LA “POST-VERITA’” E’ UNA FORMA, VECCHIA E NORMALE, DI LOTTA POLITICA
Riallacciandomi a un recente intervento di Petrosillo vorrei tentare di fare qualche considerazione attorno a un articolo di Francis Fukuyama (famoso per il noto saggio, ormai datato, sulla “fine della storia”) pubblicato sul Sole 24 ore del 05.03.2017. L’articolo tematizza quella nozione che ormai con espressione consolidata viene denominata post-verità. I dizionari aggiornati danno per questa nuova parola una definizione di questo tipo:
<<Il neologismo post-verità, derivante dall’inglese “post-truth”, indica quella condizione secondo cui, in una discussione relativa a un fatto o a una notizia, la verità viene considerata una questione di secondaria importanza>>.
Viene anche in qualche modo ammesso che questo fenomeno deve essere associato al “populismo”, all’”antipolitica” e a un atteggiamento di rigetto nei confronti del linguaggio politicamente corretto. Si tratta quindi di un aspetto importante di quel fenomeno politico che vede materializzarsi, anche se ancora in maniera disarticolata, un opposizione alle elitè dominanti nell’area occidentale ad egemonia Usa. Essa manifesta quella crisi nel controllo dell’opinione pubblica che risulta essere, allo stesso tempo, causa ed effetto dell’avanzare del multipolarismo e di quell’accentuazione progressiva di posizioni “autoritarie” all’interno dei singoli Stati e delle “aree regionali”. Una deriva che diviene necessaria al fine di contrastare il disordine e il disfacimento dei legami sociali che tale fase ricorsiva comporta. Per altri versi c’è da rilevare che anche il mio caro nonno, contadino semianalfabeta, era in grado di capire che “se la verità non è la verità allora anche le balle non sono balle”. Anche le persone che normalmente non sono in grado di comprendere appieno la struttura dei discorsi ideologici finalizzati all’integrazione-sussunzione delle masse e al mantenimento del consenso al modello sociale attuale percepiscono sempre di più in questo momento storico, seppure in maniera intuitiva e emotiva, che chi detiene il potere li sta “prendendo in giro”. La cosiddetta post-verità si configura, quindi, come una risposta, una protesta e un rendere pan per focaccia rispetto all’ideologia dominante che comanda e manipola i media. Fukuyama, a proposito della circolazione di notizie anomale che gettano i media dei predominanti nella confusione, ci tiene però a precisare:
<<Qui non stiamo parlando di semplici adombramenti dei fatti, ma di bugie vere e proprie, la cui falsità è facilmente dimostrabile.>>
Allora, diciamo noi, se queste “falsità” sono facilmente smascherabili perché scaldarsi tanto ? Non dovrebbero, ribattiamo, al tirar delle somme ritorcersi contro chi le mette in circolazione ? I paladini della “democrazia” che tanto hanno criticato le presunte elucubrazioni “complottistiche”, invece di mantenere il sangue freddo, stanno manifestando sempre più una sorta di pericolosa patologia paranoica:
<< Quelle vecchie forze autoritarie stavano reagendo in maniera dialettica, imparando a controllare Internet, come nel caso della Cina con le sue decine di migliaia di censori, o reclutando legioni di troll (1) e sguinzagliando bot (2) in grado di inondare i social media con notizie false, come nel caso della Russia. Queste tendenze sono confluite in maniera lampante nel corso del 2016, confondendo i confini fra la politica estera e quella interna. Il principale manipolatore dei social media è la Russia. Il governo di Mosca ha diramato falsità eclatanti, come la «notizia» che i nazionalisti ucraini crocifiggevano i bambini piccoli, o che le forze governative ucraine avevano abbattuto il volo 17 della Malaysia Airlines nel 2014. Queste stesse fonti hanno contribuito al dibattito sul referendum per l’indipendenza scozzese, quello sulla Brexit e quello sul referendum olandese per l’accordo di associazione fra Ue e Ucraina, amplificando ogni notizia dubbia che poteva indebolire le forze pro-Ue.>>
