L’Italia, un futuro come “media potenza” di A. Terrenzio
Nel precendente articolo, avevamo accennato alla necessita’ di una ripresa del ruolo strategico dell’Italia nel Mediterraneo e di maggior peso nell’area “euro/atlantica”.
L’Unione Europea, il medio oriente e il nord-Africa, sono i poli principali dove la nostra politica estera deve tornare ad evere un ruolo assertivo.
L’UE in particolare, vive un periodo storico di estrema debolezza: la crescita esponenziale dei partiti euroscettici a causa delle dissennate politiche migratorie, la rigidita’ economica e burocratica delle sue Istituzioni, ne hanno fortemente indebolito la struttura. Il Brexit e’ stata la prima importante conseguenza della crisi dell’impianto europeo.
L’Italia, quale paese fondatore dell’UE e sempre presente nei tavoli internazionali, G7 e Oraganizzazione delle Nazioni Unite, ha progressivamente perso peso strategico ed economico, man mano che l’unipolarismo statunitense andava estendendo la sua egemonia a tutto il globo.
Il disastro libico del 2011 e’ stato l’evento geopolitico che ha maggiormente destabilizzato il nostro Paese.
L’incontro avvenuto recentemente tra Emmanuel Macron e Angela Merkel sulla risoluzione della questione migratoria e del contenimento dei populismi euroscettici, dimostra la volonta’ dei due capi di Stato di assumere la leadership della “governance” comunitaria.
Un asse franco-tedesco e’ quanto di peggio possa accadere per il nostro Paese. La Francia e’ la potenza militare principale del continente e fa dell’ “hard power” il maggiore strumento della sua politica estera. Rappresenta da sempre il nostro nemico storico insieme agli inglesi nel Mediterraneo e nel MO.
Negli ultimi tempi la politica estera francese ha assunto lineamenti particolarmente aggressivi, culminanti nella distruzione della Libia e nella destabilizzazione del nostro Paese.
La Francia di Macron non ha esitato a seguire sulla linea di Sarkozy. Sul piano commerciale ha ostacolato Finmeccanica, ponendo un veto sull’acquisizione dei cantieri navali STX. Per non citare un accordo scellerato firmato dal governo Gentiloni nella cessione di acque territoriali italiane, sventato all’ultimo momento. Ed ultimo, la violazione del territorio nazionale da parte della gendarmeria francese. In piu’ vanno ricordate le “scalate” ad infrastrutture strategiche per le comunicazioni televisive e telefoniche contro Mediaset e Telecom. Oltre al disastro libico, Macron ha cercato di trascinarci nel conflitto siriano contro Assad e in Niger sono presenti nostre truppe a sostegno degli interessi francesi in Africa.
Il breve accenno a tali questioni, rende evidente quanto sia ostile il ruolo svolto dalla Francia.
La Germania invece rappresenta un gigante industriale e finanziario (“soft power”), usa i parametri di Maastricht, i vincoli del deficit di bilancio e il debito pubblico, per ricattare il nostro Paese. Impone tagli strutturali che stanno cannibalizzando la nostra economia.
La moneta unica poi, è stata un mannaia che ha distrutto il potere di acquisto degli italiani, ha eroso la nostra competivita’ sui mercati esteri e ci ha deprivato della nostra sovranità monetaria.
Con la nomina del nuovo capo della BCE Weidemann, diretto emissario della Deutche Bank si porra’ probabilmente fine al “paracadute” attuato da Draghi, con prevedibile rialzo dei tassi di interesse sui Bond Italiani. A Berlino gia’ prefigurano un eventuale scenario di uscita dall’area euro dei cosiddetti “paesi cicala”. Ovviamente tale processo di sganciamento dall’area Euro, avverrebbe in maniera controllata, in tutto l’interesse della Germania e senza compromettere la tenuta dell’UE. Saremmo infatti costretti a ripagare in Euro I debiti contratti, e non in valuta nazionale.
Uno scenario da incubo quello che si prospetta da una eventuale uscita dalla moneta unica che leader come Salvini dovrebbero valutare attentatamene, prima di minacciare l’uscita dall’Euro.
Dopo questa breve disamina, appare chiaro che Francia e Germania sono i nostri due principali “nemici” sul piano continentale.
E veniamo al tema premesso dal titolo dell’articolo: è possibile pensare all’Italia come “media potenza”?
Il momento di debolezza politica del nostro Paese e di subordinazione della nostra classe sub-politica, rendono il quadro assai preoccupante. In piu’ da oltre due mesi, complice una legge elettorale che non permette la formazione di un governo, la penisola versa in uno stato di ingovernabilità. Il futuro prossimo non lascia presagire un cambio di direzione al nostro declino.
Tuttavia abbiamo il dovere di indicare delle linee guida che possano tracciare una via di uscita e di rilancio per il nostro Paese.
Il rapporto con UE e Nato.
