L’AFFERMAZIONE DI UNA STRATEGIA DI POTENZA: LA POLITICA AFRICANA DELLA CINA. Parte II
fonte diploweb.com
BASI E MANIFESTAZIONI DELLA POLITICA AFRICANA DELLA CINA
All’inizio era la storia! Tale sembra essere il credo della Cina per celebrare il suo ritorno sul continente africano. Per una potenza emergente senza passato coloniale in Africa(5), si tratta di sigillare tale tracciato intorno a principi fondanti che hanno la loro legittimità nella storia comune e condivisa. Come ricorda volentieri il Presidente cinese Hu Jintao, "l’amicizia sino-africana immerge le sue radici nella profondità del tempo e non cessa di approfondirsi col passare degli anni(6)." Questa legittimità storica costituisce il trampolino ideale per assestare la legittimità ideologica frutto della presenza indefettibile della Cina al fianco dell’Africa, come porta bandiera dei non-allineati, durante le lotte egemoniche della guerra fredda. A questo proposito nota Valére Niquet: "lungi dall’abbandonare le vecchie tematiche, Pechino si sostiene anche su un discorso terzomondista Sud-Sud fondato su un passato, costantemente ricordato, di lotta comune contro tutti gli impérialismi(7)." Questo combattimento condotto gomito a gomito mette
CAPITOLO I: LE BASI DELLA POLITICA AFRICANA DELLA CINA
Nonostante l’impressione innovativa che sembra caratterizzare il “volo” della diplomazia cinese in Africa, è necessario riconoscere che si iscrive nella continuità di una politica africana della Cina, che prende forma a partire dalla coniugazione di molti eventi verificatisi nel mondo, nella seconda metà del XX secolo. La proclamazione della RPC nel 1949 e l’aumento delle rivendicazioni nazionalistiche in favore della liberazione hanno generato una comunanza di interessi e di destini tra
Sezione 1: La legittimità storica come principio fondante
Il contatto tra Africa e Asia risale a tre millenni fa. È infatti a partire dal X secolo A.C. che
§1. La conferenza di Bandung: il riavvicinamento sino-africano
La conferenza di Bandung nell’Indonesia, dal 18 al 24 aprile 1955, segna la prima tribuna offerta alla Cina per ristabilire le sue relazioni con l’Africa. Da un lato, Bandung costituiva la via sognata da Pechino per portare il suo sostegno ai paesi in lotta contro la sovranità coloniale, e dell’altra, permetteva di assestare la sua diplomazia nascente interessata a rompere le catene della tutela sovietica. Come sottolinea Adama Gaye: "il terreno era tanto più favorevole alla Cina che disponeva, all’alba dell’ indipendenza africana, di un ulteriore vantaggio. Tutto la avvicinava infatti ai paesi africani che avevano appena rotto le catene del colonialismo vendicandosi, come essa, di anni di sovranità esterna(10)." Convocata su iniziativa di cinque paesi asiatici (Birmania, Ceylan, Indonesia, India e Pakistan) la conferenza ha accolto sei paesi africani tra cui due grandi dell’epoca, l’Egitto e l’Etiopia. È a partire da questa tribuna che il primo ministro indiano, Jawaharlal Nehru, ha lanciato la sua famosa mano tesa all’Africa, in nome del continente asiatico, in questi termini: "spetta all’Asia aiutare l’Africa al massimo delle sue possibilità, poiché siamo continenti fratelli.(11)"
§2. La liberazione, fermento della solidarietà militante
Per una Cina il cui invito non era stato previsto alla conferenza preparatoria di Bogor del
Sezione 2: L’eredità ideologica della guerra fredda
La lotta anticolonialista non è l’unico fermento che riavvicina i rapporti sino-africani. Oltre al passato coloniale comune ai due partner, Pechino non manca occasione per mettere in risalto l’appartenenza alla medesima sfera ideologica. Infatti, lo slancio terzomondista della Cina risale agli anni 1960, punto di partenza della lotta ideologica che si svolge tra Mosca e Pechino. Con la dichiarazione di Khrouchtchev di trasformare la coesistenza pacifica nella base della politica estera dell’URSS,
§1. La rivalità sino-sovietica
Questa lotta ideologica si esprimeva con forza nel movimento dei non allineati. Sul piano diplomatico,
§2. L’appoggio ai movimenti di liberazione
L’aiuto ai movimenti di liberazione è rivolto, in particolare, in Angola con il movimento popolare per la liberazione dell’Angola (MPLA) in Mozambico con il fronte di liberazione del Mozambico (FRELIMO) o allo Zimbabwe con lo Zimbabwe African National Unity (ZANU)(13). Nonostante un isolamento relativo sulla scena internazionale ed africana imputabile in parte al trionfo della "distensione internazionale" raccomandato da Mosca, Pechino conserverà un’influenza reale sul continente africano in particolare presso gli ultimi movimenti di liberazione, soprattutto dello African National Congress (ANC) nella lotta contro il regime della segregazione fino al 1994. Questo ruolo principale svolto da Pechino ha contribuito ad assestare l’idea di una terza via risolutamente anticolonialista e militante. L’eredità ideologica della guerra fredda si trova così recuperata nell’ottica di fondare una nuova legittimità garante di relazioni benefiche tra il "più grande paese in via di sviluppo (
Sezione 3: La neutralità e la non ingerenza
Per completare il suo sistema e riassicurare al meglio i suoi partner,
(5)
(6) Discorso del presidente Hu Jintao alla cerimonia di apertura del Forum de Coperazione sino-africaino, 4 novembre 2006.
(7)Valérie Niquet, « la stratégie africaine de
(8)Vedere « Sino-African Cooperation to Rise to New High », Quotidien du Peuple, Pékin, 10 mars 2000
(10)Paul Kennedy, Naissance et déclin des grandes puissances op. cit. pp. 39-44
(11)Adama GAYE, Chine-Afrique le dragon et l’autruche : Essai d’analyse de l’évolution contrastée des relations sino-africaines : saint ou impie alliance du XXIe siècle, Harmattan, 2006 p.52
(11)Ibid., p 61
(12)Jean-Christophe Servant, «
(13)Vedere allegato I p60.