LE PROSPETTIVE DEL GRUPPO ENI E LO SCORPORO DI SNAM
In un articolo sul Corriere, di fine aprile, (26.04.2012-Gabriele Dossena) si tratta dell’attuale situazione dell’Eni in riferimento alle nuove possibilità di sviluppo all’estero e in particolare verso Est. La società guidata da P. Scaroni ha siglato alcuni giorni fa un importante accordo con il gigante statale russo Rosneft, che secondo dati recenti sarebbe ora il primo produttore petrolifero mondiale avendo superato anche la Exxon-Mobil. L’intesa riguarderebbe lo sviluppo congiunto di
<<licenze esplorative nell’offshore russo del Mare di Barents e del Mar Nero, oltre allo scambio di tecnologie e personale e all’acquisizione, da parte di Rosneft, di partecipazioni Eni in progetti internazionali>>.
Nonostante i problemi seguiti alla guerra libica e al ridimensionamento della quota Eni nel progetto del gasdotto South Stream – per il subentro di partecipazioni tedesche e francesi, nella partnership con il colosso russo Gazprom – l’a.d. Scaroni si manifesta soddisfatto delle attuali prospettive che riguardano anche altre due iniziative:
<<Siamo soci con Gazprom nel gasdotto Blue Stream, che lega la Russia alla Turchia […]; abbiamo avviato produzioni nostre nella penisola dello Yamal-Nenets, nella Siberia occidentale, proprio la scorsa settimana, e siamo diventati produttori di idrocarburi in Russia>>.
Per la nuova alleanza con Rosneft l’azienda italiana ha battuto compagnie straniere americane, cinesi e norvegesi grazie soprattutto – secondo le parole dello stesso presidente della società russa – alle sue capacità tecnologiche e alla sua grande esperienza nell’offshore; Eni e Rosneft costituiranno tre joint ventures (1) , partecipate da Eni con una quota del 33,33%, per lo sviluppo congiunto delle licenze. Rosneft rimarrà titolare delle licenze mentre Eni finanzierà l’esplorazione. I risultati che la nostra azienda di punta potrà ottenere saranno, quindi, legati alla capacità di esprimere livelli alti di qualità nella competenza del personale e nell’innovazione tecnologica; in un paese, come il nostro – dove l’export viene trainato fondamentalmente dalle piccole e medie imprese creative – si tratta di un eccezione da preservare all’interno di un settore industriale scarsamente competitivo. D’altra parte questi ultimi risultati possono, secondo noi, essere stati favoriti dal momentaneo clima di “non-belligeranza” tra Usa e Russia, come evidenziato dallo sviluppo delle sommosse e guerre in nord-Africa, dove Cina e Russia non hanno praticamente opposto “resistenza”, e dallo stallo della situazione in Siria dove gli occidentali sono intervenuti limitandosi ad iniziative di intelligence e di “infiltrazione”. La nascita del governo Monti, praticamente “comandato” dall’amministrazione Usa, e guidato da un loro fedele “dipendente” ha inoltre rassicurato la superpotenza d’oltreoceano sul “controllo” a cui le nostre imprese di punta, partecipate dallo stato, saranno sottoposte.
Intanto, qui in Italia, fervono le polemiche sullo scorporo, dal gruppo Eni, della holding delle infrastrutture Snam. Così scrive a questo proposito Massimo Mucchetti sul Corriere (06.05.2012) in riferimento alla possibilità che il controllo di Snam passi alla Cassa depositi e prestiti (Cdp):
<<Com’è noto, l’Eni deve cedere il suo 52% di Snam sulla base di un decreto che verrà formalizzato entro maggio. […]Alcuni giornali italiani – dal Sole 24 ore al Messaggero – contestano la Cdp e sostengono l’idea di Terna (2) che compra il 29,9% di Snam [garantendosene il controllo. N.d.r.] con due argomenti: con la Cdp a cassetta, si rinazionalizzerebbe Snam, mentre con Terna no; b) con la Cdp, azionista di Eni e Snam, ci sarebbe conflitto d’interessi e si cita l’Antitrust di Catricalà, che costrinse la Cdp a cedere (al Tesoro) la quota Enel per potersi tenere Terna in omaggio al principio della separazione tra produzione e infrastrutture di rete>>.
Mucchetti osserva giustamente che Snam non è mai stata privatizzata e quindi non può essere nazionalizzata e comunque la situazione che si creerebbe se Cdp “prendesse” Snam, e che auspichiamo si realizzi, vedrebbe coesistere Cdp (il cui 30% è in mano a soggetti privati come le fondazioni), Eni, Snam, Enel e Terna sotto l’unico tetto del ministero dell’Economia, azionista di ultima istanza e autore di quasi tutte le nomine. Anche se l’attuale governo italiano è, come abbiamo più volte ricordato, quello dei “cotonieri” subdominanti che ci hanno quasi ridotto a una“colonia” dei predominanti statunitensi (e dei loro “maggiordomi”) rimane, comunque, importante che non si arrivi ad una disastrosa privatizzazione – con svendita e successivo disfacimento delle potenzialità produttive, tecnologiche e imprenditoriali accumulate – di queste grandi imprese del settore energetico che potrebbero in futuro servire a mantenere o recuperare posizioni all’interno del conflitto multipolare globale.
(1) In economia aziendale una joint venture, in italiano una società mista, è un accordo di collaborazione tra due o più imprese, la quale unione definisce un nuovo soggetto giuridicamente indipendente dalle imprese co-venturer (se si parla di incorporated joint venture; qualora invece l’affare non dia vita ad una nuova azienda con propria personalità giuridica si parlerà di unincorporated joint venture oppure contractual joint venture).
(2) Terna – Rete Elettrica Nazionale Società per Azioni (acronimo Terna S.p.A.) è la società responsabile in Italia della trasmissione dell’energia elettrica sulla rete ad alta e altissima tensione su tutto il territorio nazionale e del dispacciamento. Con oltre 63.500 km di linea è il primo operatore indipendente in Europa e il sesto al mondo per chilometri di linee gestite.
Mauro T. 06.05.2012