La vita si nutre della vita

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La vita mangia la vita. È una metafora ma anche un fatto inequivocabile. Come scrive anche Gianfranco la Grassa: “Il vero fatto è che la morte di ogni cosa sta appunto nella ben nota entropia, dove tutto è eguale, piatto, oscuro, indistinguibile. La vita esige il conflitto, l’affermazione di una propria individualità, di una specifica diversità. La vita deve sempre mangiare altra vita per vivere. Anche i poveri vegetariani, che si credono tanto generosi verso gli animali, devono comunque sopprimere la vita dei vegetali. Non viviamo di rocce e terra, di sabbia e polvere. Ciò che è vitale continuerà ad esserlo nutrendosi di altra vita. L’amore, l’amicizia, ecc. sono sentimenti decisivi proprio perché consentono di “stringersi a coorte” e di annientare il nemico, l’odiato. Così si sopravvive, sciocchi “umanitari” (molto spesso farabutti o autentici criminali). Se si ama, se si aspira a qualche cambiamento positivo della nostra vita, sia individuale che sociale, bisogna essere pronti ad affrontare e spesso sopprimere quelli che si trovavano meglio nelle vecchie situazioni e che per mantenerle sono pronti a perseguitarti ed eliminarti.”

Per questo, conflitti e guerre saranno sempre all’ordine del giorno e si presenteranno immancabilmente come crudeli ma necessarie, sanguinose e inevitabili, nel torto di chi soccombe e nella ragione del vincente. Il fiume ideologico scorre veloce quando scoppiano i conflitti, soprattutto nelle cosiddette democrazie che devono ipocritamente equilibrare narrazioni diverse, tra diritti di tutti e inessenzialità degli stessi in concreto. Occorre registrare che nella nostra epoca la propaganda di guerra sta toccando cime abissali come direbbe Zinoviev. Il basso livello degli intellettuali e la prepotenza degli apparati mediatici si scarica sulla pubblica opinione con argomenti sempre più triviali eppure l’indignazione generale resta sopita o inespressa, sempre in virtù di un controllo totalizzante che ingiuria e silenzia le idee di dissenso. Oggi risulta quasi impossibile imbastire manifestazioni di protesta contro le guerre come quelle del passato, vedi i movimenti pacifisti che nacquero e si ingrossarono con il Vietnam. Piuttosto, vediamo proliferare argomenti illogici che spiazzano persino gli irenici costretti a ripetere il verbo immorale dei dominanti secondo il quale la pace si ottiene rimpinguando selettivamente le santabarbare di chi si difende. Ovviamente il discorso vale solo per qualcuno.

La verità è che non si possono mettere definitivamente a tacere i cannoni per tutta l’umanità ma si può far in modo che i rapporti di forza non siano così sbilanciati a favore di una solo pre-potenza come accaduto nel recente periodo monocentrico in relativo declino. Fortunatamente crescono nuovi poli antagonistici che sfidano il super dominio statunitense seppur nel costante declino di una Europa ormai ai margini della storia e sotto il tallone di ferro americano.

Anche a livello sociale la vita dunque continuerà a mangiare la vita modificando spazi famelici, cambiando banchetti, commensali e portate di carne fresca.

Non è solo La Grassa a consegnarci queste riflessioni. Fior di pensatori in passato ci hanno dato simili insegnamenti. Solo per citarne alcuni Nietzsche, Schopenhauer o Giuseppe Rensi. Di questi ultimi due riportiamo brani molto esplicativi.

Giuseppe Rensi:

“L’Essere; questo è ciò che senz’altro e per sé stesso è il male e il delitto. Esso non può reggersi se non mediante l’uccisione, la distruzione, l’incorporazione di altro Essere, cioè di altri esseri (il nutrirsi, il crescere).
“Noi vediamo nella natura che la vita si regge sulla reciproca distruzione; le specie viventi non possono vivere che nutrendosi l’una dell’altra; tutto è in natura organizzato e fondato sulla necessità di questo mutuo divoramento.
Non è diversamente nel campo umano, spirituale e sociale. La proiezione in questo di quella situazione è la concorrenza; le industrie, le case commerciali, le banche (e i popoli e gli Stati) che si erigono le une sulla rovina delle altre; la notorietà, la fama che si fonda oscurando un’altra notorietà, un’altra fama.”
Quando si riflette che il mondo è costruito in guisa che gli esseri viventi, tanto animali quanto vegetali (e così probabilmente anche i minerali) non possono persistere nell’esistenza se non nutrendosi gli uni degli altri, cioè uccidendosi a vicenda; quando si scorge da ciò che quindi il mondo è costruito sulla necessità di farsi male, sulla necessità del male; quando si pensa che da questo carattere dell’Essere totale deriva inevitabile a quella parte di esso che è l’umanità un’esistenza del pari necessariamente fondata sulla gara, sulla concorrenza, sulla lotta, sulla rivalità reciproca, e spesso sulla guerra vera e propria; bisogna concludere che, se si vuol parlare di Dio, colui che ne ha dato la più esatta definizione è il Leopardi:

