LA PRIMA (E L’ULTIMA) RIVOLUZIONE GEOPOLITICA DEL XXI SECOLO
L’erba del vicino fa schifo. In Occidente non si va tanto per il sottile quando si devono giudicare i sistemi democratici dell’Est, soprattutto se rientranti nell’orbita egemonica russa.
Non importa che anche lì si svolgano libere elezioni, che le leggi garantiscano libertà di espressione, di stampa e di religione, diritti delle minoranze, di sciopero e di manifestazione. Il vulnus dell’appartenenza alla sfera geopolitica di Mosca scredita pregiudizialmente questi sistemi politici che sfuggono al cosiddetto mondo libero e consapevole.
C’è la democrazia ma è come se ci fosse ancora la repubblica dei Soviet. Adesso, immaginiamo che le medesime proteste violente, che da mesi tengono banco in Ucraina, fossero deflagrate in Italia.
I giornali avrebbero fatto fronte comune nel definire gli oppositori violenti un’orda di terroristi, violatrice della pace sociale e dell’ordine costituzionale, un blocco nero assetato di sangue e disposto a tutto per conquistarsi l’arena, portatore di caos e di sventure contro la maggioranza silenziosa di gente per bene che produce e torna a casa dopo il lavoro, al massimo imprecando sulla moglie e sui figli senza creare disordini pubblici. I politici sarebbero stati ugualmente unanimi nel condannare la sedizione di piazza volta a destabilizzare la nazione ed avrebbero invocato l’intervento duro delle forze dell’ordine, come durante il G8 di Genova.
Insomma, lo sdegno dei perbenisti panciafichisti di Stato, di partito e dei media sarebbe stato totale perché la legalità è sacra mentre sono sempre inaccettabili aggressività e provocazioni avverso alle istituzioni.
In Ucraina, invece, questo non vale. Hanno ragione i rivoltosi e torto il governo, a prescindere dalla verità e dal buon senso. Eppure la contestazione è guidata da brigate di delinquenti, mele marce della società, criminali incalliti e nazisti dichiarati ai quali l’Europa e gli Usa forniscono soldi e consenso.
I leader dell’opposizione, come ha scritto Gian Micalessin, sarebbero impresentabili ovunque per il loro passato ed il loro presente. Da Vitaly Klitschko, ex campione di pugilato amico fraterno di boss mafiosi e di Mikheil Saakashvili (Presidente della Georgia dal 2004 al 2013, il quale oltre ad aver causato disastri economici ha trascinato il suo Paese in guerra suicida contro la Russia), in questi giorni a Kiev al fianco dei facinorosi, col quale condivide obiettivi e finanziatori all’estero; Yulia Tymoshenko, ex Premier e, soprattutto, oligarca attualmente incarcerata per reati pesantissimi di corruzione, nonché Oleh Tyahnibok, antisemita capo del partito Svoboda. A questi lestofanti l’Occidente vorrebbe affidare la “piccola Russia”, non per amore della democrazia ma per fare un “dispetto” a Putin. Del resto, abbiamo notizie di prima mano circa la presunta “spontaneità” della rivolta. A Kiev scorrono fiumi di denaro di provenienza estera che vanno ad alimentare i gruppi estremistici che hanno dichiarato guerra all’establishment. Agenti stranieri travestiti da rappresentanti di organizzazioni non governative istruiscono bande di malviventi locali ai quali procurano armi ed appoggio logistico. Ieri il Wall Street Journal dava spazio ad un articolo velenoso dello stesso Mr. Saakashvili, il quale, non si capisce a che titolo, è entrato nelle questioni ucraine invitando l’Occidente ad intervenire duramente contro Yanukovich ed i suoi sostenitori. L’ex Presidente georgiano ha parlato di “first geopolitical revolution of the 21st century” ed ha incalzato la Comunità Internazionale a dare seguito a questa crociata di civiltà che oppone “a Western freedom vs. Putin’s vision of a restored Russian empire”. Costui è un pazzo scatenato ed è un prodotto della falsa diplomazia americana che addestra futuri traditori per mettere intere nazioni sotto il suo tallone di ferro. Non è un caso che dopo la lunga l’esperienza presidenziale Saakashvili sia tornato negli Usa all’università di Tufts del Massachusetts, per preparare diplomatici e giuristi, cioè altri lestofanti come lui da spedire in giro per il pianeta. Nel 2008, invadendo l’Ossezia del Sud, su mandato estero, Saakashvili ha provocato l’immediata reazione del Cremlino e la morte di 1700 osseti e 3.144 georgiani. Dovrebbe essere portato davanti ad un tribunale internazionale e condannato per crimini contro l’umanità. Ma l’Occidente ha sempre un occhio di riguardo per gli amici. Sono pur sempre i “suoi” figli di puttana, come dichiarava Henry Kissinger, con cinico realismo, in un altro contesto. In ogni caso, la democrazia e la libertà non c’entrano assolutamente, è ora di finirla con questa pantomima ideologica che dura ormai da troppo tempo.