LASCIAMOLE PERDERE ENTRAMBE di G. La Grassa
Sempre più, mi sembra, si palesa quanto nel blog si va scrivendo da tempo: la situazione (politica ed economica) esistente nel nostro paese è estremamente fragile ed instabile. In pratica, non esiste più quello che normalmente si intende per politica: né il Governo né coloro che dovrebbero gestirla e svilupparla hanno la possibilità di riconquistare un minimo di credibilità e di fiducia presso i cittadini, salvo che per qualche autentico tifoso – quindi insensato come lo sono i tifosi – di questo o quello schieramento. Il Governo e le forze che lo sostengono si dimostrano privi di qualsiasi idea e capacità di decisione effettivamente autonoma, indipendente, su una qualsiasi materia: interna e internazionale. Indubbiamente, veder durare questa “maggioranza” è un autentico tormento; si capisce immediatamente che, continuando così, si va incontro a uno sfacelo assai pericoloso. Tuttavia, non si può non constatare che il possibile ricambio di tale maggioranza non risolverebbe alcunché, perché avremmo al governo altri incapaci, altrettanto arroganti e senza idee che servano a qualcosa di più della pura gestione e conservazione di posizioni di potere per conto di altri. Non è assolutamente vero quello che sostengono i cosiddetti “compagni”, e cioè che si è costretti ad appoggiare gli sciamannati attualmente al governo in quanto rappresenterebbero il “meno peggio”; sarebbe altrettanto assurdo però sostenere l’esatto contrario. E’ proprio la convinzione che esista un “meno peggio” – da chiunque venga coltivata – a portarci verso il “sempre peggio”.
Vorrei commentare brevemente due-tre notizie di questi ultimi giorni, poiché sono una (certo minore) dimostrazione di quanto appena detto in merito all’equivalenza (non eguaglianza) delle posizioni dei politici “destri” e “sinistri” per quanto concerne la loro protervia, il disprezzo della popolazione e persino la mancanza di semplice senso dell’opportunità. Finalmente, sembra si riesca ad ottenere il trasferimento del magistrato di Catanzaro che indaga, fra le altre, su faccende legate alla (s)vendita dell’Italtel alla Siemens, in cui avrebbe potuto venire implicato, o almeno “toccato”, l’attuale Premier (all’epoca, presidente dell’IRI di cui faceva parte l’azienda italiana venduta). Chi legge il blog – e anche chi conosce qualche mio scritto – sa bene che cosa penso di certa magistratura e dell’operazione “mani pulite” dei primi anni novanta. Odio pure il regolamento dei conti giudiziario anziché politico; ho infatti sempre provato disgusto per l’atteggiamento, veramente ottuso e cupamente fazioso, di chi ha sempre sperato di poter liquidare un Berlusconi – ritenuto un “ladro”, senza tener conto della nutritissima schiera di imprenditori finanziari e industriali, che hanno fatto del capitalismo italiano una accozzaglia di bande “come nella Chicago degli anni ‘20” (frase ormai ben nota) – mediante l’azione mirata di magistrati conniventi con la sinistra.
Detto tutto questo, mi sembra atteggiamento miope, oltre che da “impuniti”, quello di servirsi di una serie di motivazioni di pura forma legale per impedire al magistrato di Catanzaro di mettere in luce un comportamento, che ha leso interessi economici – e non solo tali – del paese. In ogni caso, come già per le telefonate tra Consorte e i leader diessini, anch’essi di fatto salvati con escamotages di pura forma, è proprio di “cattivo gusto” rimuovere chi sta indagando su fatti non inventati, anche se non ancora indicatori della precisa colpevolezza di “potenti” personaggi in merito alla vicenda appena sopra accennata. Tuttavia, si è avuta nei confronti del ministro Mastella una inusitata solidarietà perfettamente bipartisan. E non si faccia finta di essere garantisti; si tratta proprio di un riflesso di complice difesa da parte di quella che è adesso invalso l’uso di denominare “la Casta”, i cui membri non accettano che a qualcuno venga in testa di metterli sotto i riflettori di una inchiesta, magari “a rischio” di sollevare il coperchio rispetto a poco chiare operazioni che potrebbe aver fatto uno qualsiasi di loro. La mentalità da “compagni di merenda”, l’insofferenza di fronte a domande relative al loro comportamento non limpido, sono le stesse in ogni personaggio di questo squallidissimo ceto politico, come aveva già messo in luce anche la sua abitudine ad essere ampiamente favorito nell’acquisto o affitto di case, nell’aumentarsi stipendi, rimborsi viaggi, pagamento di consulenti, vari altri privilegi in merito a innumerevoli servizi (trasporti, ristorazione, ecc.) che gli appartenenti alla “Casta” riservano a sé e a collaboratori o magari “amici”.