. . . . . il brutto
Poter che, ascoso, a comun danno impera”

Arthur Schopenhauer:

..Questa lotta universale raggiunge la più chiara evidenza nel mondo animale, che ha per proprio nutrimento il mondo vegetale; ed in cui inoltre ogni animale diventa preda e nutrimento d’un altro; ossia deve cedere la materia, in cui si rappresentava la sua idea, per la rappresentazione d’una idea diversa, potendo ogni animale conservar la propria esistenza solo col sopprimerne costantemente un’altra. In tal modo la volontà di vivere divora perennemente se stessa, ed in diversi aspetti si nutre di sé, finché da ultimo la specie umana, avendo trionfato di tutte le altre, ritiene la natura creata per proprio uso. E nondimeno questa stessa specie umana… rivela ancora con terribile evidenza in se medesima quella lotta, quel dissidio della volontà; e diventa homo homini lupus. Intanto riconosceremo la stessa lotta, la stessa violenza egualmente nei gradi inferiori dell’obiettità della volontà. Molti insetti (particolarmente gl’icneumonidi) depongono le loro uova sulla pelle o addirittura nel corpo delle larve d’altri insetti, la cui lenta distruzione è il primo compito del vermiciattolo uscito dall’uovo. Il giovine polipo tentacolato, che si sviluppa come un ramo dal vecchio e poi se ne separa, contende già con esso, quando ancora vi aderisce, l’offertasi preda, sì che l’uno deve strapparla di bocca all’altro (Trembley, Polypod., II, p. 110 e III, p. 165). Ma il più singolare esempio del genere ci è dato dalla formica (bulldog ant) in Australia: quando la si taglia, comincia una lotta fra la parte del corpo e quella della coda; quella ghermisce questa col morso, questa si difende validamente col pungere quella. La battaglia dura di solito una mezz’ora, finché le due parti muoiono, o vengono trascinate via da altre formiche. Il fatto si ripete ogni volta. (Da una lettera di Howitt, nel «W. Journal», riportata nel «Messenger» di Galignani del 17 novembre 1855). Sulle rive del Missouri si vede talvolta una poderosa quercia avvolta, legata e stretta nel tronco e nei rami da una gigantesca vite selvatica, sì che deve inaridirsi come soffocata. Lo stesso si osserva perfino negl’infimi gradi, per esempio dove per assimilazione organica acqua e carbone si trasformano in succo vegetale, oppure vegetali e pane si trasformano in sangue, e così dovunque si abbia una secrezione animale con limitazione delle forze fisiche ad un subordinato modo d’attività. Similmente anche nella natura inorganica, là dove per esempio i cristalli nel formarsi s’incontrano, s’incrociano e si ostacolano a vicenda, sì che non possono pervenire alla pura loro forma (quasi tutte le druse sono immagine d’una tal battaglia della volontà in quel grado sì basso della sua oggettivazione); oppure quando una calamita impone al ferro la sua forza magnetica per rappresentare anche là la propria idea … …La pianta solleva la propria manifestazione dal germe, attraverso tronco e foglie, fino al fiore ed al frutto, che alla sua volta non è che il principio di un nuovo germe, di un nuovo individuo, il quale un’altra volta segue l’antico cammino, e così per un tempo infinito. Non diversa è la vita dell’animale: suo vertice è la generazione, e dopo averlo raggiunto, la vita del primo individuo decade presto o tardi, mentre un nuovo individuo garantisce alla natura la conservazione della specie, e ripete lo stesso fenomeno. Anzi, qual semplice fenomeno di codesta perenne aspirazione e mutazione è pur da considerare il continuo rinnovarsi della materia in ciascun individuo, che i fisiologi hanno ora cessato di tener per necessaria compensazione della materia consumatasi nel movimento; imperocché il possibile logorio della macchina non può esser punto equivalente al continuo afflusso proveniente dalla nutrizione: eterno divenire, infinito fluire appartengono al manifestarsi dell’essenza della volontà. Lo stesso si può anche vedere, finalmente, nelle aspirazioni e voglie umane, che sempre c’illudono mostrandoci il lor compimento come supremo fine del volere; ma, non appena raggiunte, non sembrano più le stesse, e quindi tosto dimenticate, invecchiate, vengono sempre – anche se non vogliamo subito convenirne – messe da parte come miraggi dileguati. Felici ancora, se qualche cosa rimane al nostro desiderio ed alla nostra aspirazione, per alimentare il giuoco del perenne passaggio dal desiderio all’appagamento, e da questo ad un novello desiderio – passaggio, che si chiama felicità quand’è rapido, dolore quand’è lento –; invece di cadere in quella paralisi, che si rivela come orribile, stagnante noia, confusa aspirazione senza oggetto preciso, mortale languore.