LA DISTRUZIONE DEL BELPAESE
Il discorso pubblico, soprattutto quello politico, non è mai orientato alla verità. La sua funzione non è quella di spiegare ai cittadini l’azione e i risultati reali che un soggetto o gruppo di potere intende conseguire, se non in minima parte. La sua versione essoterica sta a quella esoterica nello stesso rapporto in cui le manifestazioni superficiali dei fenomeni stanno all’essenza invisibile e alla concatenazione recondita degli stessi che solo con l’analisi scientifica approfondita è possibile cogliere e spiegare.
Esso, cioè il discorso pubblico, deve creare innanzitutto quelle forme di coinvolgimento generale per ottenere il sostegno dei vari settori sociali a puntellamento della propria opera. Del resto, essendo la Politica, quella che si dispiega in tutte le sfere collettive (economica, ideologica, culturale,ecc. ecc. quindi non solo nella sfera politica propriamente detta), una serie di mosse e di strategie per prevalere su agenti concorrenti con disegni più o meno affini (con insorgenza di alleanze temporanee) o del tutto antitetici (con scatenamento di conflittualità aperta e asserita) miranti a raggiungere degli scopi (di predominanza) quasi mai dichiarabili, è corretto che i suoi intendimenti restino coperti.
Tuttavia, c’è una bella differenza tra tenere nascosti elementi che se svelati porterebbero la strategia a fallire, mettendo a repentaglio la sicurezza del Paese e del raggruppamento in azione, e mentire spudoratamente sui propri propositi, fondare tutto sulla menzogna e sul raggiro dei meno riflessivi, ovvero avere in mente, già in partenza, un’assoluta mistificazione dei fatti, della situazione e dei propri progetti per interessi ristretti di corporazione o di cordata (senza comunque lesinare colpi di pugnale pure a chi sta accanto) a danno dell’intero Stato e corpo sociale.
Quando, per l’appunto, manca il disegno di ampio respiro, il fine ultimo che non giustifica i mezzi ma li forgia per l’esito agognato – il quale sarà sempre diverso da quanto elaborato astrattamente (eterogenesi dei fini) – oppure quando il fine medesimo coincide con la propria misera autoconservazione di consorteria, ottenuta anche a costo di una cessione totale della propria autonomia gestionale, a terze forze esterne (sia chiamino Ue o mercato globale a guida Usa) al contesto di appartenenza, abbiamo l’incancrenimento delle istituzioni e degli apparati statali ed il saccheggio delle sue principali risorse che vengono divorate tra traditori autoctoni e controparti straniere.
Questo fa anche aumentare i famigerati vincoli esterni i quali sono lo sbocco naturale di tale sottomissione ad agenti internazionali che assicurando protezione ti svuotano definitivamente le tasche e la sovranità. Per di più i suddetti vincoli che rappresentano una vile subordinazione vengono persino esaltati in quanto consentirebbero alla nazione – questa è la vulgata della quale si servono i cialtroni che ci sgovernano – una condotta più confacente all’area culturale ed economica di riferimento.
Senza farla troppo lunga possiamo affermare che la descrizione fatta coincide perfettamente con quanto sta accadendo in Italia. Parlino uomini di destra o di sinistra, con la loro propaganda in lingua estera o in vernacolo della Brianza, l’inganno non cambia. Sono due anni che lo Stivale è governato da quisling scelti direttamente al di fuori dei nostri confini con l’assenso di tutti i partiti dell’arco costituzionale. Ormai sono scomparsi gli uomini politici e sono apparsi i sensali di cricche globaliste, dietro le quali si celano potenze occidentali con i loro specifici interessi, che puntano a spartirsi l’Italia e i suoi tesori. L’accelerazione verso il massacro è stata impressa dal Presidente della Repubblica che ha scelto i suoi premier e i suoi ministri per calcoli occidentali, laddove Occidente significa innanzitutto Stati Uniti.
Il prossimo passo, peraltro dichiarato con la solita faccia di tolla, è il completamento di quell’operazione di fagocitazione delle nostre imprese di punta riuscito solo parzialmente nell’epoca delle grandi dismissioni e degli stravolgimenti giudiziari, agli inizi degli anni ’90. Il governo Letta resterà in carica fino a che non si sarà concretata questa svendita e non avrà sistemato ai vertici delle partecipate del Tesoro personale compiacente alla liquidazione. L’esecutivo delle ex larghe intese regge unicamente per questa ragione. Renzi e Napolitano giocano dunque allo stesso tavolo di trucchi e bluff. Come scriveva ieri il sito Dagospia: …Sono le nomine nelle grandi società partecipate dallo Stato ad essere l’oggetto del desiderio di Matteo Renzi. Il segretario del Pd ha ben chiaro che presidenti e amministratori delegati di società come Eni, Enel, Finmeccanica, Terna e Poste valgono ben più di un ministro, per la loro capacità di orientare le scelte di politica industriale, per il serbatoio di assunzioni che ancora garantiscono pur in un momento di crisi e per la massa di investimenti (quasi 50 miliardi l’anno) che hanno capacità di trasferire al sistema delle imprese dei fornitori.” Il nuovo corso dell’Italia puzza di stravecchio. Ecco un lampante esempio di discorso pubblico di rinnovamento le cui premesse incantatorie fanno il paio con i futuri risvolti ingannatori. L’Italia non è ad un bivio, tra Renzi ed i suoi finti avversari di centro-destra, essa è completamente al buio.