L’AREOPAGO DEGLI IMBECILLI
Con che faccia vanno in giro i leaders politici nazionali dopo il rapido sbanchettamento istituzionale che li ha fatti finire, come mollichine di pane, sotto il tavolo della legislatura e della storia senza un briciolo di dignità in tasca? Con quella solita di tolla, in attesa degli sputi della folla che, dopo la cura Monti, non tarderanno ad arrivare anche se i furbastri credono di pararsi dietro un loden ed una cattedra.
Su questo gabinetto tecnocratico e sull’aria che tira in Italia – e qui non chiediamo scusa a tutti i “ragionevoli” di destra e di sinistra i quali, ormai, ingoiano responsabilità per sputare soltanto frasi fatte – vorremmo dire qualcosa di non collimante con l’affettazione generale che comincia a dare il voltastomaco.
Non ci piaceva il moralismo usato da sinistra come una vanga contro la politica nella fase B., ma ci aborre ancor di più il technically correct bipartisan agitato come una mannaia sull’elmo di Scipio in questa situazione di M.
Il vento nuovo della salvezza nazionale, portato al GABINETTO dagli illustri professoroni assurti al rango di ministri, sarà in realtà una tempesta sociale che sventrerà gli apparati dello Stato e le strutture democratiche del Paese, facendoci perdere quel poco di sovranità che ci era rimasta.
Per questo i mercati esultano e l’Ue ci sprona ad andare avanti. Avanti verso la sudditanza con la quale pagheremo la fetta più grossa di questa crisi sistemica che non nasce dal debito pubblico ma da una rinnovata aggressività geopolitica per gli spazi e le risorse planetarie tra i principali attori mondiali (guerra in Libia docet).
Passando da un’esacerbata litigiosità impolitica ad un incredibile cretinismo post-tecnocratico i partiti hanno dimostrato di essere, più che una casta, un accatastamento di incapaci e di vili.
Ogni voto compatto in Parlamento, senza se e senza ma, non fa che accrescere questa valutazione negativa. Se precedentemente nell’emiciclo dei somarelli imperava una riottosità demenziale, non legata alle cose da fare ma alle personalità da denigrare ed ai comportamenti da censurare, adesso vige un penoso conformismo sulle cose, sulle persone e sugli atteggiamenti che esplicita, fino in fondo, in che mani eravamo capitati.
Che democrazia è mai questa con i partiti rincitrulliti ed il governo commissariato dalle borse? Come fa il presidente Napolitano a sostenere che in Italia nulla è stato scalfito e che il processo democratico procede senza intoppi?
Monti non sta facendo meglio di chi è andato a rimpiazzare, ma piace molto al di là dei monti, cioè è gradito oltre i confini patri, dietro alle catene danarose degli spread e del rating dove si annidano i veri nemici della nazione, quelli che disarcionando il Cavalier scortese, non abbastanza zerbino, hanno innalzato a condottiero il Professor Supino tanto perbenino.
Il Caimano non ci è mai piaciuto, più farfallone che furbacchione, checché ne dicano i travagliati che hanno beccato la bilancia della giustizia sulla capoccia ed i grillini con il Grillo in testa, ma nel successore abbonda la seconda caratteristica che è ancor più nefasta per i nostri destini di popolo libero ed indipendente.
Monti impone lacrime e sangue senza spiegare dove vuole andare a parare, parla di sacrifici collettivi ma nella sua manovra, primeggiano parzialità ed eccezioni che fanno sorridere i banchieri e disperare bottegai, lavoratori e pensionati.
Egli dichiara di essere scevro da condizionamenti ma ogni giorno si palesa un ulteriore conflitto d’interessi, dalla Goldman Sachs alla Trilaterale, dal Bilderberg a Brugel. Relazioni e cointeressenze che fanno sbiadire quelle del suo predecessore, accusato di fare uso privato della cosa pubblica e uso pubblico della sua cosina privata.
Eppure costui è diventato il beniamino di tutti, con qualche piccola eccezione che quasi non fa testo.
Il bocconiano gode di una reverenzialità istituzionale quasi imbarazzante, soprattutto per l’azione di un Capo dello Stato che, utilizzando la Costituzione come uno sfollagente, ha cancellato le prerogative del Parlamento per mettere in atto un disegno quanto meno ambiguo, in nome di una fantomatica salvezza nazionale che assomiglia troppo ad una schifezza generale.
In tutto questo noi non ci vediamo un esempio ma uno scempio.
Eppure bastava rileggersi quel paragrafo sui tecnici di Benedetto Croce da noi già riportato per evitare tale errore che ci costerà molto caro perché non siamo in tempi normali. In giro ci sono troppi sciacalli che vogliono azzannare l’Italia per ridurla ad una provincia turistica degli Stati più forti, come Usa, Germania e Francia.
Ed invece noi che facciamo? Realizziamo, pari pari, quell’areopago degli illuminati, e nemmeno così bravi ed onesti, che il filosofo napoletano descriveva come l’anticamera dell’imbecillità nazionale e della rovina epocale.
Povera Italia, passata dal pene di Berlusconi alle pene di Monti. C’è da dire però che almeno il primo non finiva nel sedere di tutti.