LO “ZAR” D’AMERICA di F. D’Attanasio

 

La notizia veramente sensazionale di questi ultimi giorni riguarderebbe le modalità di intervento decise dal governo USA in favore delle tre aziende automobilistiche di casa propria, attualmente in forte difficoltà per via della crisi internazionale che si è abbattuta con particolare virulenza proprio su questo settore industriale (almeno nei paesi maggiormente sviluppati). Intendiamoci subito, apprendo la notizia dal quotidiano Libero che, per chi non lo sapesse, è fondamentalmente attaccato a quella ideologia di fondo che considera l’intervento diretto dello Stato in economia come un male, da evitare comunque ed ad ogni costo.

Le tre case sarebbero dunque in via di nazionalizzazione, ma i dettagli del controllo pubblico sarebbero ancora tutti da definire. Secondo alcune anticipazioni, il Tesoro americano otterrebbe dall’operazione di salvataggio, in quanto finalizzata proprio ad evitare la bancarotta, warrant trasformabili in azioni del valore pari al 20% di ogni prestito fatto alle tre aziende: ad esempio poiché General Motors vale oggi 3 miliardi in Borsa e chiede 10 miliardi di dollari per cercare di sopravvivere, il governo di Washington diverrebbe così il primo azionista della società. Il totale del finanziamento-ponte ammonterebbe a 15 miliardi di dollari, una decina in favore di GM ed il resto in favore di Chrysler, mentre Ford rinuncerebbe ai liquidi immediati non essendo in situazione così drammatica come le altre due sue sorelle. In realtà quel che intendo qui mettere in risalto non è tanto la notizia in sé, quanto piuttosto la reazione di certi liberisti quali ad esempio Oscar Giannino. Ciò che sorprende più di tutto il direttore di LiberoMercato (in suo articolo di Mercoledì 10 Dicembre) non è il fatto che il Congresso americano si stia orientando per un sostegno finanziario alle tre big dell’auto, ma quando il fatto che il piano preveda la nomina da parte dello stesso governo di una figura, soprannominata lo “zar”, con poteri enormi. Le prerogative dello “zar”, a detta dello stesso Giannino, spazierebbero dall’avere l’ultima parola sui piani industriali e di ristrutturazione, quindi su qualunque affare di importo superiore ai 25 milioni di dollari, finanche sui parametri retributivi dei manager delle aziende; ma anche le relazioni sindacali sarebbero una sua forte prerogativa con la facoltà di indicare piattaforme alternative e di condurre negoziati. Il tutto dai liberisti fermi e coerenti, talmente coerenti da essere ciechi e nel non fare mai una minima autocritica è visto come fumo negli occhi; possibile che non gli sfiori minimamente l’idea di come mai, il paese più avanzato e soprattutto potente del mondo, culla del culto del libero mercato e dell’attività imprenditoriale privata (modello sempre da loro osannato, fulgido esempio da seguire comunque) ad un certo punto decida in favore di una certa direzione strategica contravvenendo ai propri ideali economici e sociali di riferimento?

 Evidentemente questa classe dirigente politica, nei fatti, è più lungimirante di quanto possa lasciar pensare l’ideologia da cui attingono per il proprio predominio, la quale dunque assolve principalmente la funzione di un’arma da utilizzare per sottomettere i propri sudditi, che si tratti delle classi subalterne del proprio paese e/o di quelle sub-dominanti dei paesi facenti parte della propria area di influenza. Difatti ben cosciente della funzione effettiva che deve svolgere, vale a dire il rafforzamento del sistema nazionale, in tutti gli ambiti, perché è da questa che discende il peso che essa può far valere nel consesso delle potenze mondiali, non disdegna di adottare tutti i provvedimenti ritenuti necessari nella particolare fase storica che si sta attraversando.

D’altro canto in maniera speculare alla visione dei liberisti e/o mercatisti che dir si voglia, si pone quella dei sostenitori del ruolo dello Stato in economia, considerato insopprimibile e necessario per eliminare tutte le storture dello sviluppo capitalistico e le relative contraddizioni di carattere sociale che da esse inevitabilmente discendono. Visioni che si sorreggono a vicenda in una estenuante battaglia ideologica il cui effetto più immediato è l’offuscamento di ciò che è alla base del carattere fortemente dinamico della società retta da relazioni di carattere capitalistico, vale a dire il conflitto con il fine esclusivo di prevalere. Quindi non conta assolutamente il carattere privato o pubblico-statale della proprietà e controllo, ma quanto gli obiettivi che i vari gruppi di comando intendono realmente perseguire nella lotta per la supremazia. Da ciò discende che nella gerarchia per così dire dei rapporti di potere internazionali, molti gruppi facenti parte di particolari formazioni sociali si accontentino di essere al servizio di altri piuttosto che agire per cercare di ottenere una certa autonomia e quindi accrescere le proprie credenziali, con ripercussioni negative su tutta la popolazione di cui essi dovrebbero difendere gli standard di vita. Non a caso lo stesso articolo citato prosegue sulla falsariga delle premesse fin qui evidenziate elogiando quel che sono invece le intenzioni dei maggiori governi europei che sarebbero orientati per lo più in favore di rottamazioni, “lasciando così consumatori e aziende liberi di compiere le proprie scelte”. E sì, proprio come è sempre stata libera la Fiat di chiedere ed ottenere ingenti finanziamenti dallo Stato, senza i quali sarebbe scomparsa già da molti anni, un peso enorme che ha gravato per decenni su tutta la società italiana, aspetto questo che Giannino non osa minimamente menzionare, anzi elogia l’ad Marchionne per la sua lungimiranza e capacità di giudizio che gli avrebbe permesso di individuare la via giusta da perseguire, vale a dire il consolidamento tramite intese e/o fusioni con altre case automobilistiche. Ma staremo a vedere se, e secondo quali modalità, tutto questo avverrà, staremo a vedere come andranno a finire realmente le cose non solo nel settore della produzione automobilistica, ma in generale nelle economie dei vari paesi maggiormente avanzati, dopo che la cosiddetta crisi internazionale avrà assestato tutti i colpi ed il riassetto dello scacchiere internazionale si  sarà finalmente (ri)-consolidato su basi maggiormente stabili.

 E’ evidente che la sudditanza nei confronti della super potenza americana passi anche attraverso l’appoggio in favore della parte più parassitaria e meno propulsiva del mondo imprenditorial-finanziario del nostro paese, quale ad esempio la Fiat; ora non mi interessa con quale livello di coscienza e chiara e diretta intenzionalità ciò venga perseguito, il risultato è comunque lo stesso, vale a dire stroncare, sbandierando i più insulsi e ingannevoli sistemi di valori, qualsiasi tendenza di qualsiasi natura, che vada, più o meno direttamente, nella direzione dell’affrancamento dai propri oppressori.

 

13 Dicembre