LA GUERRA COMMERCIALE USA

Mr. Trump- Yellow Tie

 

Il presidente Usa Trump  ha recentemente firmato due decreti che vanno nella direzione  “di combattere gli abusi commerciali”,. Si punta  ad individuare le cause del deficit commerciale Usa e ogni forma di abuso e di pratica non reciproca,  con un provvedimento  ancora da emanare che riguarda la situazione Paese per Paese, prodotto per prodotto ; il tutto con lo scopo di rafforzare le regole anti-dumpig (regolamento per contrastare la vendita di merci a prezzi inferiori) , “per impedire che le aziende straniere facciano concorrenza sleale a quelle americane”.

Ovviamente, tali misure contrastano con l’indirizzo ormai consolidato  del mercato globale, per questo Trump è accusato di protezionismo.

L’Italia rischia di pagare un dazio del 100% sulle sue esportazioni di qualità  negli Usa  per colpa dell’Unione Europea che secondo Washington non ha rispettato l’accordo di libero import in Europa di carne bovina di animali americani trattata con ormoni. Su questa vicenda  Bruxelles non ha fatto negoziati per chiarire le procedure, limitandosi soltanto ad accusare Trump, eppure ci sono paesi come Francia, Olanda e Danimarca , esportatori netti di carne bovina, che fruiscono degli aiuti comunitari per lo smaltimento del loro surplus produttivo nel medesimo settore.

Nel mirino della Casa Bianca c’è pure Cina, verso la quale Washington ha  il più grosso deficit commerciale  (340 miliardi). Con Pechino cui gli Usa intendono regolare i conti e dichiarano che senza il suo enorme surplus commerciale essa non avrebbe mai potuto crescere ai tassi con cui è cresciuta negli ultimi decenni. Poi Trump ha ammonito che “gli Stati Uniti non si inchineranno più al resto del mondo su questo fronte”. La revisione, ha continuato, riguarderà ogni Paese e ”dimostrerà l’intenzione dell’amministrazione Trump di non fare nulla a caso, ma di adottare un approccio molto misurato ed analitico”.

Questa è una guerra commerciale dichiarata dall’America di Trump, solo all’Europa ma a tutti gli altri partner commerciali, dalla Cina al Messico, dal Giappone alla Corea del Sud.

L’ultima ciliegina sulla torta di Trump è la proposta al Congresso di un vasto piano fiscale comprensivo di una vistosa riduzione della tassazione sulle imprese  al 15%, abbattendo così quella al 39,6% con una relativa semplificazione delle aliquote personali sul reddito; su quest’ultimo aspetto si fa conto di un’esenzione fiscale dei redditi fino a 24.000 dollari.

Si ricorda che il piano fiscale di Trump era uno degli aspetti più importanti della sua campagna elettorale. Di certo oggi quel piano è ancora utile per ottenere consenso anche se non risulta lo stesso promesso in prima dell’elezione.

Con tutto questo apparato legislativo ed istituzionale sembra definitivamente accantonata ogni velleità di introdurre un accordo di libero scambio tra Stati Uniti ed Europa, il TTIP (Trattato transatlantico per il commercio e per gli investimenti).  Un trattato che inneggia in teoria al liberalismo ma promuove un profondo sovvertimento di valori di tutto il mondo occidentale, quali la democrazia, lo stato di diritto, una sana economia di mercato, la tutela della salute. Ebbene la clausola dell’accordo prevedeva un riserbo totale fino alla sua conclusione. Da qui la meraviglia e lo sconcerto  allorché il TTIP mirava a vanificare lo stato di diritto europeo e permetteva alle multinazionali Usa di porsi al di sopra degli stati. Ogni qualvolta una di esse (multinazionale) si fosse sentita danneggiata allora ricorrerebbe non già a corti nazionali ed internazionali (secondo un iter giudiziario corrente) bensì ad una commissione di esperti che avrebbe deliberato a porte chiuse. Per esempio il parmigiano reggiano o è italiano o non lo è e non può essere sostituito da un formaggio fatto negli Usa od in qualsiasi altro stato dell’Unione Europea.

Trump sta tentando una strada nuova che punta ad accordi bilaterali tra stati dove può risultare più facile dividere per governare (dividere et impera) ed in cui  introdurre misure che agevolano un flusso di direttive mirate al rafforzamento del proprio paese quale prima potenza mondiale. Gli stati  esistono solo in gruppi  in conflitti tra loro con lo strumento principe  della supremazia anche se talvolta si parla di organizzazioni transnazionali e con caratteristiche finanziarie  per un controllo del mondo e niente è più falso di esso.

Come si deduce la guerra portata avanti da Trump agisce su più fronti di cui gli aspetti commerciali e finanziari sono quelli più vistosi e  intriganti per dare  credibilità ad un piano che può riguardare   l’inizio di una vicenda che si invilupperà  lungo un asse  dello scontro multipolare  su cui gli Usa rappresentano soltanto il centro  più saliente della (de)regolazione mondiale .