Lettera chiusa a Michele Serra

Michele-Serra

Ciao Michele Serra,
ho appena letto il tuo messaggio (https://www.facebook.com/photo.php?fbid=136259176428042&set=a.136259173094709.35727.136259119761381&type=1&theater), il tuo grido di dolore, la cifra della tua indignazione, l’imbarazzo che ti coglie a causa della deriva di questa nazione che non paga le tasse, che passa col rosso, che va in vacanza senza spendere un euro grazie agli intrallazzi premio, che compra l’automobile (possibilmente suv), la casa, la barca con soldi non suoi e, comunque, a sua insaputa, che va a mignotte e non rispetta le donne, i bambini e gli anziani, che eccepisce legittimi impedimenti ed accampa scuse banali per non presentarsi in tribunale, che allestisce battaglie campali, con un esercito di scimmioni ammaestrati e di zoccole retribuite, per non andare in galera, che ricusa i giudici che gli stanno antipatici, che non ha il garage e parcheggia in doppia fila (solo perché il marciapiede è già occupato), che non rilascia ricevuta fiscale né fattura (ma di fatture e di bestemmie quante ne vuoi), che si condona la piscina, la villa in collina e la stanza sugli scogli, che esporta capitali per nasconderli al fisco, che vive di sotterfugi, che guarda di sottecchi, che non frequenta i mozzorecchi togati, che crea fondi neri, che ruba, che bara, che imbroglia, che non legge un libro (figuriamoci il tuo giornale), che impreca al mare, che sporca in montagna, che guida senza rispetto, che si beffa del prossimo, che ripudia il diverso, che ne combina cento trescandone mille, senza un minimo di educazione e di senso civico.

Scusa, Michele, se ti abbiamo urtato e sconfortato con la nostra italianità che non a caso fa rima con volgarità. Eppure, sai Michele, credevamo che le problematiche gravi dell’Italia fossero le speculazioni della finanza, rossa, nera, bianca e a stelle e strisce, i privilegi delle classi dominanti, delle cooperative, dei sindacati, delle lobbies, delle consorterie partitiche, le manovre infide dei farabutti che vogliono svendere il patrimonio statale, i giochetti sporchi dei governanti di ogni colore politico che ci succhiano il sangue e ci privano delle speranze, la disinformazione della stampa servile e superficiale. Che imbecilli che siamo, ci siamo fatti ingannare dalla realtà.

Si vede che abbiamo abbassato troppo il tiro, mentre tu, che sei un’aquila, ci hai innalzati alle grandi questioni del tempo (perso). In questo senso, allora, è vero quello che scrivi, siamo irrecuperabili. Tuttavia, se partirai non te ne vorremo ed, anzi, ci sforzeremo di capire il tuo disagio interiore con quella sensibilità che non ci riesce di esprimere nelle occasioni elencate nel tuo “cahier de redondances” .

Ti faremo un monumento e ti porteremo quale esempio anche per gli altri che continueranno a lagnarsi. Ti assicuro, però, che non lo facciamo di proposito, siamo così rozzi e plebei per istinto e non per vocazione. C’ è che, in qualche modo, dobbiamo pur arrangiarci per sopravvivere alla buoncostume. Se mi permetti, ti potrei consigliare qualche luogo ameno per il tuo buen retiro, un paradiso lontano dove potrai coltivare indisturbato ed inascoltato i pregiudizi che hai seminato e somatizzato per tutta la tua esistenza, dispensando buoni consigli per coprire le cattive azioni. Non credere alla favola della Svezia o della Norvegia, o di altre presunte democrazie ordinate sulle quali i tuoi compagni di partito e di giornale hanno spesso ricamato per farci sentire inadatti e ridicoli.

Lì dissimulano troppo, fingono di essere calmi e cortesi ma alla fine esplodono e ti ritrovi morto ammazzato per mano di un Breivik qualsiasi. Se anche loro, invece di essere così perfettini, si lasciassero andare a qualche intemperanza ogni tanto ci sarebbe qualche ingorgo stradale in più e qualche eccidio in meno. Converrai con me che una rissa per il parcheggio è sempre meglio di una strage. Come diceva Carmelo bene, l’umanità del vicino sembra più progredita ma se la guardi bene è sempre la stessa fossa biologica. Dunque, dicevo, potresti provare con qualche isola sperduta e disabitata dove smetterai di sentirti un perseguitato dagli sgarbati. Solo soletto realizzerai che si stava meglio quando si stava peggio e morirai abbracciato, per ironia della sorte, all’ultimo dei cliché che avevi sempre disprezzato.
Caro Michele, prima di andare a quel paese, vorrei chiederti un piccolo favore. Potresti portare con te anche Massimo Gramellini?