L'"ALLEATO" (di G. Gabellini)

La fatidica data dell'8 settembre 1943 scuoterà, con ogni probabilità, le menti di molti italiani. Fu in quell’occasione, il giorno del "Tutti a casa", che l'Italia voltò, come di consueto, le spalle al vecchio alleato tedesco per correre in soccorso (con il consueto eroismo) del nuovo "Amico Amerikano" che stava pian piano sostituendosi all'invasore nazista.
Come era assai prevedibile, la nuova classe politica Italiana pagò il "favore" accettando di chinare il capo, a tempo indeterminato, di fronte a qualsiasi ordine, implicito o esplicito, impartito dal vecchio Zio Sam. Niente di strano, a quel punto, la logica di Yalta imponeva questa scelta obbligata, tanto all'Italia quanto all'Europa "liberata". Tuttavia, a ben sessantacinque anni da allora, gli USA continuano ad appellarsi a questa vecchia faccenda per ricordare agli europei di stare al proprio posto, e che il loro debito con gli USA, lungi dall'essere estinto, è in realtà più valido che mai. Si tratta di una tesi purtroppo inoppugnabile, suffragata da una serie impressionante di elementi e vicissitudini che ne confermano inequivocabilmente la veridicità. Negli ultimi giorni abbiamo assistito a un inaudito attacco della Goldman Sachs e delle agenzie di rating agli istituiti di credito europei, che si sono visti declassare in seguito alla ratifica dell'accordo "Basilea 3". L'accordo in questione impegna le banche ad operare in ottemperanza di requisiti e criteri molto più stringenti, in modo da metterle al riparo da crisi finanziarie analoghe a quella dei cosiddetti "subprimes". In sostanza, le banche sono tenute ad aumentare le proprie riserve, diminuendo così la propria possibilità di erogare credito, cosa che, con meno liquidi in circolazione, potrebbe da un momento all'altro rendere reale il “fantasma” della deflazione. Tuttavia, l'adeguamento ai canoni imposti dall'accordo dovrà avvenire gradualmente, nell’arco di un decennio, in modo da aggirare questa prospettiva. Ebbene, secondo gli squali di Goldman Sachs and co., un accordo simile andrebbe contro la logica del mercato e renderebbe molto meno competitivi gli istituti che vi aderiscono. L'ammonimento di Goldman Sachs e delle agenzie di rating appare particolarmente ridicolo e in malafede, soprattutto alla luce delle notizie che giungono (sempre poche, quando sono cattive) a strozzone da oltreoceano. Cosa sta accadendo negli USA? Sta accadendo che i pignoramenti disposti dalle banche americane nei confronti dei debitori insolventi sono risultati in moltissimi casi privi di legittimità. Gli avidi strateghi finanziari che hanno concesso allegramente mutui e prestiti fregandosene altamente delle scarsissime possibilità di recuperare il denaro erogato non si sono nemmeno degnati di dotarsi di tutta la documentazione necessaria a dimostrare la situazione. Molti tribunali non hanno potuto far altro che bloccare i pignoramenti, invalidando così tutto l'ambaradan di espropri e riacquisti all'asta. Le ricadute sulla società e sull'economia saranno indubbiamente spaventose. I risparmiatori che hanno investito nei titoli coperti dai beni immobiliari si ritrovano così in mano nulla più che montagne di carta straccia, ed è probabile che, prima o poi, si coalizzeranno per intentare cause contro quegli istituti che hanno garantito per questi titoli – spazzatura, il cui primato è detenuto, guarda caso, proprio da Goldman Sachs. Il fatto che l'Europa si veda puntare il dito contro da questi sciacalli non può che suonare, in virtù della situazione appena descritta, offensivo prima che ridicolo. La verità è che si tratta dell'ennesimo attacco di quello che molti "utili idioti" si ostinano a definire "alleato" contro l'Europa subordinata. Tempo fa (e la cosa non è ancora finita) fu quel pilastro del pensiero unico che risponde al nome di "Organizzazione Mondiale per il Commercio" (WTO) ad aprire il secondo fronte di guerra, disponendo una miriade di consistenti sanzioni contro l'Europa, rea di aver bloccato le importazioni di merci ritenute nocive o dannose, mentre gli USA la passavano liscia per aver chiuso le proprie frontiere a determinati prodotti (tartufo, formaggi vari) per motivazioni strettamente ed eminentemente politiche. La classe politica europea, italiana in primis, non si azzarda a muovere un dito contro questa inaccettabile condizione, ulteriormente aggravatasi, per giunta, con la profonda crisi dell'Euro determinata dalle gravi situazioni irlandese e portoghese, paesi che per coprire i propri esorbitanti debiti pubblici, si sono messi ad erogare titoli di stato con interessi altissimi (6/7%), tutti garantiti da una BCE in evidente combutta con certi poteri. Gli speculatori sono sempre gli stessi (Goldman Sachs, ancora una volta, su tutti) e si sono già disposti in stato d'allarme, pronti a puntare dritto sulla bancarotta di questi stati. E' forse superfluo sottolineare il fatto che se l'Irlanda o il Portogallo affonderanno, la portata dell'effetto domino che si innescherà con la loro caduta sarà sicuramente tale da portare al fallimento dell'Euro. Per la felicità dei soliti noti, quegli "alleati" che da sessant'anni, da bravi imperialisti quali sono sempre stati, non hanno fatto altro che stroncare sul nascere ogni spinta autonomista dell'Europa. Una Europa sempre più in balia di una masnada di burocrati rinnegati, palesemente votati anima e corpo all'atlantismo può sfrenato e interessati solo ed esclusivamente a fare del Vecchio Continente nulla più che un grande discount, ad uso e consumo dei facoltosi “clienti” che non disdegnano mai qualche sortita al di qua dell’oceano.