L’ACCORDO SUL NUCLEARE IRANIANO
Non è accidentale che gli Usa abbiano trovato l’accordo sullo sviluppo del nucleare civile iraniano, aperto già nel 2003, proprio in questo momento storico. Oltre dieci anni di tira e molla, tra minacce e prove di dialogo, prima del definitivo riavvicinamento delle posizioni, soprattutto con l’amministrazione Obama, per approdare ad una intesa i cui risvolti saranno tutti da verificare. Il Medio-Oriente è saldamente nelle mani di Washington che, tuttavia, ha mutato la sua strategia nell’area, avviando una ristrutturazione degli assetti regionali, dopo le rivolte deflagrate (primavere arabe) intorno e nel cuore della zona di riferimento.
Dire precisamente quali siano gli obiettivi statunitensi non è ancora facile. Generalmente, si scatena il caos quando si ritiene che un ordine più confacente ai propri piani possa giungere solo da un azzeramento dai precedenti equilibri di potere, ormai ritenuti inidonei a sostenere i nuovi obiettivi. E’ un modo di agire rischioso perché qualcosa può sfuggire di mano. L’Isis è, per esempio, uno di questi effetti collaterali che però gli Usa hanno imparato a sfruttare molto presto. Occorre tener in conto che le cosiddette rivolte arabe e nordafricane hanno abbattuto personalità e regimi vicini agli Usa ma sono stati sempre quest’ultimi a sostenere gli oppositori dei loro “tradizionali” interlocutori in questi paesi. Il costo di tali stravolgimenti è stato altissimo, e lo è ancora come possiamo riscontrare dalla guerra civile siriana, purtroppo in corso, e dalla tragica situazione della Libia, in preda a lotte tribali sempre più sanguinose. Ma per la casa Bianca, che deve tenere a bada una più accesa concorrenza geopolitica, da parte di Stati emergenti e riemergenti ai confini dei suoi “possedimenti”, il gioco valeva la candela. La Russia infatti, come ha scritto anche il professor La Grassa sul nostro sito, è stata costretta a tenere un profilo più basso (che le parole di stima pronunciate da Obama, dopo l’accordo con Teheran, confermano, perché si stima, in primis, chi si piega) benché questa riconciliazione tra Iran e Usa non vada propriamente a suo vantaggio ed, anzi, metta a repentaglio la sua proiezione in nazioni influenzate da Teheran, come l’Irak o la Siria (dove i russi mantengono la loro unica base estera). Stesso discorso vale per la Cina che però sta barattando con Washington questo suo defilamento nei discorsi mediorientali (che produrranno effetti anche in Asia meridionale, dove Pechino occupa un posto di primo piano) con un protagonismo più evidente nel Mar Cinese Meridionale.
Benché non lo diano a vedere, almeno in questa circostanza in cui sono stati incensati dai media americani ed europei, i russi sono quelli più preoccupati dalle iniziative statunitensi e dalla spregiudicatezza del loro modus operandi. La Russia rappresenta il concorrente principale dell’ordine mondiale a guida Atlantica. Gli Usa che lo sanno perfettamente cercano di trascinare i russi lì dove sono più vulnerabili e possono commettere passi falsi. Infatti, nonostante, la captatio benevolentiæ di Obama che ha parlato di risultato storico per la pace e la stabilità del pianeta, grazie all’impegno inaspettato del Cremlino nell’affaire iraniano, il Dipartimento di Stato americano ha immediatamente confermato che: “gli Stati Uniti non intendono abbandonare il dispiegamento di una difesa missilistica in Europa orientale, per proteggere il continente dalla minaccia iraniana”. Dichiarazione che conferma che gli Stati Uniti mantengono il mirino puntato su Mosca, nonostante le attestazioni distensive di queste ore. Per i russi, infatti, questa è la prova che il programma Euro-ABM di Washington, più che contro l’Iran, sia da sempre diretto a contenere la loro nazione. Così continua l’ufficio di rappresentanza del Dipartimento di Stato Usa: “La risoluzione positiva della questione nucleare con l’Iran non elimina la necessità di creare un sistema di difesa per contrastare la minaccia missilistica iraniana. È per questo che una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, codificherà un piano comune d’azione, partendo dalle sanzioni ONU contro il programma balistico iraniano che saranno mantenute per altri otto anni”. Siamo alla solita doppiezza della superpotenza d’oltre Atalntico. Il Cremlino fa, comunque, sapere di voler reagire duramente a questo ennesimo voltafaccia dei partner occidentali organizzando le risposte più adeguate, in tempi rapidissimi. Gli strateghi russi stanno pensando ad un sistema più potente di quello ABM per neutralizzare la minaccia Usa sui loro confini. Dunque, le tensioni non si placano mai. E siamo appena alle soglie del multipolarismo che non sarà un’epoca di affratellamento delle potenze ma un periodo di accentuate frizioni tra nazioni, in un clima di forze tendenti alla quasi equivalenza con conseguente depotenziamento del centro regolatore mondiale attuale (gli Stati Uniti).