LO STATO D’ECCEZIONE ITALIANO
Il filosofo della politica Jean Bodin scriveva in “Dello Stato”:
<<Ho detto che tale potere è perpetuo. Può succedere infatti che ad una o più persone venga conferito il potere assoluto per un periodo determinato, scaduto il quale essi ridivengono nient’altro che sudditi; ora, durante il periodo in cui tengono il potere, non si può dar loro nome di principi sovrani, perché di tale potere essi non sono in realtà che custodi e depositari fino a che al popolo o al principe, che in effetti è sempre rimasto signore, non piaccia di revocarlo. Così come rimangono signori e possessori dei loro beni quelli che ne fanno prestito ad altri, ugualmente si può dire di chi conferisce ad altri potere ed autorità in materia di giustizia o di comando; sia che li concedano per un tempo stabilito e limitato, sia fino a che loro piaccia, in ogni caso restano signori del potere e della giurisdizione che gli altri esercitano solo in forma di prestito e di precario. Perciò la legge dice che il governatore del paese o luogotenente del principe, dopo che è spirato il tempo assegnatogli, restituisce il suo potere, da depositario e guardiano qual è del potere altrui. E in questo non c’è alcuna differenza fra l’ufficiale di alto o di infimo grado. Se il potere assoluto concesso al luogotenente del principe si chiamasse sovranità, egli potrebbe valersene contro il suo principe, che sarebbe ridotto a uno zero, e così il suddito comanderebbe al signore, il servo al padrone, il che è assurdo.>>
Si tratta di una sintetica definizione dell’istituzione politica chiamata dittatura commissaria; molto tempo dopo Carl Schmitt scriverà che il sovrano è chi decide sullo stato di eccezione, in quest’ultimo caso la dittatura da commissaria diviene sovrana. In effetti gli ultimi avvenimenti in Italia e in Europa sembrano riportare in auge queste concezioni; ad esempio si dice oggi che i “commissari” non possono essere militari o giuristi, ma devono per forza essere economisti. Il 15 novembre di quest’anno Le Figaro scriveva:
<<il mandato e la durata del mandato [di Monti e Papademos] devono essere sufficientemente estesi da permettere ai loro governi di essere efficaci. Tuttavia entrambi i nuovi capi di governo devono essere limitati per assicurare, nelle migliori condizioni, il ritorno alla legittimità democratica. Non possiamo accettare che l’Europa si costruisca senza la partecipazione dei popoli che la abitano.>>
Per tornare a Bodin ricordiamo che egli aveva definita la sovranità come “quel potere assoluto e perpetuo ch’è proprio dello Stato”. Sovranità è un concetto chiave per la filosofia e il pensiero politico rinascimentale, anzitutto quello francese, almeno dal momento in cui le lotte civili di religione, lo stato di guerra di tutti contro tutti, divenuto ormai apparentemente irreversibile, aveva fatto maturare sulla scena europea una situazione di disgregazione eccezionale . Questo stato richiedeva urgentemente una rifondazione del potere politico e il fondatore più autorevole della teoria moderna della sovranità è indiscutibilmente Jean Bodin. Quello di Sovranità è il “concetto centrale della Republique, com’è stato ripetuto fino a fare dell’affermazione il fondamentale luogo comune degli studi bodiniani”(1). Ora, questo concetto di sovranità appare principalmente da valutare sotto due diversi aspetti, verso l’alto e verso il basso, nei riguardi del potere altrui e nei riguardi dei gruppi assoggettati, o dei “sudditi”, e l’aggettivo che sempre in Bodin si accompagna al sostantivo souveraineté è absolue, assoluta, ossia sciolta e indipendente da ogni altro potere. Il concetto di sovranità “riguarda insomma i rapporti verso l’alto, piuttosto che verso i soggetti; continua e porta a radicale coerenza il concetto bartoliano del superiorem non recognoscens”(2). Nell’attuale situazione italiana il “governatore” e il “luogotenente del principe” hanno assunto i pieni poteri su mandato del sovrano d’oltre atlantico e hanno cominciato colpendo in maniera pesantissima una gran parte della popolazione italiana già devastata dal precariato, dalla disoccupazione, dal degrado del territorio e dei servizi sempre più scarsi e inefficienti. Ma su questo è già intervenuto La Grassa nel suo articolo del 10.12.2011 (UNA COLONIZZAZIONE IN PIENA REGOLA). Certo ormai negare l’evidenza non riesce neanche più ai corifei di regime, anche se il loro giudizio sulla situazione risulta, ovviamente, completamente opposto al nostro. Sul Corriere di oggi (12.12.2011) Galli Della Loggia ammette che con gli ultimi avvenimenti siamo entrati in uno “stato d’ eccezione” – a partire da una emergenza economica e sociale – di tipo istituzionale e giuridico-costituzionale e a tale proposito cita un editoriale dell’Avvenire di qualche giorno fa:
<<Che con il varo del governo Monti l’Italia si sia trovata virtualmente in una condizione del genere lo ha ricordato in un editoriale di Avvenire (4 dicembre scorso) Marco Olivetti parlando di «una vera e propria crisi di sistema» che ha colpito il Paese, e di «ruolo eccezionale» svolto dal presidente della Repubblica. Aggiungendo subito dopo: «Quando la macchina dell’ordinario funzionamento delle istituzioni si inceppa, il presidente (come il re negli ordinamenti monarchici da cui la nostra presidenza deriva) è una sorta di “motore di riserva” che entra in funzione, fino al punto di diventare una sorta di reggitore sussidiario del sistema (corsivo mio, ndr), al fine di consentire che esso riprenda a funzionare. Dalla fine di ottobre ad oggi Napolitano ha svolto eccellentemente questo ruolo».>>
Si vuole così contrabbandare come una sorta di “dittatura commissaria” autonoma ed indipendente quella che risulta essere, in tutta evidenza, una assunzione – come sopra evidenziato – di pieni poteri nel nostro paese, da parte di un “governatore” e di un “luogotenente” che hanno ricevuto l’investitura dal “principe” che risiede a Washington.
(1) M. ISNARDI PARENTE, Introduzione a JEAN BODIN, I sei libri dello Stato – UTET, Torino, vol. I, 1964, p. 28.
(2) Ivi, pp. 28-29.
Mauro Tozzato 12.12.2011