L'ITALIA NEL PALLONE di G.P.
L’Italia è un paese dove si sbaglia molto e la si fa franca allo stesso modo. Nessuno paga mai per gli errori commessi ma tutti si lamentano degli abbagli altrui che sono sempre così abnormi da alleggerire e ridimensionare i propri. La ricerca della scusa o dell’attenuante è per gli italiani uno sport popolare come il calcio. Essi, in ogni disputa o contesa, scorgono impareggiabilmente la presenza di un arbitro cornuto o di una partita truccata. E giù bordate di fischi e di insulti alla squadra rivale che non rispetta le regole e non dimostra fair play. Il guaio è che ci sono delle ottime ragioni per mandare a quel paese l’arbitro e pure i disputanti della gara. Ma, soprattutto, la pratica del mettere fuori gioco l’avversario è quella che tutti esercitano con più maestria. Sempre pronti a minimizzare i falli commessi dalla rappresentativa del cuore, reclamano il cartellino rosso o la squalifica esemplare per il team contrapposto, salvo rivelare grande abilità di dribbling e di rimbalzo allorché la punizione o il rigore stanno per essergli fischiati contro. E Via con i palleggiamenti tra giocatori con le gambe molli che indispettiscono il pubblico ma salvano le caviglie. I giornalisti invocano la diffida contro i magistrati che sicuramente se la meritano, ma è come se il diavolo si mettesse a fare il moralista con Dracula portandolo sul banco degli imputati per abuso di cattiveria. Tra i primi ed i secondi è un inferno completo che anche se ti sposti da una parte all’altra del rettangolo di gioco lo scenario non cambia e resti sempre nel campo del maligno. I politici se la prendono invece tanto coi magistrati che coi giornalisti, in quanto i primi disturbano la quiete degli affaracci loro ed i secondi, a volte, svelano i retroscena dei medesimi affaracci loro. Ovviamente, i giornalisti di destra si occupano dei parlamentari di sinistra, quelli di sinistra dei rappresentanti della destra e l’intera classe della stampa sta attenta o non esagerare né con gli uni né con gli altri che poi non si sa mai. Il mercato in questo mondo è sempre aperto e si passa da una società all’altra con grande nonchalance. Tra ultras del potere non esistono divisioni così nette e dirimenti. La strada del gemellaggio, dell’affratellamento e della combine permette sempre qualche commistione per una maggiore tutela degli interessi di ciascuno. La finale all’ultimo sangue ogni tanto arriva, ma il campionato è fatto di tanti match ed anche di partite amichevoli. Così è possibile vedere una serie di originali incroci che può anche stravolgere la classifica del torneo dei dominanti con cronisti che tifano per i magistrati, togati che supportano i giornalisti, politici che tengono per i pennivendoli, giudici che sostengono partiti, forze politiche che parteggiano per la giustizia a senso unico ecc. ecc. Ça dépend, direbbero i francesi. Dopati ed esaltati ci mettono la grinta per far retrocedere la nazione ma badando bene di portare a casa, sana e salva, la pellaccia loro. Ad ogni modo, nonostante le figuracce rimediate, questi giocatori strapagati col denaro pubblico difficilmente ci rimettono di tasca propria quando subiscono qualche cappotto. Eccetto i giornalisti che qualche sonora sberla in faccia ogni tanto la prendono, i magistrati ed i politici tendono a scamparla. Per loro a saldare ci pensa lo Stato, cioè noi che non solo dobbiamo assistere ad uno spettacolo penoso ma dobbiamo pure comprare il biglietto. Adesso la moda è quella di invocare la responsabilità civile per i giudici che si divertono a sbattere in galera gli innocenti e a tenere a piede libero i colpevoli. Quando ciò accade e i cittadini ricevono un danno morale e sociale sarebbe giusto che fosse il magistrato che lo ha arrecato a tirare fuori gli sghei subendo altresì uno stop alla carriera, la quale invece fila liscia come l’olio grazie agli scatti di anzianità. Bisognerebbe tener conto della meritocrazia per premiare qualcuno e non della sua carta d’identità. Il principio è, dunque, giusto ma purtroppo ad invocarlo è una categoria di persone che ne combina di tutti i colori senza rimetterci mai niente. I politici, campioni di decisioni e di scelte sbagliate, danneggiano il Paese, le sue imprese, la collettività ed i singoli cittadini. Spesso la fanno davvero grossa e compromettono lo sviluppo ed il benessere del sistema. Ci fanno perdere credibilità e quattrini. Eppure non scuciono mai nulla per risarcirci, né si fanno da parte quando dimostrano totale incompetenza allo svolgimento del mestiere. Si dice che i politici paghino con la perdita della cadrega, ma questo è falso perché ce li ritroviamo al solito posto grazie a correnti che li impongono in liste bloccate all’elettorato. Ma noi vorremmo molto di più, vorremmo responsabilizzare i nostri beniamini che, con le dovute precauzioni, ci penserebbero due volte prima di fare cazzate. Prendiamo la decisione di entrare nella guerra contro la Libia. I nostri imprenditori stanno perdendo il giro d’affari, si bruciano profitti per mld di euro ed anche i contratti futuri ed i vantaggi attesi sono stati inceneriti sotto le bombe intelligenti. Francesi, inglesi ed americani ci fanno marameo alle spalle anche se ci rassicurano sulle loro buone intenzioni. La nostra azienda petrolifera strategica, l’Eni, si è vista abbassare il rating dall’agenza Fitch perché data la situazione nel mediterraneo, il declassamento "riflette anche gli accresciuti rischi sulle attività (del gruppo) in Nord Africa, a causa delle tensioni politiche". Tutto ciò per assecondare la smania di Frattini e di La Russa di compiacere gli Usa e l’UE. Non abbastanza soddisfatto, il nostro Ministro degli Esteri si è fatto pure avanti con il Segretario di Stato americano Hillary Clinton proponendo un fondo speciale “per fare arrivare soldi in modo efficace e trasparente al Consiglio nazionale transitorio di Bengasi”. Ovviamente, gli assegni non li staccherà lui che si diverte a firmare cambiali in bianco col nome degli italiani. Questi due brocchi con la smania di diventare statisti investono sui rispettivi curricola con capitali morali e finanziari che non gli appartengono, svuotando le casse dello Stato. Questa è la situazione, confusa ed infelice. A noi le battaglie sui principi piacciono molto, siamo gente legata ai valori e alla loro strenua difesa. Dunque, quel che costoro propongono per limitare l’arroganza dei magistrati noi proponiamo per azzerare la prosopopea dei politici. Per andare in Champions League e lottare da pari a pari in campo internazionale ci vogliono i fuori classe, in ogni ambito sociale. Noi coi ronzini che ci ritroviamo riusciamo tutt’al più ad organizzare un campionato di dilettanti allo sbaraglio che però pretendono contratti da numeri dieci sudamericani. Mandiamo in tribuna questi scarponi e selezioniamo gente migliore per il bene dell'Italia. Occorrono persone preparate e professionisti seri per affrontare le partite del futuro. Perdere in questa fase storica equivale a dichiarare fallimento.