Insomma si tratterebbe di un vero e proprio complotto globale contro le elitè filo-Usa legate alla cricca dei “democratici” Obama-Clinton. Quanto mi dispiace! Mi sovviene a questo punto – visto che ricorre anche l’anniversario – che in seguito alla Rivoluzione d’ottobre che fece collassare l’Impero russo e il dominio dello zar, e in particolare durante gli anni venti e trenta, si diffuse l’idea che il bolscevismo fosse una cospirazione ebraica per il dominio mondiale e che questa tesi divenne uno degli strumenti più utilizzati nell’ambito della propaganda fascista e di estrema destra. In questo contesto i Protocolli dei Savi di Sion, giustamente ritenuti “frutto di invenzione fraudolenta”, diventarono il testo di riferimento per dare contenuto a quell’idea. Era una “bufala” che dimostra che la “post-verità” c’era anche allora ed era utilizzata da certe forze globali contro altre. Il problema, però, sarebbe “aggravato” oggi dal fatto che addirittura, secondo la visione di Fukuyama, tra i nuovi “Savi di Sion” bisognerebbe annoverare anche il presidente Usa appena eletto. E, infatti, il politologo continua dicendo che, pur ammettendo che l’uso della menzogna è normale per un politico
<<Donald Trump ha portato questa prassi a vertici inauditi. Ha cominciato qualche anno fa promuovendo il birtherism, la teoria che sosteneva che il presidente Barack Obama non era nato negli Stati Uniti; tesi che Trump ha continuato a propagare anche dopo che Obama aveva mostrato il suo certificato di nascita. Negli ultimi dibattiti presidenziali dello scorso anno, Trump si ostinava a dire di non aver mai appoggiato la guerra in Iraq e di non aver mai detto che i cambiamenti climatici erano una bufala. Dopo l’elezione, invece, ha affermato di aver vinto anche il voto popolare (quando è noto ha preso oltre due milioni di voti in meno rispetto alla Clinton) perché in tanti avevano votato illegalmente. […]ma la cosa peggiore è che gli elettori repubblicani gli hanno perdonato senza problemi le sue colossali e reiterate menzogne.>>
La sua diagnosi continua con la proliferazione di discorsi sconclusionati. Ma a questo punto ci vuole un inciso. Nonostante il credito che mi danno gli amici io mi ritengo a livello intellettuale del tutto mediocre soprattutto per l’incapacità di elaborare testi sufficientemente articolati, approfonditi ed estesi perciò quando mi sembra di rilevare delle “oscenità” in quello che dicono intellettuali conclamati mi sorge spontanea una domanda. Anche considerando che in maniera premeditata certi personaggi debbano e vogliano vendere fumo e imbrogliare le carte è mai possibile che non riescano ad esprimersi in maniera meno “indecente” ? O magari questi giudizi derivano dal fatto che sono completamente rimbecillito e non me ne sono accorto ? Vediamo, ad esempio, alcune altre brillanti frasi del prof. Fukuyama:
<< I paladini della libertà di informazione sostengono che per combattere le notizie false basta semplicemente diffondere quelle vere, che in un mercato delle idee si affermeranno spontaneamente. [Ma]nel contesto dei social media […]non c’è motivo di credere che la buona informazione scaccerà quella cattiva. […] Perché prendiamo per buona una notizia, considerando che nella maggior parte dei casi soltanto pochissimi fra noi sono nella posizione per verificarne l’attendibilità? Il motivo è che esistono delle istituzioni imparziali che hanno il compito di produrre elementi di fatto di cui ci fidiamo. In America le statistiche sulla criminalità sono elaborate dal dipartimento di Giustizia e quelle sulla disoccupazione dall’Ufficio statistiche del lavoro. È vero che i principali organi di stampa come il «New York Times» erano prevenuti nei confronti di Trump, ma dispongono di sistemi che gli impediscono di pubblicare errori fattuali madornali.>>