Personalmente, non ho grande trasporto per Grillo (non sto parlando del comico ma del “tribuno”) – per il semplice motivo che, anche se in buona fede, non credo che la sua “agitazione” vada nel senso giusto – ma certamente questi personaggi della politica sono il peggio che si possa immaginare per gestire gli “affari” di un qualsiasi paese. E non ha veramente alcuna importanza che vada al governo la destra o invece la sinistra. Per cui, anch’io non sopporto più la faccia di Prodi, non ne posso più di Padoa-Schioppa e Visco, mi fanno venire la nausea tutti i governanti al gran completo; ciononostante, non sono particolarmente interessato alla “caduta del Governo” e a “nuove elezioni” che porterebbero “altri mostri” al posto di quelli attuali. E’ necessario che maturino le condizioni per qualche svolta un po’ più radicale, pur se non so al momento predirne i lineamenti; senza tener poi conto che i tempi della “maturazione” sono tali da trasformarla in vero e proprio processo di putrefazione della società italiana e del suo arretrato sistema economico.
Il blitz con cui sono stati liberati due agenti dei servizi segreti italiani in Afghanistan non mi sembra particolarmente ben riuscito. I due agenti sono rimasti feriti (uno a rischio di vita), uno dei due accompagnatori afgani è morto (e l’altro ferito). Intanto, è disgustoso l’atteggiamento razzistico per cui i due “inferiori” non vengono quasi mai nominati, salvo che incidentalmente e solo da pochi commentatori. Questa volta però tutti – quelli che se ne stanno comodamente a casa a non rischiare nulla – hanno inneggiato alle virtù “militari” e “maschie” del Governo, che ha dato senza esitazioni il nullaosta al blitz, perché con “i terroristi non si tratta”. Si è protratta la schifosa ipocrisia per cui le truppe di occupazione sono laggiù per salvare la democrazia (come in Irak!) e per aiutare la popolazione (liberando il maggior numero possibile dei suoi componenti dalla “sofferta” permanenza in questa “valle di lacrime”). Alla TV ho sentito qualcuno (di destra come di sinistra) che ammetteva qualche cattiveria in più negli “altri”, mentre noi italiani (sempre “brava gente”) siamo in quel paese solo per una sorta di volontariato umanitario.
Non è il caso di inveire, anche perché non manca molto tempo alla punizione esemplare degli “occidentali” in quelle lande e, in tempi non secolari, nel limitrofo Pakistan (vero perno del non lontanissimo cambio di equilibri geopolitici mondiali). E’ solo da rilevare come ancora una volta, al di là delle differenze di tono, destra e sinistra siano assolutamente concordi nel lavoro di servaggio (agli USA) da compiere. Divertente (si fa per dire), in modo del tutto particolare, il ventaglio di “variazioni sul tema” messo in mostra dalla cosiddetta sinistra. Prodi e diessini indistinguibili dalle destre; la sinistra democratica del tutto comprensiva verso le esigenze del blitz; Rifondazione su posizioni di mediazione; i “comunisti” (che desolazione questa insistenza a denominarsi ancora così) che chiedono il ritiro delle truppe invece di dimostrarsi minimamente credibili, ritirandosi dal Governo e, soprattutto, votandogli contro e facendolo cadere sulla politica estera di marcato e ipocritamente ammorbidito (non però in questa occasione) asservimento alla Nato, cioè agli USA.
Ormai, la commedia delle parti di questa sinistra è la più manifesta delle vergogne da cui è affetta la politica italiana. Siamo al suo abituale comportamento opportunista e nel contempo “patriottico”; come nel lontano 1914, quando il mondo si avviò alla tragedia mentre oggi siamo ancora alla farsa (pur sempre tragica, però, con morti veri). Tanto vale che la maschera venga gettata del tutto; ma per questo occorrerebbe eliminare al gran completo il quadro politico esistente in questo paese da barzelletta. Per il momento non si vede all’orizzonte la soluzione necessaria. Però .… spesso nella storia le precipitazioni avvengono velocemente e quasi mai previste.
