LE ILLUSIONI COSTITUZIONALI
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La litania della non attuazione dei principi costituzionali, la ripetuta affermazione della giustezza di tali principi, se non idealisticamente (ed ostinatamente) intesa, dovrebbe condurre alla consapevolezza della complementarietà delle due dimensioni (principi ideali e loro attuazione): la mistificazione ideologica si nasconde proprio dietro l’incomprensione di questa complementarietà. Dire e disdire fanno parte di un medesimo campo. La mancata attuazione non è stata dovuta ai rapporti di forza sfavorevoli (data la continuità dell’apparato statale), ma all’inverosimilità delle norme qualora esse
contrastino con le esigenze di manovra dello Stato, in rapporto alla funzione che svolge dentro una formazione sociale particolare (particolare sia relativamente ai suoi assetti interni che alla sua collocazione geopolitica nella formazione sociale mondiale in una data fase).
contrastino con i vincoli riproduttivi di una formazione sociale informata dai criteri capitalistici.
Diciamo di più le ‘illusioni costituzionali’1 hanno consentito ai dominanti di dissimulare meglio il loro dominio reale, mentre ha impedito ai dominati di disporre di un orientamento verso lo Stato non impregnato di superstizione, incantamento, integrazione.
La ‘bella libertà’ (da cui sono stati esentati coloro che dentro i luoghi di lavoro sono stati confinati e perseguitati e coloro che sono stati uccisi durante episodi di conflittualità sociale) non è dovuta tanto ai principi costituzionali, ma alla fase monocentrica unitamente alla collocazione geopolitica della formazione sociale italiana dal secondo dopoguerra fino al colpo di Stato giudiziario denominato ‘Mani pulite’.
Il modello della critica consiste sempre nella rivendicazione del rispetto di principi positivi, a fronte di un’applicazione normativa e l’assunzione di linee politiche divaricanti da essi senza venire mai sfiorati dal dubbio della complementarietà fra gli alti principi del marxiano citoyen astratto-formale e le norme e politiche concretamente capitalistico-reali: anche questo è un sintomo del regresso, teorico e politico, non piccolo provocato dalla debacle del marxismo. Eppure già il famoso ‘Marx giovane’ criticava con forza l’universalismo ed il vuoto formalismo dello Stato sostenendo che: “Lo Stato sopprime nel suo modo le differenze di nascita, di condizione, di educazione, di occupazione, dichiarando che nascita, condizione, educazione, occupazione non sono differenze politiche, proclamando ciascun membro del popolo partecipe in egual misura della sovranità popolare, senza riguardi a tali differenze, trattando tutti gli elementi della vita reale del popolo dal punto di vista dello Stato. Nondimeno lo Stato lascia che la proprietà privata, l’educazione, l’occupazione operino nel loro modo ….Ben lungi dal sopprimere queste differenze di fatto, lo Stato esiste piuttosto solo in quanto le presuppone, …, e fa valere la propria universalità solo in opposizione con questi suoi elementi.”
Ci troviamo davanti ad un doppio vuoto formalistico: i dominanti, nella versione del centro-destra o del centrosinistra, invece di avere e porsi come priorità il rilancio sistema-paese blandiscono le ‘Riforme costituzionali’ come soluzione giuridica di problemi che invece hanno una natura strutturale, e al contempo la cosiddetta ‘sinistra radicale’ o la sinistra che si pone come anticapitalista si attarda nella riproposizione della difesa della
1 La dizione è riconducibile a Lenin : “le illusioni costituzionali che la borghesia monarchica diffonde nell’attuale fase della rivoluzione democratica” Bilancio del Congresso 1906.
2 Marx ‘La questione ebraica’ Einaudi pag 365
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Costituzione (dimenticando ad esempio—ma è paradigmatico—che la presenza dell’osannato articolo 11 non ha impedito la partecipazione dell’Italia in prima fila alla vile ed assassina aggressione alla Jugoslavia…).
Sarcasticamente persino il politologo Calise, sbotta: “La montagna di analisi e dibattiti prodotta in questi dieci anni ruota ossessivamente intorno a un unico scenario obbligato: perché non siamo ancora riusciti a trasformarci nella copia di Westminster.” 3
Per affrontare la rappresentazione ideologica costituzionale propongo il seguente breve percorso: nelle biblioteche, personali o pubbliche, vi sono dei testi che, pur con limiti profondi—che devono essere oggetto di critica, ma in avanti—almeno indicavano punti che si poteva presumere, almeno sul piano conoscitivo, di non ritorno indietro.
