LA NEBBIA DIRADA (UN PO’), 12 luglio ‘12
Prima del più volte citato 14 dicembre 2010, quando la “sinistra” si aspettava la caduta del governo Berlusconi (e mise poi a ferro e fuoco Roma per la delusione), scrissi che ci aspettavano “sorprese che sorprenderanno”. La prima fu appunto la non caduta del governo; e perché con ogni probabilità, da “in alto”, si trovarono alcuni voti per il premier da parti che avrebbero dovuto essergli contro. Da allora, le “sorprese” sono continuate con la farsa recitata in tandem tra l’“inquilino dell’Alto Colle” e il premier che mugugnava contro le invasioni di campo del primo, contro chi gli impediva di governare (in realtà sceglieva lui di non farlo), contro chi lo trascinava in avventure tipo Libia su cui fingeva di non essere d’accordo e di accettarle obtorto collo, contro chi sembrava “imporgli” di andarsene mentre lui giocava il falso ruolo del ritroso, tergiversava, ecc. Il tutto perché la soluzione di ricambio doveva essere adeguatamente preparata (e nella preparazione entrarono anche certi ambienti vaticani, oggi apparentemente vincitori, dietro la facciata del convegno a Todi, ecc.).
Adesso comincia appena un po’ a diradarsi la nebbia con l’annuncio pressoché ufficiale che Berlusconi intende ridiscendere in campo, dopo avere, in un recentissimo passato, annunciato il suo ritiro, ma sempre più debolmente e con dubbi crescenti; tanto che già da tempo, lo si ricorderà, avevo previsto l’evento. A questo punto è possibile sciogliere anche quel dubbio che mi sorse all’epoca dell’altrettanto nota scenetta recitata tra Obama e Berlusconi con la frase del primo: “o non caschi o caschi in piedi”. Poteva intendersi nel senso di una incertezza circa la sostituzione dell’allora premier o invece la continuazione del suo governo, certamente “mutato di segno” e di contatti internazionali, con inversione delle politiche tipo quella perseguita in campo energetico tra il 2003 (dopo l’incontro con Putin, tornato da Algeria e Libia, in Sardegna) e la fine del 2009 circa. In realtà, la sostituzione era decisa e irrinunciabile ormai; solo che il cambio della guardia andava preparato, e c’è voluto quasi un anno dal dicembre 2010. L’incertezza, manifestata nella frase obamiana, si riferiva all’alternativa: Berlusconi si sarebbe dovuto ritirare definitivamente (cadendo però in piedi e con il progressivo “riallineamento” della magistratura, malgrado sia sorda di intendimento e con la bava ancora alla bocca) oppure si sarebbe infine rivelato necessario il suo ritorno?
Detta incertezza riguardava l’elettorato di centro-destra e la capacità o meno della “sinistra” e del “terzo polo” di riuscire ad attrarne almeno una parte. Affinché non si manifestassero azioni di disturbo, si è provveduto a scompaginare la Lega, sfruttando Maroni ormai conquistato al filo-occidentalismo obamiano dopo la “dolce vita” goduta e apprezzata al Ministero degli Interni, e una serie di rapporti anche in sede estera. Desta stupefazione l’improntitudine di Bossi e dei suoi, infilzati come tordi allo spiedo, ma è comunque questione minore che può essere lasciata in sospeso nella sua spiegazione. La questione decisiva è stata messa in mostra dalle elezioni amministrative e dai sondaggi: un Pdl in via di distruzione e vero annientamento, ma il suo elettorato fondamentalmente astensionista, per nulla propenso a spostamenti di campo.
