L’Occidente razzista

L’Occidente razzista

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“Solo l’Occidente conosce la storia”. Questa è l’incredibile sentenza di Galli della Loggia, il quale fa questa assurda affermazione anche a nome di altri storici che, insieme a lui, “in quanto membri di una commissione speciale”, sono stati incaricati “di redigere le indicazioni nazionali dei programmi scolastici per la storia”. Nei prossimi anni alleveremo non solo altri discenti zoppicanti, ma anche asini ideologizzati, ai quali verrà insegnato che solo l’Occidente conosce la Storia. Galli della Loggia, come potrete leggere nell’articolo riportato in calce, ci tiene però a spiegarci che la sua affermazione non significa che gli altri popoli siano senza storia. Ringraziamo il giornalista-storico, sempre meno storico e più giornalista, per la lezione impartitaci, ma noi abbiamo letto Engels e Rosdolsky. Già la tesi originaria risultava difficile da digerire, tanto che la stessa fu oggetto di ripensamento. In ogni caso, la rivoluzione proletaria mondiale avrebbe reso inessenziali le differenze etnico-geografiche, in quanto la classe intermodale avrebbe unificato il mondo. Sappiamo com’è andata a finire.
Quello che invece sostiene Galli della Loggia è ancora più grave, in mancanza di questa prospettiva storica marxiana unificatrice dei popoli, peraltro contraddetta dai fatti. In sostanza, costui ci spiega che: “solo in quell’area geostorica che si chiama Occidente la conoscenza dei fatti storici e la riflessione su di essi — alimentata dal pensiero greco-romano e dal messaggio cristiano — ha dato vita a una dimensione culturale particolarissima, nella quale il realismo analitico più crudo si è mischiato al profetismo sociale più estremo”.
Ma questo per noi significa una cosa sola: l’Occidente valuta sé stesso attraverso le proprie categorie e, armato di queste, deduce le conseguenze delle affermazioni del giornalista. A casa mia, questa si chiama tautologia corazzata di paralogismo. Ovvero: sono bello perché, per giudicarmi, utilizzo la mia idea di bello. Ma forse in Africa, per esempio, non mi giudicherebbero altrettanto bello perché sbiadito. Oppure, chi è meglio vestito: il Principe del Galles o un principe africano? Risolviamo la questione dicendo che, siccome noi abbiamo inventato giacca e cravatta, abbiamo l’outfit più evoluto. Sono stupidaggini sesquipedali.
Ma Galli della Loggia insiste: “grazie al processo culturale di cui sopra, grazie al formarsi di una cultura storica e di conseguenza politica, si è costituito in questa parte del mondo un fattore di cambiamento senza pari. Di conseguenza, per la prima volta solo in Occidente, ad esempio, si è elaborato nel modo così vasto e complesso che sappiamo il concetto decisivo di rivoluzione sociale, da cui è nata la più variegata ideologia rivoluzionaria. Solo in Occidente, inoltre, si è avuto l’emergere diffuso e prepotente della libera personalità individuale, incomparabile centro animatore di tutto quanto ora detto”.
In questo passaggio emerge nuda e cruda l’ideologia occidentalista, che individua i fattori dinamici di cambiamento nella rivoluzione sociale ma, soprattutto, nella libera personalità individuale, questo sentimento misterioso che avvertono soprattutto i membri della classe dominante. Lui lo sa meglio di chiunque altro, avendo persino in passato votato comunista ed essendosi poi ricreduto, in quanto “il terrorismo degli anni di piombo era il punto di arrivo dell’ideologia leninista”. Un’autentica cazzata, ma di cazzata in cazzata si scalano i gradini della piramide dominante.
Ma poi arriva il colpo di genio del sunnominato: “Fuori i nomi di qualcosa di simile al dialogo riportato da Tucidide tra gli ambasciatori ateniesi e i Meli o alle pagine del Principe, che non abbia visto la luce da queste parti! Fuori i nomi di qualcosa di analogo all’idea cristiana circa l’autonomia della politica dalla religione, di qualcosa che somigli alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino che non porti il marchio della civiltà occidentale! Fuori i nomi dei luoghi della terra dove, prima che in Europa, ci sia stato qualcosa di simile alla decapitazione di un re decretata dal Parlamento o di paragonabile al suffragio universale!”.
Fuori i nomi di qualcosa di simile alla filosofia indiana o cinese, alle Upanishad o a Sun Tzu. Dice invece bene Rovelli: “Insegniamo ai nostri figli a riconoscersi in Omero come nel Mahabharata, in Shakespeare come in Confucio, in Cristo come in Buddha, in Tolstoj come nei racconti africani, in Saffo come in Murasaki. A vedere le somiglianze fra le piramidi del Messico e quelle d’Egitto, fra le Upanishad e il pensiero greco, fra l’egualitarismo dei popoli nativi americani e la Rivoluzione francese”.
Quello di Galli della Loggia è un distillato di etnocentrismo, solo meglio ammantato. E certe scemenze saranno date in pasto ai vostri figli, non ai miei, perché fortunatamente non ne ho.
A proposito, fuori i nomi di chi ha sganciato la bomba atomica, fuori i nomi di chi ha causato due guerre mondiali, di chi ha ridotto l’Africa alla fame, il Medio Oriente a una polveriera, di chi ha sterminato le popolazioni native del continente americano.
Qualche nome io ce l’avrei. O meglio, più che nomi, una definizione: le puttane della storia.
NON TUTTI CONOSCONO LA STORIA
di Ernesto Galli della Loggia

Avendo insieme ad altri colleghi membri di una commissione incaricata di redigere le indicazioni nazionali dei programmi scolastici per la storia, iniziata la parte orientativa generale del nostro documento scrivendo testualmente «Solo l’Occidente conosce la storia», da giorni siamo accusati di aver sostenuto che solo i Paesi occidentali hanno una storia.

