La svolta polacca (di A. Terrenzio)
Mentre la Stampa mainstream e’ distratta dalla vittoria di Podemos nelle amministrative spagnole e dal sirtaki dell’evanescente ed inconcludente Siryza, che col suo leader Tsipras ed il ministro delle finanze Varuofakys, non sa piu’ come procrastinare il disastro del paese ellenico, il risultato piu’ clamoroso arriva dalla Polonia, dove alle elezioni presidenziali, Andrzej Duda, del partito nazionalista/conservatore Diritto e Giustizia, batte il presidente uscente di Piattaforma civica, il liberista Bonislaw Komorowski. Troppo ampio il divario di sei punti percentuali tra i due candidati, rilevato all’uscita dei seggi, per essere colmato. Gia’ al primo turno Duda si era affermato con il 34,8% dei voti, di fronte al 32,2% di Komorwski. Alto, comunque, l’astensionismo, il 55, 5%. Inoltre, sull’esito del risultato ha pesato il malcontento di giovani ed anziani che votando il semi-sconosciuto Duda, hanno espresso soprattutto un voto di protesta.
Cerchiamo ora di capire chi e’ Andrzej Duda, il giovane avvocato, quarantatreenne, nato a Cracovia.
Professore all’Università di Jagellonica, sua citta’ natale, era poco conosciuto prima di tale investitura. Aveva ricoperto l’incarico di europarlamentare, apartire dal luglio 2014 e quello di viceministro della Giustizia tra il 2005 ed il 2008. Era stato l’assistente dell’ex Presidente della Repubblica Lech Kaczinsky, scomparso nel 2010, nel disastro aereo di Smolensk. Proprio ai gemelli Kacinsky Duda deve le sue fortune politiche, designato da costoro erede del partito di destra euroscettica Diritto e Giustizia.
La Polonia, nonostante abbia retto più facilmente di altri membri comunitari alla crisi recessiva, ben presto si vedrà privata dei finanziamenti europei e dovrà affrontare diverse problematiche che il miracolo economico degli ultimi anni non è riuscito comunque ad arginare. La Polonia rimane un paese a due velocità, da una parte centri urbani sviluppati ad ovest della Vistola, dall’altra le regioni orientali più arretrate, prive di infrastrutture adeguate e con alta disoccupazioni giovanile.
E sono proprio tali regioni a rappresentare la roccaforte di Diritto e Giustizia, dove gli elettori hanno votato in massa per Duda.
Ma ora vediamo quali sono i punti programmatici proposti dal neopresidente.
Innanzitutto, l’ostilità all’entrata nella moneta unica. Le prospettive di austerity, infatti, allarmano il popolo polacco che teme le misure coercitive di Bruxelles; i polacchi appaiono gelosi della propria sovranità monetaria, fattore che ha permesso al ministero delle finanze di svalutare la propria valuta e far volare l’export polacco.
L’innalzamento del costo della vita è un altro motivo di eruoscetticismo dei polacchi. Duda ha affermato che l’ingresso nell’Euro, da parte della Polonia, non avverrà sino a quando il tenore di vita dei cittadini polacchi non eguaglierà quello degli olandesi e dei tedeschi.
Inoltre Duda, nel suo programma, ha promesso un abbassamento dell’età pensionabile, ora a 67 anni. Tale iniziativa, pur essendo gradita a molti, rischia di gravare pesantemente sulle casse dello Stato. Per questo Duda vorrebbe alzare la tassazione su banche e multinazionali, per attuare un programma redistributivo, in favore delle classi più basse.
Il neopresidente, ostile al progetto di integrazione monetaria, ha più volte manifestato il desiderio di ispirarsi a Victor Orban, il premier ungherese.
I programmi dei due leader coincidono in molti settori, dall’economia alla cultura. Entrambi si schierano a favore della famiglia tradizionale. Condividono la contrarietà all’ideologia gender, al relativismo etico e alle pratiche genetiche procreative.
Con l’affermazione del nazionalista conservatore Duda, in un paese cardinale per la stabilità e l’allargamento del progetto europeo, quale è appunto la Polonia, viene lanciato un ulteriore messaggio di insofferenza verso l’Unione Europea, che ha diffuso solo disuguaglianze, disoccupazione e precarietà esistenziale.
Il risultato polacco appare tanto più importante perché’ inaspettato, proprio nel Paese che era stato indicato come fiore all’occhiello del successo dell’ integrazione europea, col suo sviluppo infrastrutturale e la sua rampante crescita economica.
I cittadini polacchi hanno espresso la loro contrarietà al modello economico e politico dell’UE, sinonimo di prigione ed austerità, anziché di libertà e di progresso.
Tuttavia, l’euroscetticismo di Duda si accompagna ad uno smaccato filoatlantismo che potrebbe peggiorare i rapporti con la Russia, anche se Mosca ha accolto con favore la sconfitta del suo predecessore russofobo.
Il capo del partito Diritto e Giustizia, erede dei fratelly Kacinsky, rimane un fedele alleato di Washington, intenzionato a vedere rafforzata la presenza della Nato in Polonia. In varie occasioni, egli ha dichiarato i propri timori verso l’espansionismo di Mosca, timori cresciuti dopo il conflitto ucraino.
Ma Duda, come già detto, ha anche dichiarato di voler seguire i successi di Orban sulle riforme economiche. Chissà che tutto ciò non favorisca, come per l’Ungheria, il riavvicinamento tra Varsavia e Mosca. Il Presidente della commissione Esteri russa, Konstantin Kosachev, confida in una distensione delle relazioni tra i due paesi, dopo le recenti perdite dell’export agricolo polacco, a causa delle sanzioni.
La Polonia, presto, potrebbe trovarsi di fronte ad un crocevia nei rapporti con Mosca. Duda, a tal proposito, dovrà scegliere tra la “via Baltica”, dello scontro frontale con la Russia, e la “via magiara”, più collaborativa col Cremlino.
La scelte tedesche influenzeranno certamente Varsavia, ma se Berlino chiuderà il contenzioso con Putin, sulle vicende ucraine, i polacchi potrebbero accodarsi.
E’ ancora presto per tali previsioni, tuttavia, il risultato delle presidenziali polacche ci dice che l’euroscetticismo è più forte anche del pericolo russo negli ex satelliti sovietici inglobati nell’Unione. Il fenomeno è interessante e potrebbe dar vita a importanti mutamenti in seno all’UE