Le mosse cinesi per l’energia, nel Mar Cinese Meridionale
[traduzione di Piergiorgio Rosso da: China’s Energy Moves in the South China Sea | www.stratfor.com]
La CNOOC (China National Offshore Oil Corp.) il 25 giugno ha annunciato l’intenzione di aprire nove blocchi di esplorazione offshore di petrolio, in associazione con compagnie estere. Per Pechino assicurarsi le sue rivendicazioni territoriali nel Mar Cinese Meridionale va di pari passo con lo sviluppare le risorse energetiche della regione. La strategia di lungo termine cinese prevede il controllo del Mar Cinese Meridionale, e le sue cruciali rotte marittime, ma per farlo deve prima contrastare e superare le pretese delle nazioni confinanti. Negli ultimi anni Pechino si è rivolta all’esplorazione marittima come un mezzo per dare concretezza fisica alle rivendicazioni territoriali. Nonostante gli sforzi di inquadrare l’esplorazione marittima nell’ambito di attività di cooperazione internazionale (e così neutralizzare le tensioni politiche), la mossa di Pechino molto probabilmente inasprirà la competizione regionale rispetto alle risorse energetiche (…).
Analisi
Dei nove blocchi esplorativi che saranno aperti ad operazioni congiunte, sette sono collocati nel bacino Zhongjiannan e due nei bacini Wan’an e Nanweixi, coprendo un’area di 160.000 kmq. Da notare che tutti i blocchi sono sul confine ovest della linea-9, che demarca le acque rivendicate dalla Cina e si sovrappone allo spazio di 200 miglia nautiche della zona economica esclusiva del Vietnam. Subito dopo il comunicato, il Vietnam ha condannato la mossa e chiesto a CNOOC di ritirare l’invito, osservando che tale gara avrebbe violato la sovranità territoriale vietnamita.
I traguardi tecnologici cinesi
Come una delle tre maggiori compagnie energetiche statali e leader nell’esplorazione marittima di petrolio e gas naturale, CNOOC è essenziale per gli sforzi cinesi tesi a sostanziare le rivendicazione territoriali nel Mar Cinese Meridionale. Ad oggi sono state eseguite solo limitate attività esplorative in acque profonde, in larga parte a causa delle tensioni politiche esistenti da tempo. Ma negli ultimi anni la competizione ha subito un’accelerazione quando nazioni come Vietnam e Filippine hanno intensamente cercato partenariati con compagnie straniere dotate della tecnologia necessaria e la Cina, a sua volta, ha costruito la sua propria capacità tecnologica. In linea con la strategia di Pechino, CNOOC ha orientato i suoi sforzi negli ultimi anni verso lo sviluppo delle sue capacità di esplorazione in acque profonde. Affiancando compagnie occidentali, CNOOC ha espanso significativamente i suoi traguardi tecnologici che, a loro volta, hanno allargato la capacità di Pechino di esercitare le sue rivendicazioni strategiche nella regione. In particolare il recente avvio del pozzo 981 di CNOOC in acque ultra-profonde, fino a 3000 m sotto il mare, è diffusamente visto come un supporto sostanziale alle ambizioni esplorative cinesi nel Mar Cinese Meridionale. Vietnam e Filippine devono invece ancora far conto su joint ventures con compagnie occidentali più avanzate per sviluppare le risorse offshore di petrolio e gas.
Implicazioni
Le crescenti capacità tecnologiche di CNOOC la mettono in una posizione di vantaggio rispetto a Vietnam e Filippine. In modo simile a queste nazioni, la Cina iniziò le esplorazioni della regione attraverso joint ventures con compagnie straniere (cominciando nel 1992 con Crestone Energy di Denver) nello sforzo di sviluppare le capacità tecnologiche necessarie a portare avanti esplorazioni in autonomia. Questo ha permesso di competere più efficacemente con il Vietnam nell’esplorazione della regione.