Altro “fatto” di politica estera che non riguarda, in tal caso, la sola Italia, bensì il quadro mondiale. Dopo una preparazione di mesi, in gran segreto e con poche notizie, gli israeliani hanno effettuato il loro ennesimo blitz (assassino) sulla Siria per distruggere un (vero o presunto?) sito atomico (o di preparazione in tal senso?). Ammesso che la notizia sia vera (e sembra proprio così), nessuno, nemmeno la Siria stessa, ha protestato in senso forte e con precisione di notizie circa l’accaduto. I giornali italiani, che hanno raccontato l’evento (nel senso dell’operazione appena citata), erano molto soddisfatti all’idea di tecnici nordcoreani sepolti sotto le macerie del bombardamento assieme ai loro “assistiti” siriani. I “superuomini” israeliani – i veri robot dell’immaginazione cinematografica di un Crichton – hanno eliminato un po’ di “subumani” asiatici e arabi. Passano i secoli, ma la mentalità colonialista dei “nostri” è sempreverde.
Tutti si dimostrano soddisfatti, in particolare, perché il non fare chiasso sull’evento in questione dimostrerebbe che tutti gli Stati (comprese Russia e Cina) sono d’accordo nella lotta al terrorismo e agli “Stati canaglia”, quindi in definitiva all’estremismo islamico, il nuovo Diavolo presentato al “pubblico occidentale” per distrarlo dalle reali crisi e devastazioni che il capitalismo mondiale sta nuovamente preparando “accuratamente”. La “distrazione” durerà ancora per un certo periodo di tempo – non però lungo in termini storici – ma va detto fin da oggi che l’interpretazione dell’impunita aggressione israeliana, e del silenzio che l’avvolge, non è quella che ne danno i commentatori superficiali e insieme canaglieschi (e lo sono ancora una volta tutti, da destra a sinistra).
Ci stiamo avviando, forse perfino con qualche accelerazione rispetto a quanto si poteva pensare fino a poco tempo fa, verso quella che definisco epoca policentrica, termine più generale che comunque ricomprende in sé la conflittualità meglio conosciuta come interimperialistica. Non esiste attualmente nemmeno il più piccolo barlume di quella che veniva definita lotta di classe; il più banale e generico conflitto capitale/lavoro è una questione di semplice competizione (più o meno aspra) redistributiva, da un secolo caratteristica dei capitalismi avanzati, man mano che questi – a partire dal primo fra essi: l’Inghilterra – hanno attraversato lo stadio agrario-industriale per addivenire a quello industriale-agrario e oggi terziario-industriale. E’ molto probabile che sia troppo generico definire con un unico termine – capitalistico – tutti i vari paesi che si vanno via via aggiungendo alla lista di quelli in sviluppo, lungo i cammini segnati dall’organizzazione economica per imprese e dalla competizione tra queste nel mercato; sarà prima o poi necessario distinguere fasi diverse di quello che un tempo fu definito “il progresso della formazione economica della società” (moderna in particolare).
E’ tuttavia sufficientemente ben definita la struttura delle relazioni internazionali – all’interno della formazione sociale globale – se si pone in luce la lotta tra “grandi potenze” per la suddivisione delle varie sfere d’influenza (e del mercato mondiale, delle aree di investimento, ecc.). Tale lotta conosce diverse fasi (o epoche): in alcune si manifesta la netta prevalenza di una delle “grandi potenze”, in altre ci si riavvia ad un nuovamente “equilibrato” scontro tra di esse per la supremazia. Va comunque rilevato che la “storia” scritta in termini geopolitici è stata tutto sommato, finora, un po’ più precisa di quella spiegata dalle ideologie interessate alla “struttura di classe” e alla lotta tra le classi. Il marxismo ha creduto di poter sopperire a tale carenza, fornendo infine lo “strumento” – non solo d’analisi teorica ma di condotta pratica – per l’emancipazione dei dominati dai dominanti; oggi, tuttavia, guardando indietro e facendo un appena sommario bilancio di un secolo di conflitti, ci accorgiamo che in definitiva la lotta per tale emancipazione è stata una “via traversa” della “Storia” per portare all’affermazione, in una serie di paesi (come appena considerato, tutti genericamente definiti capitalistici), di nuove classi dominanti di tipo particolare che, ancora una volta, si identificano con la “marcia” delle varie formazioni particolari (paesi in genere) trattati quali interi in reciproca lotta (“geopolitica”) nell’arena mondiale, occupata dalla formazione sociale globale.