Da giorni, paludati studiosi, frequentatori e frequentatrici di talk televisivi, commentatori vari, si stracciano le vesti scandalizzati ripetendo a decine: «Ma come si può mai pensare, oibò, che esistano popoli o civiltà senza storia?!», «E allora la Cina ad esempio, anche la Cina non avrebbe avuto una storia?», «Ecco a quali aberrazioni può portare l’eurocentrismo ossessivo della destra, dei cultori dell’identità!»: e così via deprecando e biasimando.

Il fatto è che, almeno per chi ha una qualche confidenza con la lingua italiana, l’espressione «solo l’Occidente conosce la storia» («conosce», non «ha») lungi dal significare «solo l’Occidente ha avuto una storia e tutti gli altri no», significa ciò che nelle frasi immediatamente successive del documento viene a lungo spiegato. Vale a dire che solo in quell’area geostorica che si chiama Occidente la conoscenza dei fatti storici e la riflessione su di essi — alimentata dal pensiero greco-romano e dal messaggio cristiano — ha dato vita a una dimensione culturale particolarissima nella quale il realismo analitico più crudo si è mischiato al profetismo sociale più estremo. «Solo l’Occidente conosce la storia» non vuol dire che non ci sia stata una storia del Giappone o dell’impero Inca, e che quindi coloro che hanno sottoscritto queste parole siano dei tali idioti (per giunta un gruppo di storici di professione!) da aver mai pensato una simile corbelleria. Vuol dire che anche grazie al processo culturale di cui sopra, grazie al formarsi di una cultura storica e di conseguenza politica, si è costituito in questa parte del mondo un fattore di cambiamento senza pari. Che di conseguenza, per la prima volta solo in Occidente, ad esempio, si è elaborato nel modo così vasto e complesso che sappiamo il concetto decisivo di rivoluzione sociale da cui è nata la più variegata ideologia rivoluzionaria. Che solo in Occidente, inoltre, si è avuto l’emergere diffuso e prepotente della libera personalità individuale, incomparabile centro animatore di tutto quanto ora detto.

Si vuol sostenere che tutto ciò non è vero? Che si tratta di un mucchio di falsità inventate da un manipolo di pseudo storici al solo scopo di tessere l’elogio dell’uomo bianco e della supremazia della sua civiltà a scapito di tutte le altre? Benissimo. Ma allora, fuori i nomi (e magari anche le date)!

Fuori i nomi di qualcosa di simile al dialogo riportato da Tucidide tra gli ambasciatori ateniesi e i Meli o alle pagine del Principe, che non abbia visto la luce da queste parti! Fuori i nomi di qualcosa di analogo all’idea cristiana circa l’autonomia della politica dalla religione, di qualcosa che somigli alla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino che non porti il marchio della civiltà occidentale! Fuori i nomi dei luoghi della terra dove prima che in Europa ci sia stato qualcosa di simile alla decapitazione di un re decretata dal Parlamento o di paragonabile al suffragio universale!

Si obietta che però la marcia trionfale dell’Occidente è stata costellata anche di lacrime e sangue. E chi mai lo nega? Ma forse che l’impero mongolo o il dominio islamico o quello azteco sono stati l’anticamera del giardino dell’Eden? Forse che la storia non è stata, sempre, anche quel banco di macelleria di cui parlava Hegel? E tuttavia possiamo tranquillamente sfidare chiunque a dimostrare che oggi questi luoghi non siano i luoghi più civili e umani della terra. E se ciò è vero, è lecito o no chiederci come mai? Perché è accaduta una cosa simile? E chiederci infine per quale ragione non dovremmo sentirci autorizzati a illustrarne le ragioni ai nostri figli?

Proprio oggi, tra l’altro, quando attorno a noi — e su ciò esiste ormai un’unanimità pressoché assoluta — si affacciano dovunque realtà minacciose le quali non esitano a dirsi, e sono, in vari modi nemiche, guarda caso, precisamente di quella cosa che ormai tutti chiamiamo Occidente?

È davvero una prova, mi si lasci dire, della miseria del nostro ceto intellettuale nell’accezione più vasta del termine il fatto che in Italia lo scontro politico raggiunga spesso, proprio in questo ceto, un grado di partigianeria tale da far abitualmente prevalere su un pur minimo rispetto della verità l’odio per l’avversario, l’avversione cieca per qualunque cosa a esso sia comunque riferibile. Le nuove indicazioni nazionali per la scuola rischiano per l’appunto di restare vittime di questo meccanismo infernale. Oggetto non già di ragionate argomentazioni critiche — per le quali c’è sempre spazio — ma di un’ostilità a prescindere. Nella quale l’Occidente, la Bibbia, l’Italia, la scuola, tutto diventa un puro pretesto per fare la guerra alla maggioranza parlamentare per la quale si dà il caso che non abbiamo votato.