In questo sfondo, le capacità esplorative di CNOOC hanno anche supportato la strategia cinese in relazione alle esplorazioni congiunte nelle aree in contenzioso, forzando le altre nazioni a riconsiderare i loro piani volti ad escludere la Cina dai progetti di esplorazione congiunta. Qui entra in gioco il recente annuncio di CNOOC. In superficie l’esplorazione congiunta sembra un’offerta di conciliazione. Ma questa offerta ha un prezzo: con le compagnie statali cinesi che segnano la strada, mettendo a disposizione il grosso dei fondi e della tecnologia e creando la maggior parte delle infrastrutture, la mossa rafforzerà significativamente le rivendicazioni cinesi a scapito dei paesi confinanti. Altre nazioni saranno invitate a dare una mano ed ottenere in cambio qualche beneficio ma alla fine la Cina metterà a disposizione, impianti, fondi e forza lavoro. E quando l’impianto avrà bisogno di difesa o protezione, sarà la marina cinese, non quella del Vietnam che vi farà rotta.
In breve, l’accettazione da parte della altre nazioni di un accordo di tale specie, implicherà il riconoscimento dell’autorità cinese su quelle acque, di fatto consentendo alle rivendicazioni territoriali cinesi. Questo pone le altre nazioni davanti ad un dilemma, poiché a fronte della superiorità militare cinese, esse dovranno o rinunciare alla sovranità, se accettano l’accordo, o rinunciare al petrolio e gas naturale.
La mossa di CNOOC quindi pone le basi di quella che potrebbe diventare una minaccia diretta al primario imperativo strategico del Vietnam moderno: mettere in sicurezza le acque che bagnano le sue lunghe coste. Non solo il Vietnam fa conto su quelle acque per praticamente la totalità delle sue risorse energetiche e di pesca (una fonte importante di cibo e lavoro), ma inoltre guarda ad esse per compensare le attuali riserve costiere che cominciano a declinare. Più importante ancora, forse, è la centralità di quel mare come via vitale di commercio. Anche se un embargo cinese sulle acque attorno al Vietnam è altamente improbabile – anche nell’eventualità in cui la Cina si dovesse imporre unilateralmente nella regione – esso costituisce un’emergenza per la quale Hanoi deve comunque prepararsi.
Contesto immediato
L’annuncio di CNOOC non è stata una sorpresa, ma dopo mesi di dispute territoriali fra Cina e le altre nazioni litoranee nel Mar Cinese Meridionale esso riconferma la crescente importanza delle compagnie statali cinesi come strumenti della politica internazionale di Pechino. Più importante ancora, esso segue direttamente due sviluppi fondamentali dopo il 21 giugno. Dapprima è venuta la ratifica formale da parte del Vietnam della Legge Marittima, posta dai leaders vietnamiti come formale riasserzione delle rivendicazioni legittime vietnamite nel Mar Cinese Meridionale conformemente alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla Legge del Mare. Mentre la legge ONU è il principale apparato del diritto marittimo internazionale, esso è largamente impotente nel risolvere dispute correnti.
Proprio nel momento in cui Hanoi ratificava la sua nuova legge marittima, Pechino preparava il suo nuovo annuncio: fondare una nuova città chiamata Sansha sull’isola Yongxing nelle Paracel. Secondo Pechino la nuova città costituirà il centro amministrativo delle tre maggiori isole nelle Paracel, Spratley e Macclesfield Bank. Considerato che tali isole stanno proprio di fronte al punto debole, geopoliticamente, di Hanoi (il lungo, sottile e sottopopolato territorio che collega il nord e sud Vietnam), ogni mossa cinese che concretizzi ulteriormente il controllo di queste isole, pone una potenziale minaccia alla sovranità vietnamita.
Se da un parte tali due annunci ci danno il contesto immediato dell’annuncio di CNOOC del 25 Giugno, essi vanno meglio interpretati nel contesto dell’aumento generalizzato della tensione nel Mar Cinese Meridionale, non solo con il Vietnam ma anche con le Filippine e, con minore intensità, con altre nazioni come Taiwan, Malesia e Brunei. Pechino continuerà ad utilizzare CNOOC sia per supportare le rivendicazioni territoriali che per migliorare la presa della Cina sulle risorse energetiche del Mar Cinese Meridionale, il che, d’altra parte, inasprirà la competizione fra la Cina e gli altri protagonisti regionali.