LO STATO SCHIAVO DEL BANDERASTAN: L’UCRAINA.
Non si era mai vista una nazione, nel cuore dell’Europa, cedere così di schianto e per mano delle libere e famigerate democrazie Occidentali, almeno dai tempi terribili della dissoluzione dell’URSS o delle guerre balcaniche. Stiamo parlando dell’Ucraina, uno stato fantoccio che se venisse scaraventato ai confini con l’Iraq o l’Afghanistan nessuno noterebbe la differenza, anzi riscontrerebbe istantaneamente una omogeneità politica, economica e sociale con quei territori.
Nessuno farebbe caso nemmeno alla polarizzazione settaria delle sue etnie e delle squadracce che infestano le regioni e le città, portando morte e distruzione ovunque. Al posto dei fanatici islamici ci sarebbero i nazisti, in ogni caso sarebbero tutti filoamericani e contenti. Per questo il giornalista Pepe Escobar definisce Kiev la capitale del Banderastan. Il problema è che l’Ucraina è dentro il vecchio continente, non in Medio-oriente. Dopo il golpe di febbraio, che ha portato alla defenestrazione di Janukovic, le chiavi delle istituzioni ucraine sono state consegnate nelle mani degli Usa, artefici del piano di destabilizzazione del paese con la collaborazione poco astuta di Germania e Polonia, da una gruppetto di oligarchi, i quali per anni hanno alimentato i sentimenti nazionalistici più retrivi del proprio popolo, allo scopo di tenerlo nell’ignoranza e costringerlo ad accettare ogni sopruso delle classi dirigenti dominanti. Tanto, alla fine, la colpa di ogni nefandezza veniva sempre riversata sui russi. Ora che Washington ha piazzato il suo Gauleiter sullo scranno più alto del potere, la rapina delle risorse pubbliche può cominciare. Certo, c’è da normalizzare il sud-est dove infuria una battaglia tra regolari (per modo dire) e forze indipendentiste, ma ci si può sempre portare avanti col lavoro, in attesa di risultati migliori.
Per non perdere altro tempo prezioso e dimostrare ai nuovi padroni di essere capaci del compito di cui sono stati investiti, il Premier Yatsenyuk e i suoi ministri hanno annunciato “la più grande campagna di privatizzazione negli ultimi 20 anni”. In cosa consisterà questa stagione di svendite e liquidazioni del patrimonio pubblico ucraino? Il consiglio dei ministri dell’Ucraina prevede di vendere una quota del 50% di Ukrnafta e il 99% delle azioni del Porto di Odessa. Poi ancora industrie strategiche, mettendo sul mercato il 99% delle azioni di Sumykhimproms, il 75% delle azioni in Turboatom, le partecipazioni di altre 15 imprese del settore energetico, i pacchetti di controllo di una quarantina di società di gas. Altre alienazioni sono previste nel settore della ricerca e dell’agricoltura. Dopo i saldi gli ucraini potranno vendersi solo il sedere (aumenterà il flusso di sbandati verso l’Ue, ladri e puttane à gogo) ma nessun altro vorrà aiutarli. Quindi l’Ucraina verrà scaricata nella pattumiera della storia. Agli Usa basterà assicurarsi che il disordine regni sovrano in ogni angolo del paese cosicché la Russia abbia a lungo una gatta da pelare ai suoi confini. La Russia certo, ma anche l’Europa che si è impegnata ad associare Kiev all’Unione per sudditanza alla Casa Bianca. Un affare svantaggioso che costerà a Bruxelles (ovvero ai cittadini europei) perdite economiche e un incremento di vulnerabilità geopolitica, in virtù del deterioramento dei rapporti con un partner imponente come Mosca.
Intanto, per quante bombe Poroshenko possa ancora sganciare sui civili della Novorossja, non riesce a venire a capo della resistenza e nemmeno della crisi economica. Ogni giorno qualcuno protesta per qualcosa, per il carovita, per la disoccupazione, per l’insicurezza nelle strade (a proposito, Piazza Indipendenza, da noi conosciuta come Majdan, è ancora un bordello di accampamenti e di immondizie, dominato da brutti ceffi e assassini), per i figli mandati a morire nelle zone ribelli. Proprio oggi la compagnia “Naftogaz” ha chiuso le forniture ai debitori. Prima di tutto, alle imprese che continuano ad accumulare debiti, ma le ripercussioni si faranno sentire sulla popolazione. La bolletta energetica è diventata un lusso da quando non paga più la matrigna russa.
In aggiunta a queste grane, crescono le spinte centrifughe nel resto del paese, quelle innescate dalle altre regioni che vorrebbero sganciarsi da Kiev, anche se attraverso riforme costituzionali, per autoamministrarsi, cioè per dare ai ras locali più ampi margini di manovra. Segnalo, tra queste, Liv’v e Dnepropetrovsk. Proprio in quest’ultima il banchiere Kolomoisky, governatore della stessa e proprietario di Privat bank, è diventato una specie di signore medioevale che paga e gestisce un proprio esercito, si fa le leggi su misura, riscuote tangenti come fossero tasse e accumula patrimonio sottraendolo ai suoi avversari. Kolomoysky ha congelato i depositi dei cittadini della Crimea, ovvero li ha derubati di soldi non suoi, ed ha chiesto al Presidente una legge per togliere ogni bene e proprietà a quanti hanno fiancheggiato i separatisti. Naturalmente per appropriarsene indebitamente. Non si era mai visto un banchiere dedicarsi alle rapine.
Questa è l’Ucraina all’alba dei suoi nuovi giorni democratici. L’Europa ha accettato che siffatta vergogna si realizzasse sostenendo e incoraggiando briganti e squilibrati. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.