliardi di m3, forniti dalla ricercatrice americana M.B. Olcott per il periodo dal 2000 al 2005 e quelli del ministero degli idrocarburi e delle risorse minerali del Turkmenistan.
Esportazioni di gas turcmeno

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 (previsioni)
mld de m3 35,7 / 38,6 / 39,3 / 43,4 / 42,2 / 45,2 / 58
33,7 37,3 39,4 53,0 42 48,5
% produzione di gas 66 72,5 73,4 73,4 72,3 71,7
Totale ex- 32,8 35,3 40,0 37,0 39,7 40,5
URSS (mld m3)
Iran
(mld m3)
4,5 4,0 3,0 5,0 5,5 5,7

Fonte: M. B. Olcott, International gas trade in central Asia: Turkmenistan, Iran, Russia and Afghanistan, mai 2004, geopolitics of gaz working paper series, James Baker III Institute for public policy energy forum, RBK daily, 27 mars 2007, Radvanyi, 2003, Le Courrier des Pays de l’Est n ° 1059, ministère des hydrocarbures et des ressources minérales du Turkménistan
Il 2006 è l’anno decisivo per il commercio gazifero del Turkmenistan, dell’Ucraina e della Russia. I contratti che questi paesi stipulano tra loro in questo anno trasformano la Russia nel primo cliente del Turkmenistan, mentre nel 2005, veniva soltanto al 3 posto, con l’8% delle esportazioni di gas turcmeno, dopo l’Ucraina (75%) e l’Iran (11%).
L’Ucraina, principale acquirente di gas turcmeno fino al 2006
S. Niazov aveva concluso, il 4 gennaio 2006, un accordo con Naftogaz Ukrainy (società nazionale ucraina del petrolio e del gas, creata nel 1998) ed il ministro ucraino dell’economia, per la consegna nel 2006 di 40 miliardi di gas al prezzo di 44 dollari ogni 1.000 m3 nel corso del primo semestre e di 60 dollari nel corso del secondo. Questo contratto non è stato onorato perché il Turkmenistan doveva consegnare altrettanto alla Gazprom; essendo la sua produzione insufficiente, Achkhabad per giustificare la sua incapacità di consegnare quanto pattuito, avrebbe preso a pretesto il rifiuto di Gazprom di rilasciare una licenza per il transito del gas. Le consegne dirette di gas turcmeno all’Ucraina si sono dunque interrotte nel gennaio 2006. Dopo questa data, esse si effettuano attraverso RosUkrEnergo che consegna a sua volta alla società UkrgazEnergo. RosUkrEnergo società registrata in Svizzera (e detenuta in parti uguali da Gazprom attraverso una holding austriaca e da un’altra società austriaca CentraGas Holding AG, essa stessa filiale della banca Raiffeisen Investment), fornitrice esclusiva di gas all’Ucraina, ai sensi degli accordi firmati tra la Russia e l’Ucraina nel gennaio 2006. Il gas passa per i tubi che appartengono a Gazprom poiché conformemente ad accordi intergovernativi, Gazprom garantisce il transito del gas turcmeno destinato all’Ucraina (è anche l’operatore del transito di questo stesso gas attraverso l’Uzbekistan ed il Kazachstan). La battaglia che ha opposto a fine dicembre 2005 – inizio gennaio 2006, l’Ucraina e la Russia, aveva per oggetto il prezzo del gas venduto dalla seconda alla prima ed il prezzo del transito del gas attraverso l’Ucraina che non è stato, da allora, più pagato con il baratto. Una delle argomentazioni avanzate, in buona fede o no, dall’Ucraina consisteva nel dire che riceveva gas turcmeno e non russo, ad un prezzo troppo elevato (x). Sembra abbastanza difficile sapere se il gas turcmeno comperato da Gazprom alimenta soltanto l’Ucraina o se arriva anche all’Europa. Alcune fonti di informazione sottolineano che tale gas non alimenterebbe la Russia e sarebbe destinato esclusivamente al “suo vicino straniero “. Così, all’inizio del 2006, il sito Regnum ha affermato che il gas turcmeno comperato da Gazprom transita principalmente dall’Ucraina ed