LIBERA EUROPA? di G.P.

[Gli amici di Eurasia mi hanno comunicato che stanno traducendo la relazione alla quale faccio riferimento in questo articolo, quindi a breve la troverete sul loro sito. G.P.]

In molti casi la potenza altrui dipende, soprattutto quando ci spostiamo sul campo della geopolitica, dalla propria debolezza e dall’incapacità di saper cogliere quelle opportunità concesse dalla fase storica che rende effettivi i processi di trasformazione degli assetti globali, in seguito ai quali è poi possibile rincorrere e agguantare un’autonomia decisionale nella sfera politica, economica, militare ecc. ecc. prima insperata.
I nostri governanti europei sono presi in questa gabbia anacronistica che risale alla fine della seconda guerra mondiale – allorché gli Usa, sbarazzatisi della concorrenza della Germania e dell’Inghilterra, sono assurti al rango di superpotenza, in coabitazione con l’URSS, attirando nella propria traiettoria i paesi dell’Europa occidentale – e per dissimularla si crogiolano dietro slogan di consolazione utili a materializzare molteplici illusioni che, tuttavia, non colmano, ed anzi aggravano, il vuoto decisionale che li pietrifica. Non serve all’Europa far passare l’idea che essa può raggiungere i suoi obiettivi attraverso forme discrete di intervento nell’arena mondiale (sempre più in preda alle convulsioni multipolaristiche) con il soft power o la complementarità con gli organismi atlantici; non esiste potere di dissuasione che non abbia alle spalle l’eventualità o la minaccia dell’uso della forza in proprio. Semmai, il potere di condizionamento e di convincimento si accresce proprio laddove gli strumenti dell’offesa, come sanno bene gli americani, sono preponderanti e sproporzionati in confronto al potenziale bellico dei nemici reali e anche dei propri temporanei “affini”.
Le cosiddette coalizioni di paesi sfocianti in patti o intese, ed è una lezione che ci ha lasciato già il Machiavelli, sono effettivamente tali solo se si è in grado di fare a meno dell’alleato quando si tratta di consolidare i propri interessi specifici, senza esserne condizionati o deviati su obiettivi secondari. Gli Usa, per esempio, non metterebbero mai il Patto atlantico davanti alla propria sicurezza vitale, come fa questa debole Europa, a meno che non siano del tutto sicuri di poter raggiungere lo stesso scopo attraverso la compartecipazione e il coinvolgimento subordinato dei paesi associati.
Adesso l’Europa sta, quantomeno, tentando con la PESD (Politica europea di sicurezza e di difesa) di ricavarsi un ruolo più indipendente in tema di politiche internazionali ma l’ingombrante presenza della Nato sul suo suolo ne riduce di molto la portata. Sebbene i burocrati europei ostentino sovranità ed autogoverno, sui rischi e sulle sfide dell’epoca attuale si sono finora semplicemente accodati a quanto stabilito dall’Amministrazione americana che li ha chiamati alla mera ratifica della proprie deliberazioni. Consiglio la lettura di una notevole relazione del Comandante spagnolo Joaquin Broch Hueso disponibile sul sito Diploweb intitolata “La relation UE-OTAN : complémentarité ou subordination” che mette in evidenza le problematicità rinvenienti dall’ingombranza degli assetti atlantici sullo sviluppo di una politica di difesa e di  sicurezza comune tra i paesi membri dell’UE, in un mondo profondamente cambiato dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Senza entrare nei dettagli tecnici, che chi vorrà potrà approfondire come consigliato, occorre far emergere il vero problema di questo particolare periodo storico. Esso attiene ai rapporti ancora confusionari e non appropriati tra l’Europa e il suo più forte vicino, la Russia.
E’ inutile negare che se l’UE vuole davvero occupare un posto più confacente al suo potenziale, perlomeno regionale, deve fare i conti con questo Paese, il quale non può più essere tenuto ai margini della comunità europea. Ciò che ha impedito di consolidare e rinnovare le relazioni tra Russia e Europa è stata propria l’alleanza con gli Usa; quest’ultimo paese ha sempre visto nel gigante dell’Est un pericolo concreto in grado di causare un assottigliamento della sua influenza nell’area occidentale. Se l’atteggiamento del patto atlantico verso Mosca va bene al governo degli Stati Uniti esso, al contrario, danneggia gli interessi europei come molti episodi degli ultimi tempi hanno dimostrato. Lo stesso mantenimento della Nato dopo il disfacimento del Patto di Varsavia ha avuto come motivazione propulsiva l’esclusiva volontà americana di allargarsi nella direzione di quegli Stati precedentemente rientranti nell’orbita russa, al fine di approfondire il suo dominio mondiale e conquistare l’heartland. Il grande progetto per un XXI secolo americano è però fallito in virtù della rinascita delle potenze asiatiche. L’Europa ne paga lo scotto impelagata a fronteggiare, per il suo atteggiamento conservativo e privo di visione globale, una situazione che la vede stretta tra due fuochi. In questo senso, aver permesso alla Nato di estendersi ipertroficamente oltre le sue competenze militari e di contingente contenimento del “pericolo rosso”, fino a metamorfosarla in un organismo politico con autorità generale, nelle salde mani degli Usa, le impedisce ora di reagire e di ricavarsi spazi di manovra adeguati.
La Nato ha precluso all’Europa persino la capacità di intervenire sulle proprie faccende come ha dimostrato l’aggressione della Serbia nel 1999 e l’ampliamento della stessa alleanza alle ex repubbliche sovietiche. Quest’ultime, fedelissime agli Usa, hanno sbilanciato i rapporti di forza in seno al patto consolidandone la guida di Washington. Inoltre, essendo alcuni di questi paesi entrati pure a far parte dell’UE hanno complicato il processo di riavvicinamento alla Russia che viene vista dai suoi ex-vicini come un pericolo ancora troppo presente per la loro sovranità.
Insomma, altrimenti detto, se l’Europa non svilupperà una propria visione del mondo e del suo ruolo in esso, nessun accordo tra i paesi membri basterà a proiettarla verso un futuro meno misero del suo presente di subordinazione agli Usa. Ne va della stessa libertà dei popoli europei. Cominciare a mettere in discussione il Patto atlantico, senza troppi infingimenti, sarebbe di certo un auspicabile inizio.