Oggi, sta riprendendo vigore lo scontro – per il momento soprattutto economico e politico – tra alcuni di questi interi; in particolare, per il momento almeno, tra USA, Russia e Cina, con altri outsiders (fra i quali, non sembra proprio esserci alcun paese di una Europa “in pappe”). Il “terrorismo” e altri “fatterelli strani” vanno valutati e sempre meglio analizzati alla luce di tale crescente conflitto, tendenzialmente policentrico; tutti dovuti, in specie, alla ancora netta prevalenza militare – e buona anche in termini di avanzamento della ricerca scientifico-tecnica – degli Stati Uniti, che non possono certo essere affrontati negli stessi termini del confronto tra “potenze” a cavallo tra otto e novecento (per questo tendo a utilizzare prevalentemente la denominazione di policentrismo piuttosto che quella classica di imperialismo).
E’ però interesse dei dominanti “occidentali” – dei “padroni” statunitensi e dei “dipendenti” europeo-giapponesi – porre al primo posto l’antagonismo tra popoli e culture (e religioni), proprio per nascondere il fattore centrale rappresentato dal loro sordo, ma sempre più cogente, scontro con nuove potenze (di tipologia capitalistica). In questo compito sono purtroppo aiutati da quei rimasugli marxisteggianti (e comunistoidi), ancorati tuttora a forme sempre più sbiadite e pasticciate di terzomondismo; d’altronde, ancora più confusionari e del tutto negativi sono quelli cristallizzati nella fideistica credenza del conflitto capitale/lavoro (interno al capitalismo avanzato e di tipologia nettamente distributiva) in quanto “contraddizione antagonistica principale” dell’epoca. E’ ora di dire con estrema chiarezza che si dovrà certo riprendere quella che fu detta un tempo “analisi di classe”, utilizzando però una teoria, solo derivata dal marxismo, assai più affinata e sgrossata da molteplici tesi ormai smentite dai fatti. Nel frattempo, si deve tener nel massimo conto la lotta (geopolitica) tra paesi, aree socioeconomiche (oltre che culturali) specifiche, insomma tra interi; dando nel contempo rilevanza adeguata ai riflessi di tale lotta all’interno di questi ultimi, ma con particolare riguardo al conflitto tra gruppi dominanti: alcuni più dipendenti, altri meno o niente, rispetto ai centrali odierni (quelli USA).
Per quanto riguarda tali compiti, nulla di buono può venire dagli schieramenti definiti ormai stancamente, per pigra abitudine, destra e sinistra; ben sapendo che nell’ambito di quest’ultima, come sua ala (minoritaria) detta “estrema”, si colloca da tempo la frangia tuttora autodefinientesi “comunista”, quando non ha più nulla a che vedere con tale tradizione, che fu sempre caratterizzata dalla lotta aperta e senza quartiere contro l’opportunismo della sinistra, considerata, giustamente, una forza di totale appoggio al capitalismo nelle sue forme classico-“occidentali”. Fra l’altro, un tempo tale sinistra fu blandamente riformista, mentre è oggi schifosamente reazionaria e ipocrita in ogni suo atteggiamento di pura copertura – sceneggiata da ideologi solo assetati di servile e meschino potere – dei dominanti effettivi.
Queste le “minori” riflessioni suggeritemi dai “fatti del giorno”, che ribadiscono la totale inutilità del pendolarismo governativo tra due schieramenti di arroganti, incapaci, ipocriti, membri della cosiddetta “Casta”; si tratta di mignatte attaccate al corpo della società italiana, che ne minano le basi di una convivenza minimamente civile. Non esiste il destr-sinistr, bensì una grande infezione dalla quale sarebbe necessario guarire presto, prima del tracollo finale. Aggiungo, per evitare equivoci, che la guarigione non sta nel “centro” con appendice di “sinistra moderata”, predicato da certi ambienti confindustriali e finanziari, la parte peggiore e più malata del capitalismo italiano (e non solo). E’ un processo complessivo e assai vigoroso quello che dovrebbe mettersi in moto per ottenere la guarigione. Per quanto di assai difficile realizzazione, è a questa prospettiva che si deve guardare, smettendola con i rigurgiti del passato, che è ormai morto e deve essere infine sepolto. Si deve dire basta, non ne possiamo più, a destra e sinistra, ma anche ai residui marxistoidi e comunisteggianti che si pongono come semplice appendice della sinistra; sono i meno pericolosi, ma comunque sempre tanto perniciosi e da seppellire anch’essi.