LETTERA DI MORTE

L’ abito economico italiano si sta restringendo troppo e tirando le maniche o i calzoni da una parte e dall’altra non diventeremo più presentabili né, tanto meno, saremo meglio riparati dai venti della crisi. La situazione è grave ma le imbastiture e le toppe che il governo ci sta mettendo sono peggio degli squarci sul sedere che ci ritroviamo. Approfittando di quest’ultimi tentano di rifilarci di tutto nel vano posteriore, facendoci credere che le loro “misure” dolorose (per noi ma non per loro che campano, e dove sennò, alle nostre spalle) siano necessarie a non finire a testa in giù sui mercati. Ma piegati con il deretano esposto alle brame altrui già ci siamo e ci resteremo finché costoro non comprenderanno che la politica economica non si fa solo con la calcolatrice, muovendo e spostando risorse da un capitolo all’altro del bilancio pubblico, quanto piuttosto rilanciando i settori strategici e attivando piani industriali di crescita e d’innovazione. Poiché sono miseri bottegai e non grandi atelieristi non sanno minimamente come applicarsi su tali modelli di sviluppo e preferiscono darsi alla bassa sartoria del taglio e del cucito sugli scampoli sfilacciati in vendita nelle bancarelle dei mercati rionali. Ed è proprio questo che stanno facendo, vogliono dimostrare ai nostri partner comunitari che l’Italia accetta un ruolo sdrucito candidandosi ad essere periferia che non punta gli spilli sulle prerogative altrui. Adesso vorrebbero anche darci a bere che una letterina come quella inviata da Berlusconi all’Ue, piena di cattive intenzioni  e vuota di qualsiasi contenuto che non sia una mera minaccia agli attuali livelli (peraltro degradati da anni di malgoverno)  di vita italiani sia sufficiente a placare gli appetiti speculativi sulle nostre teste. Il nostro Presidente del Consiglio sta soltanto dichiarando all’Europa la sua disponibilità a non ostacolare le mire politiche ed economiche espansionistiche di Francia e Germania che hanno deciso di prenderci per il collo della camicia e di trascinarci ai loro piedi. Leggendo questa supplica epistolare se ne ricava esclusivamente una sensazione di sconforto e d’impotenza laddove le nuove ricette sono le stesse che ci hanno consunto le braghe per un ventennio:  dai rapporti di lavoro a tempo parziale, ai contratti d’inserimento, dai licenziamenti più facili al nodo pensioni che, secondo lor signori, dovrebbero assicurare una maggiore tenuta e flessibilità del sistema. E saremo, da quel che si capisce, ancor più di manica larga nell’aprire i nostri forzieri industriali esponendoli alla concorrenza estera. Noi con le mani in alto e i nostri agguerriti competitors a mani basse sui tesori nazionali. La patria svenduta ai cravattari di Bruxelles! Che si tratti dell’ennesima truffa ai danni del popolo lo rivela, inequivocabilmente, l’ atteggiamento mistificante sulla questione previdenziale che diventa l’emblema del sacco contro la Penisola. Nonostante non siamo lo Stato dove si lascia prima il lavoro, essendo anticipati proprio da chi ci impone questa riforma (età media di pensionamento in Francia sotto i 60 anni ed in Germania, con tutti i cambiamenti approvati, nel 2020 i lavoratori prenderanno l’assegno previdenziale 14 mesi prima degli italiani) giornali e politici nostrani continuano a rintronarci con la loro propaganda disfattista sull’imminente collasso dell’INPS. Palese prese per le bretelle che necessita di paillettes e lustrini ideologici per essere sopportata, al pari di scarpe troppo strette, come la narrazione sui giovani che non trovano occupazione a causa dell’egoismo dei loro padri. Ma se i nostri genitori prolungano la permanenza sul posto di lavoro fino a 67 anni, a rigor di logica, com’è possibile che l’esistenza diventi una discesa senza ostacoli per le nuove leve? Dovremo augurare la morte ai parenti più anziani per prenderne il posto.  Si sparge l’incenso  delle nuove generazioni solo quando occorre coprire l’olezzo di un presente che va marcendo. Inoltre, sono convinto che ai nostri detrattori comunitari questa missiva penosa ed impietosa non li commoverà nemmeno un po’. Sarà anzi il segnale che l’Italia ha abdicato alla propria capacità decisionale attestando di essere pronta a tirare la cintola anche quando non si potrà più ed il suo corpo diventerà scheletrico.  Ci stanno strattonando per la giacca e noi invece di reagire ci scopriamo le spalle. Dietro la foglia di fico della ristrutturazione economica  puntano ad avere anche le nostre mutande, ma sarà l’inferno e non l’eden.