I primi libri che segnalo in questa pretestuosa recensione in ritardo storico, sono due e cercavano di demistificare le rappresentazioni sia del testo costituzionale stesso che quelle che il PCI in primis ha sostenuto e diffuso. E’ sintomatico che appartenessero ad una collana denominata ‘Diritto e capitale’. Il suggerimento di chi scrive non è ovviamente quello di rileggere in toto questi volumi (che contengono parti ampiamente superate dal punto di vista di una nuova teoria critica della formazione sociale capitalistica) ma di aver presente nella memoria teorica qualche acquisizione irreversibile—pena il regresso inarrestabile — per evitare non solo di scoprire la famosa ‘acqua calda’, ma in questo caso evitare di scoprire l’‘acqua’ in quanto liquido. Altrimenti si genera la percezione di essere all’anno zero, non quello di santoriana memoria, che dal punto del nostro discorso, zero è e zero rimane…, ma quello delle macerie del film di Rossellini ‘Germania anno zero’.
1. A proposito della genesi storica del testo costituzionale, il primo libro, opera di un funzionario parlamentare, ’Ideologie costituzionali della sinistra italiana (1892-1974)’, cercava, anche con un’impostazione moderata dal punto di vista marxista, di ricostruire rappresentazioni ideologiche e pratiche politiche delle forze politiche comuniste e di sinistra, rispetto al rapporto con le forme di Stato della vicenda storica italiana dalla fine dell’ottocento agli anni ’70 del novecento.
Rispetto al processo costituente l’autore evidenzia come “le sinistre—i comunisti in modo particolare—abbiano sottovalutato l’importanza della tematica più propriamente istituzionale, a vantaggio delle dichiarazioni programmatiche. Non solo questo fu l’atteggiamento del PCI di allora: ma anche retrospettivamente, è a questa seconda parte della costituzione che il PCI ha ricollegato in modo diretto il giudizio sull’importanza dell’intero documento programmatico, che traccia una prospettiva di sviluppo del nostro Stato repubblicano’ (Togliatti). E’ pertanto importante rendersi conto e di quanto effettivamente sia non sia avanzata questa parte della carta costituzionale, e di quanto sia effettivamente importante che a questi determinati principi venga dato un formale riconoscimento di questo tipo; e infine, del come questa valutazione (o sopravvalutazione) di parte comunista si inserisca in una certa impostazione politica… Quanto al primo punto…sembra profondamente errato, e quindi pericolosamente mistificatorio, affermare che per questa sua parte la nostra costituzione segna un salto qualitativo rispetto ad altre esperienze recenti del costituzionalismo democratico borghese.”4
A differenza degli esponenti del PCI “Chi si oppose strenuamente all’inserimento nella
costituzione di queste dichiarazioni programmatiche, …, fu Calamandrei, che….criticò…il
modo della formulazione di quelle disposizioni. ‘Questa parte della costituzione—egli
3 Calise ‘Il partito personale’ Laterza editore pg 4
4 Petta ‘Ideologie costituzionali della sinistra italiana (1892-1974) Savelli 1975 pg 101
/A> LEFT Il PCI, paradigmatico un articolo di Sereni comparso su Rinascita dal titolo ‘Illusioni costituzionali’, attribuì alla credenza nelle promesse del testo costituzionale da parte di ampi strati popolari e nelle manovre della DC, la curvatura in direzione reazionaria della costituzione. Petta commenta questo indirizzo del PCI nel seguente modo: “affermazioni stupefacenti, che lasciano intendere che la fede nella Costituzione fosse un dato spontaneo della coscienza popolare, e non un frutto pazientemente coltivato dalla propaganda del PCI”.7
2. A proposito dei contenuti del testo costituzionale, il secondo libro, opera di un professore di diritto costituzionale, avvertiva già nella prefazione che “Vi è nel movimento operaio italiano, e occidentale in generale’ una singolare situazione schizofrenica, per cui quando si commentano Marx o Lenin, …, o si parla dello Stato in generale, bene o male (per la verità più bene che male, perché molto spesso sottili mistificazioni cominciano già su questo piano) vengono riprese ed esposte le tesi fondamentali della tradizione marxista; quando invece si parla del contingente, dello storicamente attuale, della Costituzione … quelle categorie scompaiono, per essere sostituite da altre, schiettamente borghesi. Il modo volgare e acritico con cui entro il movimento operaio continuano ad essere spacciate per vere e valide le mistificazioni ideologiche della Costituzione (sul lavoro, la sovranità popolare, …,sull’interesse generale e così via) ne è la riprova.”8
