LA DEFLAZIONE
Il taglio del costo del denaro (dallo 0,5 allo 0,25, tasso di riferimento dell’area euro) deciso dalla Banca Centrale Europea è stata una prima risposta alle tendenze deflattive manifestatesi nell’area euro. Il rischio reale è il protrarsi di una lunga fase di ristagno che potrebbe prolungarsi nei prossimi decenni con rischi gravissimi per l’andamento in generale per l’economia.
Come rilevano le drammatiche esperienze del passato la deflazione una volta avviatasi è difficilissima da controllare. Nel frattempo si vanno contraendo tutte le attività produttive dal momento che imprese e famiglie spostano in continuazione i loro consumi ed investimenti nell’aspettativa di una perdurante discesa dei prezzi; anche la sostenibilità dei debiti diviene più difficile perché i tassi di interesse reali sono spinti verso l’alto.
Negli USA la Grande Depressione finì grazie ad un ingente programma di lavori pubblici finanziato dal deficit di Bilancio conosciuto sotto il nome di Seconda guerra mondiale. In particolare, nel Giappone degli anni Novanta il governo ha adottato una serie di provvedimenti volti ad incentivare e ha iniziato a costruire strade e ponti, anche se il paese non ne aveva bisogno; e ciò ha direttamente sollecitato la creazione di posti di lavoro. Il problema è che questi provvedimenti non sembravano riuscire a stimolare sufficientemente lo yen.
Se la spesa pubblica è una classica risposta ad una economia in crisi, un’altra possibile soluzione è quella di rifornire di denaro le banche. La Grande depressione durò così a lungo perché la crisi bancaria del 1930-31 inflisse danni a lungo termine a tutto il sistema creditizio Usa; alcuni uomini d’affari sarebbero disposti a spendere di più se avessero avuto accesso al credito, ma i banchieri che lo avrebbero potuto concedere avevano chiuso i prestiti.
A seguito dell’immissione di una grande quantità di denaro dalle banche alla circolazione monetaria, nel 2003 l’economia giapponese cominciò a dare segni di ripresa; Il Pil cominciò a crescere al di sopra del 2%, la disoccupazione calò e l’opprimente deflazione, che accompagnò tutto il periodo considerato, diminuì e così grazie a quella scappatoia che si andò profilando il Giappone uscì fuori dal “cul de sac”in cui si era infilata.
Ma in Europa le regole sono totalmente diverse; anzitutto la BCE (Banca Centrale Europea) ha uno statuto privato (non pubblico) e non può perciò emettere denaro a seconda delle necessità di ciascun paese ed è dipendente dalla FED Usa (FEDERAL RISERVE ACT).
Il compito principale della BCE “è condurre la politica monetaria per l’area dell’euro in vista del mantenimento della stabilità dei prezzi. Determinando i tassi di interesse a breve termine, la politica monetaria influenza l’economia e, quindi, il livello dei prezzi.” Risulta che il banchiere centrale non è un mandatario del Governo dell’economia, ma agisce nel superiore interesse della stabilità dei prezzi. Da qui la BCE non risponde ai governi ed ai parlamenti europei, ma risponde solo a se stessa e decide senza alcuna legittimazione, ponendo l’intera area dell’euro alla prospettiva sempre più tangibile della deflazione.
Nel mentre la FED ha usato l’arma della politica monetaria: una produzione di nuovo denaro senza precedenti nella storia dell’economia occidentale che ha cambiato totalmente il modo di intendere il governo della moneta.
GIANNI DUCHINI, dicembre ‘13