LA QUESTIONE IMMORALE
Bersani si scrolla di dosso i “Penati” dell’inferno con una operazione semantica che sa di girone degli ipocriti e dei falsari. Il Pd e i suoi membri continuano a sentirsi diversi dal resto dei “dannati” parlamentari (ladri, furfanti, fornicatori, bugiardi, lestofanti), soprattutto di destra, anche se non più per patrimonio genetico ma per mutazione “antropolitica”. Non sforzatevi di capire, la distinzione è così sottile che praticamente non esiste, pura “de-forma mentis” di chiacchieroni con predisposizione alla ciarla. Peraltro, essendo loro che stabiliscono il confine tra giusto e sbagliato, buono e cattivo, bello e brutto, onesto e disonesto, secondo un’assiologia progressista che si applica soltanto agli appartenenti alla setta democratica, sarà sempre impossibile trovare uno di sinistra che sia mai stato colpevole di qualche nequizia. Quindi, sono migliori e basta, a prescindere dai fatti, dalle scelte e dai risultati ottenuti che come tutti sanno restano inessenziali per giudicare l’operato di una forza politica. Ciò che conta è lo stile, l’eleganza, il fascino, la raffinatezza, l’aplomb, il savoir faire e il savoir dire. Il segreto del successo e della carriera parlamentare e istituzionale sta qui. Se sei della premiata ditta Bersani&co. ed allunghi le mani su un istituto di credito non stai facendo una scalata in borsa ma stai portando i diseredati nel caveau di una banca per attuare il famoso detto brechtiano (cos’è lo svaligiare una banca rispetto a fondarne una?), salvo il fatto che quest’ultima poi non la chiudi ma la tieni aperta cambiando le “insegne sociali” e definendola etica, se prendi sovvenzioni per il tuo partito attraverso strani giri di denaro non stai violando la legge sul finanziamento ai partiti ma stai praticando il principio machiavelliano del fine che giustifica i mezzi, anzi i mezzucci; se qualche tuo protetto fabbrica e vende prodotti finanziari altamente rischiosi ad ignari risparmiatori e tu ne copri la fuga con una promozione ad altro incarico affine, non stai soccorrendo un malandrino ma stai concretizzando i sacri principi della meritocrazia (questo per i banchieri, quando invece si tratta di ex-assessori alla salute basta richiamarli alla sinistra del parlamento per salvargli l’anima); se poi butti uno dei tuoi in mare perché è assolutamente indifendibile, smentendo persino la sua conoscenza, non stai negando l’evidenza ma stai dando all’evidenza la giusta collocazione nello spazio veritativo, il tuo ovviamente, dove ciò che appare è o non è a seconda delle convenienze. Ma questo è nulla in confronto a quanto commesso agli inizi degli anni ’90 allorché per occupare il governo costoro hanno dovuto rinnegare avi, padri, madri, figli e persino loro stessi. All’improvviso nessuno era mai stato comunista, nessuno aveva praticato la lotta di classe, nessuno era nato, cresciuto e pasciuto a Botteghe Oscure, nessuno si era mai iscritto al PCI e se qualcuno lo aveva fatto era stato per distrazione, tradizione o errore di gioventù. Marxisti per moda, progressisti e liberali per opportunità, umanitari e solidali per vanità ed autocompiacimento, guerrafondai per condiscendenza, servi per vocazione. Sia chiara una cosa, quello osservato oggi intorno a noi è il mondo da loro costruito, si sono prestati all’abbattimento del vecchio sistema per assurgere ai posti di comando lasciando per strada la loro dignità e quella del paese. Ci hanno venduti per quattro scranni di velluto ed ora vengono a darci lezioni di vita. Le uniche lezioni che possono darci sono quelle dalla vita in giù, dove sono stati abili commercianti delle loro chiappe e di quelle altrui.