L’Italia ha un passato. Ma un futuro e un posto nel mondo, ce l’ha?, di Antonio de Martini tratto da http://corrieredellacollera.com/
L’Italia ha un passato. Ma un futuro e un posto nel mondo, ce l’ha? I pomodori e i Bufali l’America li aveva, ma la Pizza l’abbiamo fatta noi. Coraggio!
L’attuale assetto dell’Italia nel mondo non è soddisfacente e tende a peggiorare. L’avvenire è compromesso. I giovani non riescono nemmeno a immaginare un futuro diverso. Parole come giustizia, onore, lealtà, preparazione, conquista, stanno scomparendo dal nostro vocabolario. Gran parte vive di “pane, burro e grande fratello”. Possibile che migliorare questa Italia non interessi a nessuno?
Siamo una Nazione da quando abbiamo in comune la lingua e la religione, ossia da sempre. La lingua che parliamo oggi, l’italiano è nei documenti da quando un notaio di Cassino, poco prima del mille, scrisse un atto di proprietà in lingua volgare ( a favore dei frati…).
Come Stato, siamo tra i popoli più giovani e più precari, ma più vecchi della Germania…: in un secolo e mezzo abbiamo proceduto col passo del gambero. Se uno dei tanti caduti di cento anni fa resuscitasse, vedrebbe immensi progressi meccanici e tecnologici, ma istituzioni pressapoco come quelle che conobbe. Classi sociali, le stesse. Tra i governanti individuerebbe nomi familiari. Leggi, ancora quelle e le nuove illegibili.
Alla costruzione della nuova casa d’Europa, non abbiamo portato una mentalità da magliari. Siamo il solo paese che ha avuto un presidente e un vice presidente dll’Unione Europea che si sono dimessi per andare a fare una campagna elettorale al paesello ( Malfatti e Frattini). Siamo come un tempo si definiva la Turchia: ” Il malato d’Europa”, che poi fu smembrata.
Intanto, anche la bandiera ce l’ha data un generale straniero ( Buonaparte) copiandola dalla sua. Potremmo almeno metterci nel vuoto lasciato dall’emblema dei Savoia, i simboli delle repubbliche marinare che già adornano la bandiera della Marina.
Infine, festeggiamo l’Unità italiana con una ricorrenza sbagliata: nel 1861 mancavano all’appello sia il Veneto ( che è entrato nel 1866) , sia il Lazio – con Roma ( entrata nel 1870) e Trento e Trieste ( entrate a seguito della prima guerra mondiale) e ancora oggi mancano Fiume e l’Istria che ci sono state tolte dal trattato di Osimo ,( 10 novembre 1975) voluto da uno Spadolini ansioso di passare alla storia, ritenendo ormai eterna la Jugoslavia che poco dopo implose.
Il problema comunque non è rappresentato tanto dai confini geografici, quanto dagli abitanti, tra i quali si ergono pochi giganti che vengono regolarmente soffocati da nugoli di nani. Ci dividiamo ancora tra servi dello straniero A e dello straniero B.
Quasi tutti i nostri padri fondatori sono stati condannati a morte dal governo del loro paese ed hanno dovuto imbracciare le armi contro di esso. Il modo di comunicare in politica, deve cambiare. Dobbiamo imparare a riconoscere il bene comune e favorirlo.
Quasi tutti gli italiani che hanno contribuito a forgiare la nostra identità , sono stati riconosciuti all’estero e o in esilio più che in Italia. Da Dante e Petrarca, a Cellini, a Leonardo a Giotto a Colombo a Bruno, a Eugenio di Savoia, Vespucci, a Metastasio, Bernini, Borromini, Michelangiolo, Galileo, Montecuccoli, a Casanova a Galvani, a Mazzini a Savorgnan, a Meucci, a Don Sturzo, a Toscanini , Pacciardi e Fermi per arrivare a Cardin ( non è francese, è veneto) a Yves Montand ( di Monsummano vicino Montecatini) a Dalida a Modigliani a Marinetti a Marconi a Faggin ( inventore del microchip, lo sapevate?). Siamo l’unico popolo che ha fornito primi ministri ad altri paesi, da Mazzarino all’Alberoni. La cristianità ha avuto da noi cento e più papi. Persino il più famoso pirata barbaresco del mediterraneo, il Barbarossa, era italiano. Nessun popolo ha avuto tanti ingegni.
E’ possibile che una così magnifica sequela di individui non sia atta ad organizzarsi socialmente ? A darsi istituzioni decenti? Per gente meno dotata è un imperativo di sopravvivenza, certo. Ma visto che ormai da noi i geni scarseggiano ( e direi anche i Casanova) credo sia l’ora di cercare di capire che è interesse di tutti noi fare sistema come si dice oggi. A volte, però, questa parola mi pare una perifrasi di mafia. Proviamo a fare sistemi di idee. Strategie di sviluppo. Dibatterle.
Lo storico inglese Arnold Toynbee osservava che un regime debole può durare finche non si confronta con una sfida maggiore. L’attuale sistema sgangherato di governo ha potuto convivere con i suoi sprechi, le sue insufficienze, i suoi ricattatori e ricattati e cerca di durare ancora, spacciandosi per rinnovato, per aver cooptato Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno ( li riconoscete), ma si appressano tempi in cui sarà difficile sopravvivere anche con un buon governo di uomini capaci. Forse è ora di aprire un dibattito su questi temi, lontano dal clamore dei media.