Hélène Rousselot,
responsabile « Asia Centrale » della rivista on-line Regard sur l’Est (www.regard-est.com)
Trad. di G.P.
L’Iran, un acquirente, fuori dalla CSI
Le esportazioni Turcmene verso l’Iran erano nel 2005 pari a 5,8 miliardi di m3 ma dovevano arrivare fino ad 8 miliardi di m3 nel 2006. E’ con l’unico gasdotto non controllato dalla Russia, Korpedje-Kourt-Koui, poi completato dalla sezione Artyk-Loftabad nel 2000, che l’Iran riceve questo gas. La sua capacità è limitata a 13 miliardi di m3 per anno (xiv) o a 4 secondo altri fonti (xv). E’ stato messo in funzione nel 1997, quando le consegne verso la Russia erano state sospese in seguito alla vertenza tra Achkhabad e Gazprom. Tale atto aveva costituito un primo segno della volontà di Turkmenbachi di differenziare le vie d’inoltro del suo gas.
…. subito tallonata dalla Cina?
Ma il più grande cliente potenziale e concorrente della Russia è la Cina arrivata inTurkmenbachi, nella primavera del 2006. I colloqui si erano portati sulle consegne di gas alla Cina e sulla costruzione di un gasdotto che collega i due paesi. Le fonti d’informazione russofone divergono quanto alla firma di un accordo per queste consegne. Secondo una di esse, un Accordo generale sarebbe stato concluso per la fornitura di 30 miliardi di m3 all’anno (cioè quasi la metà della produzione annuale del Turkmenistan), la costruzione di un gasdotto a partire dal 2009 e la prospezione di siti lungo Amou Daria da parte di imprese cinesi. Altre fonti affermano in compenso che la disposizione del gasdotto non è stata definita e che nessun contratto di vendita di gas è stato firmato. Secondo queste stesse fonti, l’Accordo generale prevedeva che queste questioni avrebbero dovuto essere regolate entro il 31 dicembre 2006. Del resto, la settimana precedente la scomparsa di S. Niazov, il presidente kazako, Noursoultan Nazarbaev era a Pechino per evocare la disposizione di due gasdotti destinati ad alimentare la Cina di gas dell’Asia centrale, essendo uno di questi il gasdotto Turkmenistan-Cina, che attraversa il Kazachstan. Questo progetto potrebbe tuttavia realizzarsi poiché da parte cinese, il progetto di costruzione di un gasdotto che trasporta il gas dei giacimenti dalla riva destra dello Amou-Daria alla provincia del Guandong è confermato e che il presidente turcmeno avrebbe annunciato nel corso di una riunione del suo governo nel mese d’aprile 2007 che si trattava di una priorità del paese. E se la Russia teme una diminuzione dei suoi approvvigionamenti in provenienza dal Turkmenistan a profitto della Cina, quest’ultima si pone gli stessi interrogativi di fronte al quasi monopolio russo delle esportazioni dell’oro blu turcmeno.
Gli altri progetti di gasdotti: i tentativi di aggiramento della Russia
Nell’autunno 2006, S. Niazov annunciava lo studio di quattro progetti di evacuazione del gas, il primo, che alimenta la Cina via il Kazachstan, come già detto, il secondo, molto più ipotetico, riguarda l’approvvigionamento degli Emirati Arabi Uniti, con un gasdotto che attraversa l’Afganistan ed il Pakistan.*
La realizzazione di una tipologia dei progetti di gasdotti in Asia centrale urta non tanto con una mancanza di risorse quanto con una imprecisione nella denominazione dei tubi. Quest’inesattezza può portare ad un calcolo fuori dalla realtà. Così l’attribuzione del nome "Nabucco" alla parte più orientale della rete Asia Centrale-Azerbaïdjan-Géorgia-Turchia-Austria induce in errore poiché questa parte orientale è in realtà Transcaspica e non si può contabilizzare due volte… Infatti secondo l’Ue, il gasdotto transcaspico deve diventare un’estensione naturale del tandem gazifero Nabucco (Turchia-Austria) – BTE (Bakou-Tbilissi-Erzeroum) e per il quale S. Niazov aveva promesso 15 miliardi di m3 nel dicembre 2006. Il terzo progetto di evacuazione è dunque "Transcaspico" e va dai siti del Turkmenistan in Turchia, via Mar Caspio, Azerbaigian e Georgia. Il consorzio formato da Mott McDonald (Gran Bretagna), Kantor Management Consultants (Grecia), KLC Law Firm (Grecia) e ASPI Consulting Engineers (Azerbaigian) è incaricato di uno studio di fattibilità tecnica e giuridica del progetto nel quadro del programma INOGATE (Interstate Oil and Gas Transport to Europa, principalmente finanziato dal programma di cooperazione regionale TACIS dell’Unione Europea). I membri del consorzio avevano fatto