è destinato, come tutto il gas dell’Asia centrale, alle regioni del basso Volga, al Nord Caucaso, al sud degli Urali, al sud della Siberia e sarebbe anche esportato verso l’Armenia, l’Azerbaigian, la Georgia e la Moldavia. Nel gennaio 2007, la stessa fonte, riporta le opinioni del sig. Viktor Tchernomyrdine, ambasciatore della Russia in Ucraina, secondo il quale la gran parte del gas turcmeno è comperata dalla Russia che lo consegna e lo vende all’Ucraina. Questa situazione potrebbe nel frattempo essere cambiata in virtù dell’accordo concluso, nel settembre 2006, per una durata di 3 anni, tra la Gazprom ed il Turkmenistan e che dà al gigante gazifero russo il controllo delle esportazioni del gas turcmeno in Europa (xi). Tale evoluzione sembra confermata dalla firma nell’ottobre 2006 di un accordo tra RosUkrEnergo ed UkrGazEnergo secondo il quale quest’ultima vende 55 miliardi di m3 di gas turcmeno all’Ucraina al prezzo di 130 dollari ogni 1.000 m3, per cui la maggior parte del gas turcmeno alimenterebbe l’Ucraina.
La proiezione di Gazprom in Turkmenistan
Fino al 1996, l’acquisto di gas turcmeno da parte di Gazprom si effettuava su base di
accordi intergovernativi a breve termine e la Russia tentava, senza successo, di ottenere
la firma di un contratto a lungo termine e la creazione di una società mista per il
trasporto “dell’oro blu”. Nel 1997, una vertenza oppose Achkhabad alla società Itera(xii) che controllava le esportazioni di gas turcmeno verso l’Ucraina. Ciò condurrà all’interruzione delle esportazioni alla Russia che riprenderanno soltanto nel 1999. Secondo l’americana T. Sabonis-Helf(xiii), Achkhabad e Gazprom si affrontavano per i diritti di utilizzo del gasdotto russo o per il non pagamento delle consegne. Con il suo arrivo alla testa della Russia, Vladimir Putin mostrò un interesse crescente per il Turkmenistan. Incaricò il nuovo proprietario di Gazprom, Aleksei Miller, di riprendere il controllo delle attività della società che si trovavano sotto il controllo di Itera. Si trattava soprattutto di ottenere ciò che B. Eltsin non aveva potuto fare, cioè garantire gli approvvigionamenti alla Russia sul lungo termine. È dunque dopo molti anni di negoziati il Turkmenneftegaz (struttura creata nel 1996 per succedere al ministero del petrolio e del gas quindi eliminata da S. Niazov nel 2006 per fare passare tutto il settore energetico direttamente sotto il suo controllo) firma nell’aprile 2003 con Gazeksport (filiale al 100% di Gazprom) un accordo strategico per 25 anni che prevede, tra l’altro, la consegna di 5 miliardi di m3 a partire dal 2004, 6-7 nel 2005, quindi 10 miliardi di m3 nel 2006 e 60 miliardi di metri cubi di gas nel 2007 e di 80 (o 90) a partire dal 2009, ad un prezzo rinegoziabile. Questa tariffa passerà da 44 a 100 dollari ogni 1.000 m3 dal 1 gennaio 2007. Del resto, il Turcmenistan non è il solo paese oggetto delle attenzioni di Gazprom, poiché quest’ultima ha firmato nel 2002 e nel 2003 degli accordi con il Kazachstan, il Kirghisistan e l’Uzbekistan. Per onorare questo contratto con la Russia, Achkhabad deve essere in grado di garantire fisicamente il trasporto di tali volumi di gas, per questo sono state realizzate un insieme di disposizioni riguardanti la rete dei tubi. Il 18 agosto 2004, è stato concluso un accordo tra Gazprom, il principale produttore turcmeno di gas, Turkmengaz, e Turkmneftegaz per una cooperazione tecnica destinata a sviluppare e rinnovare la rete di tubi denominata “Asia media – centro”. Principale via d’esportazione attuale del gas turcmeno (non tenendo in conto quella che va verso