La finanza abbaia dove la politica non morde
Quando un Paese è politicamente debole la finanza internazionale prende il sopravvento imponendo la sua visione con prescrizioni dolorosissime. In Italia essa può persino spadroneggiare, entrando nei dettagli dell’agenda istituzionale, in virtù della sponda offerta dai corrispondenti poteri dominanti e settori speculativi autoctoni, i quali essendo in profonda decadenza, come tutto il resto della repubblica, sopravvivono favorendo tali influenze esterne che surrogano il capitale di credibilità di cui non dispongono in proprio.
In questa situazione di costante interferenza decisionale, percepita come naturale dai partiti e dai loro rappresentanti privi di spina dorsale, l’ascendente straniero ed il giudizio dei mercati è l’unica investitura che conta, anche più del mandato elettorale che, invece, diventa mero accidente del processo democratico dal quale si deve passare per salvare almeno le apparenze.
Questo atteggiamento servile, prolungato nel tempo e nelle fasi della vita nazionale, ha aperto la strada ad un assoggettamento politico via via più profondo, divenuto consustanziale all’ideologia e ai programmi di tutti gli attori che concorrono a gestire il Paese, ad ogni livello sociale.
Nessuno vede più il pericolo della suddetta passività essendo questa la sostanza stessa della loro ragione esistenziale. Infatti, appaiono tutti entusiasti di occupare la stanza dei bottoni pagando la pigione a potentati esotici che, spronandoci o bacchettandoci, vengono a riscuotere il “conquibus” accompagnati da zelanti emissari (vedi la Troika). E se non basta a terrorizzarci c’è sempre la severità irreprensibile di altri ambienti ancor più spettrali chiamati mercati.
Cosicché ci ritroviamo, solo per citare un esempio esemplificativo ed esplicativo, il FMI (Fronte monetario internazionale?) che raccomanda all’Esecutivo italiano di mantenere l’IMU per ragioni “di equità e di efficienza”. Sentire i “fondisti” parlare di equità ed efficienza dopo quello che hanno combinato in tutto il mondo, ovunque ci fossero problemi di ristruttuazione economica da loro mutati in autentiche tragedie civili, è veramente spassoso. Insomma, è la solita ingerenza indebita nella sovranità nazionale segretamente invocata dai medesimi pavidi che ci (s)governano a Roma. Proprio come vi dicevo in principio.
Caso mai non avessimo capito bene di che si tratta hanno rafforzato la dose anche l’Unione europea e l’agenzia di rating statunitense Standard & Poor’s. Mentre la prima si preoccupa di tenerci nella seria A dell’Unione, ma unicamente se raccoglieremo le sue raccomandazioni, la seconda ci retrocede in BBB, vicino alla spazzatura dove giocano i bidoni.
Ci tirano per lo Stivale per lasciarci scalzi. Per dare un calcio agli sciacalli della finanza e ai loro padrini di stanza nelle cancellerie mondiali occorre ripristinare il primato della politica attraverso la formazione gruppi dirigenti in grado di ricostituire un minimo di sovranità nazionale. Quelli attuali rappresentano l’esatto contrario dell’opzione “indipendentista”. La finanza abbaia esclusivamente lì dove la politica non morde e fugge con la coda tra le gambe per timore di affrontare le sfide dell’epoca storica. Chiunque non lavora a questo progetto finalizzato a ristabilire l’autonomia del popolo italiano o è inadatto alla politica oppure è un traditore.