La strategia dell’isteria
La strategia dell’isteria con la quale i politicamente corretti sperano di mantenersi in sella, distillando odio puro, senza distinzioni di razza, sesso e religione, ma lamentando l’immaginaria riacutizzazione delle discriminazioni xenofobe, di genere e di fede, procurerà tanti danni all’Italia ma, forse, riuscirà a risvegliare dal fondo dell’abisso forze devastanti che verranno finalmente a spazzare via simili demoni dostoevskiani, con il loro armamentario ideologico pestilenziale. Quando si sarà fatta piazza pulita dei laidi buonisti di ogni colore politico, con persecuzioni, torture e altri episodi estremi di vendetta e di rabbia, la ragione tornerà a rischiararsi convogliando le energie in eccesso in una saggia e assennata opera di ricostruzione della società. Ma prima di quel momento, dovranno scorrere abbondanti fiumi di sangue perché siamo circondati da una massa enorme di zozzoni senza coscienza e senza pietà che sta avvelenando un’intera epoca storica. Il fascismo non c’entra niente con le spontanee reazioni della gente alle umiliazioni subite a causa delle iniziative di una classe dirigente immonda e asservita ai peggiori cliché dell’odierna decadenza. Di fronte a questo scempio, dovremmo pure stare zitti secondo lorsignori. Non possiamo pronunciare la nazionalità di chi commette atti di violenza, non possiamo indicare la sua chiesa, pur se in nome di essa è stata compiuta una strage, non possiamo specificare il sesso per non urtare l’apparato genitale di nessuno. Nel far questo, però, possiamo benissimo violentare il cervello, l’unico organo che non trova più difensori.
La Lezione di Alfonso Berardinelli a Michele Serra e Massimo Cacciari:
“Michele Serra … venerdì scorso dedica la sua rubrica di prima pagina alla correttezza o non correttezza politica di precisare, nelle notizie, di quale nazionalità sono, ogni volta, chi stupra e chi è stuprato. Precisarlo, secondo Serra, sarebbe scorretto, poiché per la legge, per i codici, “gli uomini sono tutti uguali” e “ogni sottolineatura enfatica della nazionalità di un reo come della nazionalità della vittima è in parte stupido, in parte strumentale”. La sottolineatura enfatica certo non va, ma l’informazione non credo che vada condannata. Se fosse cosi, la cronaca, il giornalismo, non esisterebbero. E’ razzistico dire che…Simenon era un seduttore compulsivo, Sandro Penna un pederasta, Wittgenstein un sessuofobo? Quella suscettibilità di Serra per un momento mi ha dato i brividi. Ho visto l’umanità senza volto né colore né età, una sfilata di sagome identiche e vuote, non esseri umani ma ombre. Serra è anche uno scrittore. Perché non vede che la mancanza di dettagli reali spegne l’immaginazione? La seconda quisquilia, un po’ più corposa, la trovo nell’intervista a Cacciari sulla sinistra, che “non deve inseguire la destra sulla questione degli immigrati” (stesso giornale, stesso giorno). Secondo il filosofo, mai contento della sua ingrata sinistra che non lo ascolta, non gli ubbidisce mai, si assiste oggi a “una deriva estremamente pericolosa”. Quale deriva? Quella per cui il ministro dell’Interno Minniti “cerca di tradurre in ‘moderatese’ quello che certa destra urla in modo forsennato”. La paura e le urla sarebbero, secondo Cacciari, tipiche della “crisi di regime” che stiamo vivendo. E cosi, continua, viene voglia di tapparsi le orecchie, perché “subentra la logica amico nemico”. Strano che proprio il filosofo che ha masticato per anni le teorie di Carl Schmitt, secondo cui la politica nasce come logica che oppone amico a nemico, si scandalizzi e si turi le orecchie pur di non ascoltare i fragori della lotta politica. E lo stesso filosofo che dichiarava di non credere più alla distinzione fra destra e sinistra, ora si allarma se vede che un problema reale, quello delle grandi migrazioni, determina fra sinistra e destra qualche punto di contatto. Perché lo determina? Ma per il semplice fatto che ogni schieramento politico, per vincere le elezioni (cosa che preoccupa moltissimo Cacciari), deve ascoltare la società, i cittadini, le loro voci e le loro urla. L’Italia pullula di più che maturi ex comunisti, o tuttora comunisti, che vorrebbero rispedire subito in Africa i “troppi” africani che si vedono in giro nelle nostre città. Cacciari dice che con un Minniti che si avvicina, secondo lui, alla destra (e non semplicemente a un sentire diffuso!) “perderemo le elezioni”. Ma non è distinguersi nettamente sul problema degli immigrati che farà vincere o no la sinistra: direi che distinguersi su tutti gli altri problemi conta molto di più, a scopi elettorali. E poi, vincere. E’ mai bastato vincere le elezioni, se poi non si sa governare?