l’Iran) costruita in tappe tra il 1960 ed il 1974, di una lunghezza totale di 2.750 km e di una capacità di 45 o 54 miliardi di m3 per anno, questa rete trasporta anche il gas uzbeko e kazako verso la Russia. Una sezione ha raggiunto Tachkent in Uzbekistan alla fine degli anni 1960, quindi Bichkek (la capitale della repubblica del Kirghisistan che si chiamava allora Frounzé) nel 1970 ed Almaty in Kazachstan nel 1971 da cui viene inviato ancora oggi il gas verso la Russia. Questa rete è anche collegata al gasdotto Pericaspico, costruito, anch’esso, in epoca sovietica e che passa vicino al Mar Caspio per 360 km in territorio turcmeno. Tale sezione è stata realizzata nella regione di Beïneou, in Kazachstan. È dotata di una capacità di 10 miliardi di metri cubi. In occasione del suo viaggio in Asia centrale, nel mese di novembre 2006, il ministro degli esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, si era visto presentare da parte di S. Niazov il progetto di un gasdotto “bis” che passasse accanto al Mar Caspio, con una capacità di 30-40 miliardi di m3 e che passasse altresì per il Kazachstan, la Russia e l’Ucraina. Finalmente, il 12 maggio 2007, nella città portuale di Turkmenbachi, questo progetto è stato adottato, con un accordo tra il Turkmenistan, l’Uzbekistan, il Kazachstan e la Russia prevedendo un’ammodernamento del gasdotto esistente e gli investimenti russi nello sfruttamento dei siti. I dettagli di quest’accordo saranno precisati in occasione di un vertice in Turkmenistan nel settembre 2007. L’interesse di quest’aumento di capacità dei gasdotti è grande per il Turkmenistan che soffrirà meno per la concorrenza dei suoi due vicini esportatori che prendono in prestito la stessa rete di smistamento per fornire la Russia.
La Russia teme che il gas turcmeno possa sfuggirgli, cosa che la costringerebbe nel breve ad investire nei suoi giacimenti prima di avere esaurito quelli dei suoi parenti vicini. Questa preoccupazione dovrebbe essere alleviata con questa ultima tappa della proiezione di Gazprom nel settore gazifero turcmeno. La progressione di Gazprom in Turkmenistan non deve fare dimenticare che il Turkmenistan ha altri clienti al di fuori della CSI che sono l’Iran e, prossimamente, la Cina.
[i] Nicolas SARKIS GAZ NATUREL : LA GRANDE ILLUSION, Politique Internationale, n° 111, printemps 2006
M.B. Olcott, International gas trade in central Asia: Turkmenistan, Iran, Russia and Afghanistan, mai 2004, geopolitics of gaz working paper series, James Baker III Institute for public policy energy forum
Caroline Kim, Turkménistan : l’heure du dégel, Politique internationale, n° 115, printemps 2007
Neïtralniï Turkmenistan, 3 mai 2007
Deusche Welle, 25 mars 2007
Eurasianet.org, 21 mars 2007
www.mineral.ru/Chapters/News/16338.html, janvier 2005
Site de la Documentation française
Courrier des pays de l’Est, n° 1027
Regnum, 7 janvier 2006
Regnum, 14 septembre 2006
Rapport de Global witness « it’s a gas Funny business in the Turkmen-Ukraine Gaz Trade », avril 2006
The Rise of the Post-Soviet Petro-States: Energy Exports and Domestic Governance in Turkmenistan and Kazakhstan, In the Tracks of Tamerlane: Central Asia’s Path to the 21 st Century eds. Burghart, Dan & Sabonis-Helf, Theresa, Washington, D.C.: National Defense University, Center for Technology and National Security Policy, 2004
Neftegazovaïa vertikal, n °1, 2006
A.Huet, Courrier des Pays de l’Est, n°1027
Central’s Asia Enerfy risks, Crisis group Report, n°133, 24 mai 2007 Copyright 20 septembre 2007-Rousselot / www.diploweb.com
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