Come esempio paradigmatico di un punto di irreversibilità propongo l’apertura dell’analisi svolta dal testo su i rapporti tra la Costituzione e la forma Stato, il cui primo paragrafo titola significativamente:’La Costituzione cerca di nascondere l’essenziale dello Stato’. Questo perché “La caratterizzazione usuale della forma di Stato vigente oggi nella Repubblica italiana è di essere una democrazia rappresentativa, cioè una forma di Stato in cui il potere appartiene al popolo, che lo esercita però ‘nelle forme e nei limiti della Costituzione’ (art. 1), attraverso i suoi rappresentanti elettivi. […] Tutte queste definizioni sono un seguito di sottili mistificazioni.
La prima mistificazione è nella stessa categoria di popolo, recepita acriticamente dalla
nostra Costituzione come categoria semplice e di per sé evidente che non abbisogna di
analisi ulteriore e non nasconde problemi. Come nelle categorie, nel concetto pensato, il
5 idem pag 103
6 idem pag 117
7 idem pag 120
8 Rescigno ‘Costituzione italiana e Stato borghese’ Savelli 1977 pag. 9
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popolo si presenta come uno, così nella realtà il popolo è unità: questo vuol suggerire l’ideologia dominante e la Costituzione, che di tale ideologia è la traduzione normativa. In tal modo si dà già per dimostrato, …, che l’insieme dei cittadini è il popolo e proprio perché popolo è un reale soggetto unitario che ha una volontà generale e interessi fondamentali comuni. Si consuma fino in fondo il tentativo dimenticare e metter da parte le contraddizioni di classe, di ricomporle in una superiore unità e armonia, in una comunanza fondamentale di interessi […] La mistificazione si coglie in pieno quando dall’altezza dell’ideologia bisogna scendere alla prosa pratica e il popolo si scopre come corpo elettorale, cioè come massa informe di milioni di individui casualmente accozzati nei collegi elettorali, il cui unico compito e la cui unica realtà come corpo unitario è quella di deporre una scheda dentro un’urna. Al di fuori di questa cerimonia il corpo elettorale non esiste, e al di fuori del corpo elettorale il popolo, giuridicamente e in pratica, non esiste. ”9
L’autore denunciava un’ulteriore mistificazione che “sta nel caratterizzare come rappresentativo il potere politico solo perché alcuni elementi di questo potere sono eletti dal popolo (in realtà dal corpo elettorale). Si pretende in tal modo di far divenire rappresentativo del popolo tutto l’apparato del potere, invertendo nella coscienza ciò che accade nella realtà, nella quale sono i pochi rappresentati del popolo (in realtà dal corpo elettorale) a cambiare la natura del gigantesco apparato statuale separato e scisso dal popolo, ma al contrario è proprio questo gigantesco apparato indipendente e sovrano sul popolo che assorbe e riduce alla propria misura i pochi rappresentanti eletti dal popolo. Non è l’ideologia della Costituzione (‘il popolo sovrano’) che spiega lo Stato, ma la realtà dello Stato che spiega l’ideologia della Costituzione.”10
3. La rinascita di ideologie costituzionali, anche eventualmente ammantate di presunto anticapitalismo, non solo rimuove quanto sopra ma ambisce a coagulare forze per entrare entro quelle stesse istituzioni, per far assumere loro la forma che corrisponda alla loro idealità decantata. In questo tali ideologie si allineano con ciò che vanno sostenendo studiosi interni all’ideologia giuridica dominante. Questi, seppur molto timidamente, riconoscono che la configurazione ed il funzionamento reale delle istituzioni capitalistiche è ben distante e perfino opposto alle formulazioni contenute nei principi costituzionali, ma poi pensano che questo tipo