Assumendo un approccio realistico, non possiamo pensare di uscire dall’area Euro senza conseguenze che potrebbero essere nefaste. Un’uscita dalla moneta unica potrebbe si potenzialmente rilanciare la nostra competitività sui mercati esteri, ma se cio’ avvenisse, la comunità finanziaria non esiterebbe a massacrarci peggio di come accaduto alla Grecia.
Inoltre saremmo costretti a ripagare un debito pubblico già di per se enorme, con una valuta piu’ debole. Senza contare che il nostro paese e’ carente di materie prime. Piu’ verosimile cercare una strategia “riformista” dell’Impianto UE. Chiedere una riformulazione dei trattati, ottenere maggiore flessibilità per permettere il rilancio della nostra economia e dell’occupazione.
Altro tema centrale da discutere in sede europea, e’ la questione dei migranti. Dobbiamo pretendere delle risposte e degli aiuti concreti da parte dei nostri “partner” europei, che fino ad adesso hanno scaricato sulla Penisola tutte le problematiche relative agli sbarchi.
Legato a doppio filo al nostro rapporto con l’Europa c’è il nostro ruolo nell’alleanza atlantica.
Come nel primo caso, è inutile farsi illusioni su una nostra fuoriuscita dalla Nato, almeno in un futuro prossimo. Ma il tema deve diventare un elemento centrale per aggregare forze anti egemoniche. Occorre iniziare a mettere in discussione il dominio statunitense rifiutando di essere coinvolti nelle loro operazioni di conflitto o “peace keeping”. Solo in Europa, si pensi ai contingenti dispiegati in Lettonia ed Estonia, in prossimità della Russia, dove non abbiamo nessun interesse alla partecipazione di azioni ostili nei confronti di un nostro importantissimo partner strategico.
Dovremmo mostrare contrarietà alle sanzioni che hanno creato ingenti danni alle nostre aziende che esportano in Russia. L’Italia ha già pagato abbastanza per la soppressione del gasdotto “South Stream”.
L’Italia ed il Mediterraneo.
E qui’ che l’azione del nostro Paese deve ritornare protagonista per vocazione storica e geografica.
Se proprio non possiamo uscire da un’alleanza che non ci offre piu’ vantaggi, dobbiamo almeno cercare di riguadagnare spazio in una regione vitale per i nostri interessi. E in questo teatro regionale che potremmo attuare delle politiche di “aggiramento” del dominio atlantico.
Possediamo ancora comparti strategici ad alta tecnologia invidiatici da mezzo mondo. Eni e Finmeccanica, sono le nostre due punte di diamante ancora in grado di fare la differenza e garantirci un ruolo di primo piano nell’arena internazionale. Grazie soprattutto a questi due gioielli nazionali, siamo ancora i primi partner commerciali di paesi come l’Iran, la Siria, tra i principali nel nord/Africa e di diversi paesi dell’Asia.
Il quadro geopolitico attuale volge verso un “arretramento” progressivo della superpotenza americana. Anche se gli USA sembrano perdere posizioni in diversi angoli del pianeta (vedi in MO con la sconfitta in Siria), mantengono saldo il controllo sul vecchio continente. Tuttavia potenze come Francia e Germania non rinunciano ad una “semi-autonomia” che si dispiega, come si e’ visto, soprattutto ai nostri danni.
Della relativa debolezza che sta attraversando la superpotenza americana, complici gli attriti tra “Deep State” e dirigenza Trump, sembrano approfittarne diversi players regionali. E’ il caso della Turchia di Erdogan, che pur essendo uno dei tasselli piu’ importanti della Nato, si permette “giravolte geopolitiche” e cambi di strategia militare come in Siria.
In tale quadro, l’Italia potrebbe ritornare ad assumere quel ruolo di “media potenza” che l’ha vista protagonista durante la I Repubblica.
Per fare ciò dobbiamo assolutamente tornare ad avere un voce autorevole nelle relazioni internazionali.
Se vogliamo uscire dal ruolo di “sub-vassallaggio” al quale ci ha ridotto quest’UE a trazione atlantica, complice il declino di una classe politica tra le più servili di sempre, dobbiamo assolutamente prepararci a questa nuova fase.
Un “nazionalismo economico” dai risvolti anche militari, sta tornando prepotentemente in auge, sintomo di quella transizione al multipolarismo che abbiamo piu’ volte sottolineato.
Un recupero di una politica sovranista e di interesse nazionale risultano imprescindibili. L’azione propulsiva dei nostri “asset strategici”, dovra’ necessariamente trovare un supporto delle nostre forze militari, che dovranno svolgere il ruolo di “braccio armato” dei comparti suddetti.
Ma per realizzare cio’, bisogna innanzitutto dotarsi di una élite dirigente consapevole delle sfide che ci attendono. Da questa Unione europea non potremo aspettarci nulla di positivo ed il declino dell’unipolarismo americano, da opportunità, potrebbe aprire scenari addirittura peggiori di quelli attuali. Francia e Germania, sono pronte a spolparci vivi e a danzare sul nostro cadavere.