LA FINE DEL QUANTITATIVE EASING di G. Duchini

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C’è un evidente ricambio alla guida della Bce dopo la batosta subita da Angela Merkel nelle recenti elezioni tedesche. Infatti Draghi dovrà fare i conti con Jens Weidemann attuale Presidente della Bundesbank tedesca che afferma di ritenere pericolosa la linea del Governatore della Bce che con un certo accanimento di dosaggio del Qe ha perpetuato così a lungo e con disinvoltura la montagna di miliardi spesa(circa 2000 miliardi), per partorire un topolino, con un solo risultato sull’inflazione dello 0-1%, vale a dire un effetto piuttosto risibile, con efficacia nulla sulla pochezza di un intervento che rasenta piuttosto il ridicolo e che misura sopratutto l’incapacità a misurarsi con i problemi drammatici di una economia europea che continua a calare a picco senza vedere una luce in fondo al tunnel. A questo proposito c’è una importante dichiarazione del governatore della Fed Janet Yellen che ha ammesso il fatto che l’inflazione non si sia risollevata avvicinandosi al tasso di crescita annua del 2% resta un mistero ed ha ammesso che le pressioni sui prezzi sono state deludenti rispetto alle stime e che per questo la lettura dei dati sull’inflazione di mese in mese non è totalmente attendibile.
Draghi continuerà ancora per i prossimi due anni poi sarà destituito assecondando la richiesta della Germania. Dopo di che senza una politica rivolta agli investimenti che siano in grado di compensare gli effetti deflattivi a seguito dello smantellamento del Qe, la conseguenza sarà di una diminuzione di crescita del Pil non solo italiano con l’ulteriore aggravante per l’Italia di interessi e di un debito fuori controllo.
Ed oltre a questo sta saltando il progetto Macron che vorrebbe una politica di bilancio non rigorista per la Francia e l’intervento di un meccanismo europeo di stabilità sinora utilizzati per il soccorso degli Stati in crisi in cambio di un loro commissariamento; oltre al desiderio di Renzi di rivedere le regole di bilancio con delle deroghe al pareggio.
E soprattutto è destinato a (de)cadere il dovere di prima accoglienza agli extracomunitari che compete allo Stato in cui essi sbarcano. La Germania modificando la politica immigratoria della Merkel rispedirà gli immigrati non regolari al loro paese d’origine in quanto si accetteranno soltanto immigrati regolari su dei lavori che ci siano delle disponibilità.
Il governo Gentiloni ha varato una legge di bilancio 2018-2020 che implica un “margine di flessibilità” contando sull’appoggio dei socialdemocratici tedeschi che a loro volta non saranno più al governo. Inoltre ci vorrà un certo lasso di tempo prima di poter formulare una nuova coalizione tedesca, sicché la rettifica dl bilancio italiano eventualmente proposta potrà sicuramente slittare e far ricadere al governo in carica soltanto dopo l’anno 1918 cioè dopo le elezioni politiche e cioè in pieno impasse economico, con un sicura riduzione di Pil.
A nulla serviranno gli stimoli monetari con il Qe di Draghi che serve solo a produrre a prezzi e utili decrescenti con il risultato di ridurre sempre più una competizioni tra le aziende basata soltanto sulla compressione dei costi e dei salari facendo così fuori gli operai e con essi tutto il ceto medio produttivo. Un altro motivo in più nel senso dello spreco inutile di risorse per gli stimoli monetari, voluti e protetti da Draghi, se dopo tre anni di un massiccio acquisto di titoli a ottanta miliardi al mese la Bce avrebbe potuto ridurre i tassi sul debito pubblico italiano in modo drastico; mentre al contrario, secondo un paradosso sorprendente, è che pur risultando nullo l’effetto del Qe sulla crescita di inflazione, rimane sempre alto il tasso di interesse che si applica sul debito italiano che è mediamente del 4,5%; questo vuol dire che l’Italia deve continuare a pagare 90 miliardi di interessi passivi annui.
Il mercato è un eterno luogo di conflitti immaginari se lo si pensa come continuazione degli stimoli monetari sia nella versione del quantitative easing sia nel mantenimento dei tassi allo zero, come finora si è visto. Una sorta di droga immessa nel mercato per rivitalizzare il Pil come indice di un tasso di crescita che si sta rivelando sempre più illusorio. Manca drammaticamente per l’Italia uno sviluppo inteso come mutamento strutturale secondo un indirizzo con finalità strategiche e dotato di una superiore capacità competitiva per realizzare in tempi non lontani un tendenza ad un inserimento nel multipolarismo. Quindi non una spesa generica per aumentare una domanda qualsiasi, ma una spesa qualificata nella direzione al rafforzamento di settori d’avanguardia, e qui una nota dolente si ravvisa circa lo smantellamento di uno dei pochi settori di economia pubblica rimasti come Finmeccanica, Fincantieri … ., con una politica fallimentare in declino, che si può invertire soltanto sostituendo l’attuale classe politica di felloni al potere con un solido gruppo deciso ad incrementare una potenza diretta al conflitto che faccia da battistrada alla competizione.
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DUCHINI GIANNI, ottobre ‘17