di funzionamento sia una deviazione dal modello ideale, per cui è sempre possibile un uso diverso degli stessi apparati. La demistificazione deve partire dalla descrizione delle istituzioni capitalistiche fatta da taluni studiosi, quando si approssima maggiormente alla realtà dei fatti: un esempio per tutti è quello relativo al Parlamento (o ‘Pappamento’ come lo definiva Tognazzi nel lontano nel film’I mostri’)11. Si trova in un paludato testo di diritto costituzionale la seguente rappresentazione del ruolo dei parlamenti: “Le aule parlamentari non sono più l’unico o il principale centro di comunicazione e di dibattito politico essendo a esse affiancati altri strumenti di comunicazione, in particolare i mass media, che riescono a ‘fare opinione’ talvolta più di un dibattito parlamentare.” [ … ] per cui mentre “il parlamento continua a rimanere la sede privilegiata per le decisioni riguardanti microinteressi (soprattutto attraverso l’attività delle commissioni parlamentari) assumono un crescente rilievo altre sedi istituzionali (comitati di ministri, authorities, banche centrali, e, soprattutto nei paesi dell’unione Europea, organizzazioni sovranazionali) in cui si concentrano decisioni relativa ai ‘macrointeressi’.” [ … ] con la conseguenza che “l’affermarsi, con fasi alterne di successo, di pratiche neocorporative porta a privilegiare le forme consensuali degli agreements, del contratto,
9 idem pag 35-36
10 idem pag 36-37
11 A. Barbera ‘I parlamenti’ Laterza editore pag 97-98
/A> In altro un testo che analizza dettagliatamente l’effettivo svolgersi del processo parlamentare italiano si segnala la discontinuità relativa all’indebolimento del ruolo del parlamento dovuta a fattori come: “il rafforzamento, mediante la sottrazione delle aree di competenza, dell’esecutivo come centro propulsore della normazione (…);l’autonomia delle commissioni dalle logiche di schieramento partitico; l’aumento della professionalizzazione dei membri delle commissioni….”12 E delinea poi lo strutturarsi delle commissioni come ‘networks individuali’ dalle “caratteristiche istituzionali dell’agire e del decidere in comitati ristretti …laddove è ulteriormente diminuita la capacità delle forze politiche di individuare, chiare e costanti preferenze di valore sulle singole issues di politica pubblica.”13
Da ultimo, ma non per importanza, a proposito della mistificante ‘divisione dei poteri’ ed in rapporto alle modalità formalmente previste e sancite per il ricambio dei vertici degli agenti politici, in una ‘Guida alla Costituzione’ si fa invece presente che dopo l’operazione Mani Pulite “i partiti artefici del patto costituzionale del 1948 si trasformano o si dissolvono e ben presto viene meno la funzione del parlamento quale organo di indirizzo politico.”14 Questa stessa operazione Mani Pulite definita come “la decapitazione giudiziaria del ceto di governo” 15 perché “la via giudiziaria al ricambio del ceto politico è stata una delle caratteristiche della transizione italiana dalla Prima alla Seconda Repubblica”16, ed ha comportato “l’ascesa della magistratura al centro del sistema politico che è,…, l’effetto più emblematico della crisi della democrazia elettorale come procedura e sistema per la soluzione dei conflitti.” 17
Per concludere, si è visto come sia la critica antiformalistica della retorica costituzionale, che la genesi della Costituzione, l’analisi dei suoi presupposti ideologici, la descrizione del funzionamento reale degli apparati da essa delineati ci conduce althusserianamente ad respingere con forza l’ “illusione giuridica della politica: giacchè la politica viene definita attraverso il diritto e questo diritto consacra (e solamente) le forme della politica definite dall’ideologia borghese”18
12 M. Capano-M. Giuliani ‘Parlamento e processo legislativo in Italia’ Mulino editore pag. 410
13 idem pag 419
14 Cantaro-Pietrangeli ‘Guida alla Costituzione e alla sua riforma.’ Editori riuniti pag 69
15 Calise ‘La costituzione silenziosa.’ Laterza pag 21
16 idem pag 123
17 idem pag 121
18 Althusser in ‘Discutere lo Stato’ De Donato pag 13
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