E’ evidente che il supponente politologo non frequenta i bar e non conosce manovali o artigiani tipo quelli del nostro nord-est. Un qualunque avvinazzato ti dirà che le “istituzioni imparziali” non esistono e che i giornali raccontano principalmente le “balle” che gli sono dettate da chi li controlla. Ma è la prima frase sopra riportata che mi fa proprio arrabbiare. La “verità” è una faccenda di competenza della religione che, con buoni motivi, argomenta che essa appartiene a Dio mentre gli uomini devono decidere, solo, se accoglierla o no. La sofia orientale, cinese e indiana, e i vari esoterismi che sono proliferati ovunque sono fortemente collegati e integrati con la religione differenziandosi da essa principalmente per la pretesa che esista un piccolo numero di esseri umani, “spiritualmente eccezionali”, in possesso della capacità di unirsi e fondersi con l’”intelletto infinito di Dio”. Questa è l’essenza dello gnosticismo che, non a caso, dalla Chiesa è considerato la “madre” di tutte le eresie. La filosofia cristiana medievale e la filosofia islamica e ebraica classica, pur lasciando il primato alla teologia, risultano particolarmente influenzate dal razionalismo del pensiero greco antico e quindi, per lo più, a livello metodologico partono dalla scepsi, dal dubbio metodico per raggiungere attraverso una rigorosa argomentazione conclusioni veritiere. E così, poi, anche tutta la metafisica occidentale come ricordava il vecchio Engels, vede prevalere un contrasto insuperabile tra metodo e sistema. Lo spirito di sistema vuole una conclusione che inglobi tutto il sapere in una “enciclopedia filosofica” totalizzante (Hegel) mentre il metodo, in particolare quello dialettico, vede ogni cosa dissolversi e “passare” a causa delle sue contraddizioni e vede la storia muoversi grazie al “lavoro del negativo”. Lo Stato etico hegeliano, ad esempio, non può realizzarsi mai, se non in brevi congiunture, proprio a causa del conflitto perenne che intercorre tra le forze “opposte” che lo costituiscono. Ma Fukuyama, riguardo a certi temi, insiste in una maniera tale che sembra credere veramente in quello che dice:
<<L’incapacità di concordare sui fatti più elementari è la diretta conseguenza di un assalto a tutto campo contro le istituzioni democratiche (negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in tutto il mondo). Ed è qui che le democrazie rischiano grosso. […]la campagna elettorale ha spostato i termini del problema verso una convinzione generalizzata che ogni cosa sia truccata o politicizzata e che ovunque dilaghi la corruzione. Se la commissione elettorale certifica che il vostro candidato preferito non è il vincitore, o se l’altro candidato apparentemente se l’è cavata meglio durante il dibattito, deve essere il frutto di un’elaborata cospirazione ordita dalla fazione opposta per alterare i risultati. Credere nella corruttibilità di tutte le istituzioni porta in un vicolo cieco di sfiducia universale. La democrazia americana, la democrazia in generale, non sopravviverà alla mancanza di fiducia nella possibilità che esistano istituzioni imparziali; la lotta politica faziosa arriverà a pervadere ogni aspetto dell’esistenza.>>
Per concludere ripetiamo ancora al sig. Fukuyama che:
La democrazia se integralmente (realmente) applicata è l’opposto del liberalismo e si rivela come una forma di dittatura. Il principio liberale è antitetico rispetto a quello democratico;
Non esiste la verità ma solo prese di posizione politiche;
I “trucchi” e la corruzione sono effettivamente, e necessariamente, dilaganti e “importanti”;
Le istituzioni imparziali non esistono e soprattutto sono soggette in una fase di avanzato multipolarismo a diventare un luogo privilegiato di conflitti sempre più acuti che possono sconfinare nella “guerra civile”.
(1)Un troll, nel gergo di internet e in particolare delle comunità virtuali, è un soggetto che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l’obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi. (da Wikipedia)
(2)Nei paesi anglosassoni, con “Bot” s’intende un programma autonomo che nei social network fa credere all’utente di comunicare con un’altra persona umana. Questi bot migliorano di anno in anno ed è sempre più difficile distinguere un bot da una persona umana. (da Wikipedia)
Mauro Tozzato 09.03.2017