LA GUERRA IN UCRAINA CAMBIERA’ ANCHE IL DESTINO DELL’EUROPA
Ogni giorno di guerra che trascorre nel Sud-Est dell’Ucraina rafforza una convinzione: le truppe regolari non sono in grado di avere la meglio sui miliziani separatisti e scaricano tutta la loro frustrazione sui cittadini disarmati del Donbass. Già questo dovrebbe bastare a segnalare il carattere criminale di chi dà ordini a Kiev, un cricca di marionette della Cia senza alcuna volontà politica o moralità umana, pronta a commettere i più gravi reati contro i civili pur di conservarsi al potere ed assecondare i diktat dei propri burattinai d’oltreoceano.
L’esercito di Kiev non sembra però ancora così disponibile a farsi usare dagli oligarchi per sterminare i consanguinei filorussi, pertanto il Governo deve appoggiarsi agli elementi più esaltati della Guardia Nazionale e di Settore Destro, alimentando nella popolazione un vasto sentimento di disprezzo verso il potere centrale, il quale ricorre ai peggiori banditi e scarti della società per affermare la sua autorità con la forza e col sangue. Poroshenko credeva di spezzare, con questa strategia di devastazione dei centri abitati e di interruzione dei servizi vitali, il legame tra i guerriglieri e i residenti ma ha ottenuto l’effetto contrario, finendo col rafforzare il sostegno della gente ai miliziani, gli unici che la difendono dalle brutalità senza limite di teste rasate e di avanzi di galera armati dallo Stato.
Il fatto che i militari di ruolo siano passati in massa con la resistenza o abbiano persino preferito rifugiarsi in Russia, per non rendersi complici di tali vili massacri, attesta che il governo non ha più il controllo della situazione. Nel frattempo, sul terreno sta accadendo qualcosa di difficile comprensione ad occhio nudo. Persino gli obiettivi del conflitto sono diversi da quel che appaiono o da quello che Kiev crede di aver individuato. Sembra che i filorussi stiano giocando al gatto col topo con i militari ucraini attirandoli, di volta in volta, in zone del fronte circoscritte per colpirli immediatamente laddove si sguarniscono. Sloviansk li aveva irretiti per mesi in un’aerea ristretta e secondaria che ha richiesto molto tempo per essere conquistata, con una grande dispersione di energie per i reggimenti di Kiev, determinando anche la paurosa sconfitta di due armate a sud, al confine con la Russia, letteralmente annientate. I miliziani hanno preso tempo per rafforzare la difesa di Donetsk e di Lugansk che a loro volta potrebbero essere uno specchietto per le allodole (almeno una delle due). Gli intendimenti reali sono altri e stanno altrove. Chi scrive sa qualcosa che al momento non può rivelare. Ormai però l’autunno è vicino con tutte le conseguenze che questo comporterà: le avversità climatiche e l’assenza di risorse sufficienti per farvi fonte costituiranno un bel problema per la Junta. Nella Capitale dovranno iniziare a preoccuparsi del gas che manca e delle casse vuote dello Stato. Stipendi del personale burocratico e dei militari sono a rischio. Come lo sono anche le pensioni e tutti i fondi necessari a far funzionare la macchina pubblica. Il collasso economico è vicino ma la guerra prosegue perché non esiste una strada per tornare indietro. La decisione di inviare un convoglio umanitario presa da Mosca, proprio nelle attuali circostanze, è stata un’altra mossa astuta del Cremlino. Come ha scritto l’esperto di questioni militari Valentin Vasilescu. Che cosa ha determinato questa condotta russa? La constatazione mondiale che se nel Donbass arrivano rifornimenti alla popolazione esiste effettivamente un’emergenza umanitaria. Kiev, che aveva sempre negato, è caduta nel tranello affrettandosi a mandare i suoi camion di generi di prima necessità a Donetsk e Lugansk credendo così di affermare la propria sovranità. In verità, ha soltanto sottoscritto l’esistenza di questa necessità di cui essa è la causa. Se l’allarme sociale non fosse stato reale nessuno si sarebbe mobilitato a favore della popolazione. Da questo momento in poi, in presenza di una simile urgenza riconosciuta a livello internazionale, chiunque sosterrà Kiev con armi e informazioni militari si renderà complice di un genocidio. Almeno così lo tratteranno i russi, al pari di un favoreggiatore di assassini senza scrupoli. Vasilescu traccia allora, sulla base di queste evoluzioni, due scenari possibili. 1) Kiev colpisce i mezzi che trasportano gli aiuti del vicino. Inevitabilmente, in una siffatta eventualità, la Russia interverrebbe rapidamente a protezione del suo carico e dei suoi uomini, con ogni strumento a disposizione, anche entrando in territorio ucraino. Una volta dentro potrebbe allargare gli scopi della sua operazione per interporsi direttamente tra le truppe ucraine e quelle separatiste. In ogni caso, i 300 automezzi inviati da Mosca sono appena l’antipasto. Seguiranno altri soccorsi concordati con Cina, India, Brasile ecc. ecc. In questo modo l’obiettivo principale dell’ “ATO”, quello di demoralizzare i civili, con bombardamenti a tappeto e taglio dei servizi pubblici essenziali, verrebbe meno. Il castello di propaganda costruito intorno alla menzogna della liberazione degli abitanti del Donbass assediati da invasori stranieri crollerebbe su se stesso. Kiev sarebbe costretta a ritirarsi perché privata dell’unico motivo da cui ha fatto scaturire l’azione militare. 2) Kiev cerca d’impedire, con qualche espediente, la distribuzione dei viveri ai cittadini del Donbass, ricorrendo a manovre di disturbo di paramilitari e squadroni della morte. La Russia reagirà gradualmente alle provocazioni portando in evidenza le effettive responsabilità di Poroshenko e soci. Dopodiché stabilirà una no fly zone che metterà i combattenti nelle condizioni di spazzare via le armate ucraine meno preparate ad una lotta faccia a faccia sul campo. I russi attaccheranno le basi logistiche da cui partono gli aerei di Kiev e useranno la loro tecnologia per individuare e annichilire i battaglioni più attivi della Guardia Nazionale e di Pravy Sektor, considerati da Mosca elementi terroristi. La più grande unità meccanizzata di questi estremisti risiede ad Odessa. Sarà l’occasione per liberare la città e vendicarsi del massacro della Casa del Sindacato.
Infine, vorrei aggiungere una riflessione personale. L’Europa, rendendosi compartecipe della rivoluzione golpista in Ucraina, si è esposta ad un uguale trattamento da parte del Cremlino. Aver contribuito a destabilizzare l’estero prossimo russo ha scoperchiato il vaso di pandora delle etnie e delle identità in ogni zona del continente. I Paesi membri dell’Ue che ospitano minoranze russe unite e fiere della propria appartenenza al mondo slavo non sono più al sicuro. Mi riferisco, soprattutto, agli Stati Baltici, dove vivono molti russofoni concentrati in perimetri determinati e da sempre ghettizzati dai governi di questi Stati. Queste nazioni resesi indipendenti dopo il crollo dell’URSS credevano di aver definitivamente voltato le spalle al loro passato con l’ingresso nella famiglia europea. D’ora in poi non sarà più così. Dopo la sconsideratezza di Bruxelles che ha procurato e sponsorizzato Majdan, di concerto con la Casa Bianca, ci si deve aspettare la risposta di Mosca. Chi di provocazioni ferisce di provocazioni perisce.