visita, nel mese di marzo 2007, a G. Berdymoukhammedov. Quest’ultimo si era anche occupato di questo progetto con i suoi ospiti americani, turchi, europei, e i rappresentanti dell’ISCE e della NATO, pronti ad incontrare ogni nuovo presidente turcmeno. Il Transcaspico che passerebbe sotto il Mar Caspio e permetterebbe l’approvvigionamento dell’Ue, ha una connotazione politica particolarmente forte e ciò, per molte ragioni. La sua realizzazione è infatti possibile soltanto se da un lato, riceve il sostegno della Georgia, dell’Ucraina, dell’Azerbaigian e della Turchia e se d’altra parte, l’Iran, interessato dalla questione dello statuto del Caspio, non se ne serve come leva di negoziato nella questione della sua industria nucleare. Il vertice del 12 maggio 2007 al quale partecipava anche il presidente kazako, Noursoultan Nazarbaev, è stato l’occasione per la parte russa di ribadire la sua opposizione al Transcaspico che era in discussione al Forum sull’energia che si teneva, nello stesso momento, in Polonia. Declinando l’invito di recarsi al forum sull’energia, il presidente del Kazachstan ha indicato la sua preferenza per il progetto russo a scapito di quello transcaspico. Se il ministro russo Viktor Khristenko non ha cessato di ripetere che questo progetto non esiste, il presidente turcmeno G. Berdymoukhammedov, non è sembrato così perentorio, dichiarando che "nel mondo intero, le reti d’esportazione del gas si stanno differenziando", e che il progetto Transcaspico rimaneva quindi all’ordine del giorno. Il quarto è il gasdotto Turkmenistan-Afganistan-Pakistan, chiamato ancora "Transafghano" o "grande gasdotto asiatico". Regolarmente evocato dall’inizio degli anni 1990, ha conosciuto una lunga serie di peripezie che hanno visto in gioco la società argentina Bridas e quella americana Unocal che si è ritirata dal progetto nel 1998. Un accordo quadro era stato firmato nel dicembre 2003 tra S. Niazov, H. Karzaï e Pervez Musharraf; quindi l’idea è stata rilanciata alla conferenza intitolata "cooperazione energetica in Asia", a Dehli nel novembre 2006 e nuovamente dal presidente H. Karsaï in occasione del 14° vertice del SAARK (South Asian Association For Regional Cooperation), a Dehli nell’aprile 2007. Questo gasdotto di 1.680 km, con una capacità di 30 miliardi di m3 all’anno e con un costo di 3,3 miliardi di dollari, sarebbe alimentato dai giacimenti di Iachlar ed Iolotan. Lo studio di fattibilità, realizzato dalla società d’ingegneria industriale britannica Penspen, prevede un tracciato che parte da Dovletabad fino alla città pakistana di Moultan toccando, infine, la frontiera indo-pakistana. La diversificazione delle vie d’esportazione del gas turcmeno verso l’Afganistan, atte ad aggirare l’Iran, certamente, è sostenuta dagli Stati Uniti, ma la possibilità di vedere questo gasdotto realizzato è labile. Oltre alla situazione afgana instabile che non rende questo progetto realizzabile a breve termine, il suo interesse economico è stato d’altra parte messo in causa dal Pakistan, nel giugno 2006 (xvi). È tempo per l’Europa, e la Francia in particolare, di seguire da vicino l’evoluzione di questo paese che dopo avere a lungo giocato la carta dell’isolazionismo, si prepara ad aprirsi, come ha appena mostrato nel mese di maggio 2007 rivolgendosi verso Russia e Kazachstan con l’approvazione della costruzione di un secondo gasdotto lungo il Mar Caspio, nonchè una serie di accordi nel settore dei trasporti con Astana. Quest’interesse per i suoi vicini della CSI non significa comunque che Achkhabad disprezzerà altre cooperazioni, a condizione, tuttavia, che le proposte non siano accoppiate ad esigenze di democratizzazione del regime politico turcmeno. Inoltre, il settore gazifero non è il solo al quale potrebbero interessarsi le imprese europee poiché G. Berdymoukhammedov non ignora i pericoli della dipendenza crescente di un’economia riguardo alle esportazioni di idrocarburi: i sintomi di cattiva salute di uno Stato-petrolifero sono già presenti e dovrà osare la diversificazione dell’economia: i redditi delle esportazioni gazifere permettono di ritardare le riforme economiche, ma fino a quando?
[xiv] Neftegazovaïa vertikal, n°1, 2006
[xv] A.Huet, Courrier des Pays de l’Est, n°1027
[xvi] Central’s Asia Enerfy risks, Crisis group Report, n°133, 24 mai 2007
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