Si stava verificando una situazione per certi versi analoga a quella del ’94 quando l’elettorato Dc e Psi non ebbe alcuna propensione a orientarsi verso i “preferiti” dagli Usa (anche allora, in particolare, dagli ambienti democratici che avevano ricevuto gli emissari del Pci già negli anni ’70) e da Agnelli, promotore dell’accordo con Lama nel 1975 e favorevole alla concertazione (oggi, non a caso, sotto attacco diretto, ecc.). Allora si presentò Berlusconi – e tirato per i capelli, ufficialmente da Occhetto, in realtà dalla Confidustria agnelliana – che fece razzia di quei voti. Adesso è quasi impossibile il verificarsi di qualcosa di esattamente analogo – anche quel po’ di resistenza dell’industria “pubblica”, che aiutò Berlusconi, è oggi pressoché invisibile – e tuttavia non si ritiene consigliabile rischiare. La “sinistra” e il “centro” non hanno nulla di attraente; la loro nullità politica, nonché la presenza di un ceto intellettuale di speciale indecenza, sono sempre più evidenti. Al massimo vi è qualche attrazione da parte degli ambienti “casinisti” (non vicini a Casini, ma a Grillo); sembra però che la grande maggioranza dell’elettorato di centro-destra, astensionista, si sia soprattutto inviperita per l’appoggio dato dal Pdl a Monti e si senta, per l’essenziale, orfana di un Berlusconi con grinta.
In ogni caso, si è dovuto ripiegare sul tentativo di far rientrare quest’ultimo in gioco (ecco l’obamiana opzione “o non caschi”), sperando che non si sia perso troppo tempo e non lo si sia squalificato eccessivamente. Tuttavia, ribadisco che la politica è scomparsa dall’orizzonte italiano; quindi si gioca esclusivamente sulla persona (oggi uno è in ribasso, domani torna sugli allori con i cervelli che si trovano in circolazione) e su elementari e rozze indicazioni. Ci si serve di un miscuglio in grado di produrre la più alta confusione mentale: i giochi finanziari, il terrorismo, ormai in atto, di netta diminuzione del potere d’acquisto di gran parte della popolazione, le minacce di ulteriori tagli (il discorso sulle tredicesime), l’idiosincrasia verso i “fannulloni” dell’impiego pubblico, verso il “sud succhiarisorse”, e via dicendo, in un festival di banalità e luoghi comuni.
Non si creda però che tutto sia già deciso nei minimi particolari; sussistono solo le opzioni di massima, ma il terreno italiano, dopo un ventennio circa di totale dissesto, non è comunque facilmente praticabile. Nemmeno ci si illuda troppo circa il disamore per la politica. Senza dubbio, quest’ultimo gioca a sfavore delle forze presenti in campo. Tuttavia, l’ignoranza crassa dei minimi principi della vera politica – in cui versa da tanto tempo l’intero popolo italiano, ivi compresi i settori giovani più intelligenti e ansiosi di “maggiore giustizia” – favorisce ulteriori operazioni di trasformismo, non tutte ancora note. Basta seguire un po’ facebook per avere la sensazione della generale impreparazione politica perfino dei migliori. Altre “sorprese sorprenderanno”. Nessuna comunque, salvo imprevisti (ma proprio imprevisti!), desterà sorprese piacevoli.
Le poche informazioni che si possono ottenere – e che comunque mi hanno consentito di fare alcune previsioni di massima (non nei particolari) a partire già dal 2003; e anche dal dicembre 2010, quando è iniziato lo “sprofondamento” – segnalano tanta melma, schizzi di fango dappertutto. In poche parole, v’è molta incertezza sulla via che seguiranno i “potenti” (statunitensi) con i loro servitorelli (italiani). Ci conceranno in ogni caso molto male; e sembra sia per loro ormai necessario rigiocare in qualche modo la carta berlusconiana poiché altre appaiono senz’altro disponibili, ma lasciando troppa incertezza circa il comportamento dell’elettorato. Detto forse ancor meglio, si ritiene indispensabile giocarne il maggior numero possibile (non ce ne sono comunque molte a disposizione) per creare tanta confusione e poi, nel caos, trovare magari la via per “calare un asso”.
