Il susseguirsi di attentati nelle nazioni occidentali sta contribuendo a riportare in vita un certo spirito europeo. Lo scrive Francesco Alberoni in questo pezzo. L’orgoglio europeista rinasce. Ma di quale Europa abbiamo bisogno per avere gli anticorpi contro il terrorismo? Di quale idea d’Europa? Anni di pensiero unico e di buonismo esasperato hanno contribuito a depotenziare del tutto le radici culturali di un continente che, una volta, era simbolo di forza e rigidità valoriale. Per le nuove generazioni l’Europa è, oggi, “un’opportunità”. Di viaggiare, di conoscere culture differenti, di fare esami in università geograficamente distanti. Una possibilità di sradicamento, in sintesi. Non potrebbe che essere così: il militarismo, la gloriosa storia militare del vecchio continente, è considerata al pari di un reflusso inaccettabile. Esemplificativamente, Lepanto è una bestemmia e la Folgore italiana può essere bistrattata durante una parata ufficiale. I Mille vengono raccontati come un gruppo di scapestrati guidati da un romantico barbone, l’eroica resistenza borbonica come un inopportuno retaggio reazionario. I classici, come più volte ribadito, sono considerati inutili, anacronistici, privi di futuribilità. Pillole di un quadro culturale complessivo che palesa, direbbe Joseph Ratzinger, un rifiuto di sè stessi prima ancora che degli altri. La distruzione scientifica di qualunque portata identitaria. A questo, ovviamente, contribuisce la scuola, sia quella europea sia quella italiana, impegnata in una rarissima opera di destrutturazione di qualsiasi materia, nozione o visione del mondo che non sia allineata al pensiero unico. Hanno preso la Divina Commedia e ne hanno fatto un romanzo rosa: Dante, allucinato per Beatrice, discende negli inferi come un antico tronista in esterna. Tra gli autori latini resiste l’idolatria di Catullo, uno dei primi esponenti del pensiero debole. L’epopea napoleonica è ricordata solo per l’introduzione di alcuni diritti civili e non per l’incredibile serie di successi bellici. L’elenco sarebbe lunghissimo, ci vorrebbe un libro. Quello che interessa dire, è, in sintesi, che l’Isis, quel terribile mostro che terrorizza le nostre vite, è un nemico contro cui abbiamo pochissimi anticorpi. Sapere chi siamo stati, forse, non contribuirebbe a renderlo meno spaventoso, ma potrebbe almeno aiutare tutti noi a ricordare che, a combattere la galassia jihadista sul suolo nazionale, non ci sono solo amanti del sempre più redditizio mercato dei cosmetici, specie tra gli uomini, ma anche eredi di una tradizione valoriale, spirituale e sì, bellica, in grado di contrastare qualunque mostro fondamentalista compaia dalle nostre parti. Ma abbiamo deciso di raccontare agli studenti che Alessandro Magno era un precursore della liquidità amorosa, più che un geniale artefice di una strategia gramsciana di conquista identitaria. E questo, statene certi, non aiuta.