L'INFORMAZIONE DI QUALE REGIME?
Bene ha fatto il redattore del blog a pubblicare la lettera di Mordenti con le censure di “chi di dovere”. Oggi sul Giornale (e vadano al diavolo i manichei che si rifiutano di leggerlo) appare la lettera di un compagno che lavora all´Enel da 29 anni (fa parte della “classe” o ne è escluso per aver inviato la lettera al “nemico”?). Questo lavoratore salariato (e “produttivo”; cioè da lui si estrae il famoso “plusvalore”, tanto caro agli ortodossi quando si tratta di “fare teoria” seguendo alla lettera il Maestro, tradendone al mille per cento lo spirito di ribellione e di insofferenza verso la società capitalistica) ha scritto una lunga lettera a Liberazione, che non l´ha semplicemente censurata, ma cestinata. Egli dunque la invia al Giornale. I motivi per cui quest´ultimo la pubblica sono ben comprensibili e non certo lodevoli; di sicuro tale giornale non ne condivide l´impostazione. Ma a me non interessa un piffero. L´ha pubblicata ed è da leggere in toto.
Chi mi conosce bene capirà che non condivido al 100% il contenuto della lettera, ma ne approvo completamente il tono, la passione, la sincerità evidente con cui vengono espressi determinati sentimenti che taluni – del ceto “piccolo-borghese”, merdoso, ormai diventato padrone della “sinistra” nella sua interezza – snobberanno perché un po´ troppo “d´altri tempi”. Non credo ci sia bisogno di pubblicare per intero la lettera. Ne riporterò io ampi brani, che credo siano fra i più significativi e da meditare, al di là dell´accordo o meno su ciò che viene detto (anche se uno che blatera di comunismo e marxismo dovrebbe sentire, almeno in buona parte, come suo il senso profondo di quanto scritto). Ecco i brani.
” Lo so che non si usa più parlare di fabbriche, di operai, di coscienza di classe. Al
posto della bandiera rossa oggi si usa l´arcobaleno o quella verde [bravo, bene, bis! Mio “sfogo”]. Ma davvero pensate che il mondo possa fare a meno della falce e del martello, dell´agricoltura e dell´industria? Cosa vogliono i nostri amici verdi? Che diventiamo tutti lavapiatti, camerieri, bagnini? Ma come si fa a parlare di turismo se dietro non c´è l´elettricità, le fabbriche, il lavoro? Così siamo al paradosso: quelli che dovrebbero difendere in primo luogo lo sviluppo e il lavoro vogliono chiudere il più grande cantiere d´Europa [la centrale Enel di Civitavecchia] dove migliaia di lavoratori non solo hanno trovato un´occupazione, ma stanno migliorando le loro capacità professionali. Quale demone ci ha accecato un po´ tutti per non vedere che il `regresso´ propagandato da sedicenti ambientalisti è solo l´ultimo strumento della lotta eterna tra capitale e lavoro? Il capitale diventa finanziario e gira il mondo alla ricerca delle migliori possibilità di sfruttamento, delle leggi ambientali più comode, dei sistemi fiscali meno seri. E noi cosa facciamo? Invece di costringerlo a rimanere dove ci sono più controlli, più sindacato, più governo, facciamo di tutto perché fugga via Per questi `regressisti´ sono gli operai, chi lavora davvero, il vero nemico dell´umanità. `Per uno stipendio e un posto sacrificano i fiori, gli alberi e la salute loro e dei loro concittadini´, dicono. Non è vero! Non è così! Noi, i comunisti, sappiamo quante lotte abbiamo fatto per migliorare le condizioni di lavoro, le condizioni di vita dentro e fuori alle fabbriche. Ma loro questo non lo sanno. In una fabbrica non hanno mai messo piede né ce lo metteranno mai. Preferiscono gli impieghi statali, l´informatica, la creatività, la moda, il terziario, il
quaternario, magari un bel posticino in politica o alla TV [corsivo mio, perché è nella sostanza descritta bene la “natura” sociologica del “nucleo duro” della sinistra attuale, infame e vigliacca, alla ricerca di posti da servi ben pagati per il loro codismo nei confronti della dominante finanza parassitaria e dell´industria decotta]. Ma non si rendono conto che dietro tutte queste `sovrastrutture´ (si può ancora dire?), c´è la struttura? Le miniere, il campo, la fabbrica. Certo oggi c´è più inquinamento, più traffico, più stress. Ma se viviamo 20 anni in più degli anni ´50, se possiamo godere di un modesto benessere, se possiamo dare ai nostri figli un´istruzione è perché le `forze produttive´ si sono potute sviluppare a dismisura. E´ vero, non hanno fatto saltare i rapporti sociali di produzione. Il padrone non ha più un nome e cognome, ma c´è ancora, anche se magari siede in un ufficio a diecimila chilometri da noi. Però qualcosa è comunque cambiato. Sarà poco, ma quel poco è dovuto alla scienza e alla tecnica, ma anche alla nostra fatica, al nostro sapere, alle nostre lotte. Le lotte di noi lavoratori delle fabbriche che oggi ci vediamo offesi e umiliati sul nostro stesso giornale”. [cioè, lo ripeto per gli smemorati, Liberazione, quotidiano di un partito che ancora porta, con ignominia, il nome di “comunista” (speriamo lo cambino presto, per un minimo di decenza e decoro)].
Ci sono commenti da fare? Pochissimi. Dico solo che, persino se tale lettera fosse stata inventata dal Giornale, è tutto credibile e comprovabile quello che essa afferma (anche nelle parti che non ho riportato). Ed esprime una indignazione di fronte alla quale nessuno – che non appartenga al ceto politico e intellettuale di sinistra: il marcio più putrido che possa emanare questo lezzo nauseabondo, ogni giorno più intenso e sparso su un´area sempre più ampia – può rimanere indifferente. “Teoricamente” potrei avanzare più di qualche obiezione; mi sentirei però di rientrare troppo bruscamente nel mio ruolo di “membro” del ceto intellettuale. Questa lettera, per quante obiezioni si possano sollevare, fa sentire con forza che ci si deve vergognare di appartenere a questo ceto: qui (in questo paese ormai allo sbando) e ora (in quest´epoca di meschinità infinita). Il ceto intellettuale (di sinistra!) ha oggi in Italia (ma non solo) tali colpe che dovrebbe essere estirpato con violenza e gettato in qualche “foiba” (della “Storia”).
Ma è meglio tacere e lasciare il lettore a meditare questa lettera (i brani che ho riportato). E ….” buona digestione”
17 maggio