In ogni caso, se ritorna il cavaliere, sia chiaro che questa volta seguirà alla lettera i “consigli” provenienti dall’attuale Amministrazione statunitense, non ci saranno “strane” alleanze (chiamiamole così); la politica non cambierà molto rispetto all’ultimo anno né sul piano interno né su quello internazionale, pur se dovrà essere finto qualche miglioramento sul piano delle imposte e altre cose simili. Proprio per questo non credo che il mutamento avverrà subito; un po’ di altra “cura Monti” potrebbe essere ancora necessaria. Berlusconi dovrà forse accettare in qualche misura l’idea di una possibile coalizione (o quanto meno dialogo) con il Pd, che verrebbe allora a trovarsi in un frangente simile a quello del Pdl, e con rischi di sgretolamento perfino maggiori. Del resto, pure i settori antiberlusconiani – a parte l’Idv o la Sel e i gruppastri della “sinistra detta estrema” – dovranno moderare i loro odî contro il “Mostro”, perché si cercherà di impedire il mero ritorno al ventennio precedente. Monti, a quel punto, potrà più difficilmente pensare ad una prosecuzione della “carriera da premier”; la sua nomina a senatore a vita è invece stata probabilmente il “segnale” dell’intenzione di nominarlo alla Presidenza; un individuo così legato alle varie “massonerie internazionali” (in realtà di pretta marca statunitense) sarebbe la migliore garanzia della continuazione della politica filo-atlantica svolta dall’“amico” Napolitano indefessamente, pur se all’inizio copertamente, da quarant’anni in qua.
Per il momento non ci resta che “restare in ascolto”, preparandoci ad eventuali grandinate sulla nostra testa; nel senso di una ulteriore pestata sulle nostre condizioni di vita. I “roditori” non credo abbiano intenzioni peggiori di quelle già nutrite e realizzate per quanto concerne le forme della (non) politica utilizzate in questi ultimi vent’anni. Ci si deve aspettare per i prossimi tempi, e già a partire da quest’autunno e dal 2013, un notevole peggioramento sia del tenore di vita della maggioranza della popolazione sia del nostro convivere sociale. Per il resto, questa democrazia soltanto elettoralistica sarà sempre più svuotata, ma mai annullata poiché questo è il modo con cui gli aspiranti dominatori del mondo hanno tutto sommato sempre agito; pur con le atomiche sul Giappone, i massacri a tutto spiano durante la “guerra fredda” e negli ultimi vent’anni, ecc. Le “rivoluzioni arabe” e la “vittoria liberale” nelle “libere elezioni” in Libia sono da manuale al proposito.
Non ogni mossa è decisa, non tutte le ciambelle riusciranno con il buco, ma le linee di fondo comunque scelte dagli Usa (di Obama) e dai loro alleati/subordinati in Europa, e soprattutto in Italia, sono tracciate con sufficiente chiarezza. Ci saranno altre sorprese e mosse che dovranno essere riadattate strada facendo. Seguiamo gli eventi; e capiamo infine che la politica reale non è quella che si vede. Essa si decide dietro le quinte; sul palcoscenico ci sono solo attori, talvolta bravi e altre volte – come in quest’epoca di infinita meschinità – dei “cani”. Rabbiosi e feroci ma “democratici”; oh quanto “democratici”! Ne vedremo delle “belle”! Comunque, i nomi – da Obama a Merkel a Putin a …. ecc. ecc. – sono solo una semplificazione; c’è sempre “qualcuno” dietro che suggerisce, o meglio ordina. Nemmeno il più potente (in apparenza) personaggio della terra comanda veramente; se vuol restare a quel posto deve funzionare per i compiti che quel posto esige. E gli obiettivi vengono stabiliti da “ambienti” di cui non è possibile fornire con precisione un nome di persona, nemmeno il nome di un gruppo, di una lobby, perché si tratterà sempre di più agenti soggettivi in conflitto, pur se la risultante di quest’ultimo è infine una determinata politica tesa ad una specifica forma di supremazia e di configurazione del potere; sia di quello mondiale, sia di quello relativo a singole partizioni del mondo o di una data società.
Noi daremo sempre un nome per semplicità – che sia di persona (Obama, ecc.) o di un gruppo (Bilderberg, ecc.) – con la consapevolezza, però, che lo si fa per “economia” di discorso; se invece si rimane prigionieri di tali nomi, allora non si capisce nulla e si continuerà a credere di individuare la “regia” nel mentre si sta solo discutendo della “recita in palcoscenico”.