L’odio di A. Terrenzio
di A. Terrenzio
La barbara aggressione ai danni del rappresentante di Forza Nuova di Palermo, Massimo Ursini, e’ stato un atto che nella sua brutalita’ ha riportato alla mente le violenze tipiche degli anni di piombo. In dieci lo hanno circondato, immobilizzato con del nastro adesivo e pestato a sangue in pieno centro.
Un’escalation di violenza che in questi giorni sta caratterizzando diverse citta’ italiane, a Piacenza, Napoli, Bologna, Torino.
I gruppi dell’antagonismo antifascista sono entrati in azione con metodi violenti, caricando le forze dell’ordine, assaltando sedi politiche, chiudendo spazi democratici agli esponenti delle destre.
Il tentato omicidio ai danni del referente di FN, ha gravissimi responsabili morali. Il clima di odio e’ stato aizzato da partiti e istituzioni in preda al panico elettorale.
I toni sono diventati piu’ incandescenti dopo i fatti di Macerata. Il coro dei tutori della Costituzione ha cominciato a sbraitare sulla chiusura dei movimenti di ispirazione fascista, in spregio a qualsiasi principio di Stato di diritto. L’istigazione all’odio e’ stata fomentanta anche dal gruppo di Repubblica e dell’Espresso, che ha messo in campo una campagna denigratoria a base di “fake news” e sull’ improbabile pericolo dell’“onda nera”.
Immediamente la canaglia dei centri sociali e i vari autonomi, si sono subito messi all’opera contro il nemico fascista, immaginario come quello comunista.
Torino e’ stata protagonista dei soliti disordini agitati da questi sguatteri del sistema, con il solito armamentario di mazze e bombe chiodate. Ferito anche un agente della polizia.
Sbagliato sarebbe parlare di “opposti estremismi”, di rossi e di neri pronti a farsi la guerra, destabilizzando l’ordine democratico. Tale narrazione costituisce una tesi di comodo per non individuare i veri responsabili: l’antifascismo istituzionale e la “canaglia” dei centri sociali.
Ma siamo davvero di fronte ad una riedizione degli anni di piombo?
Siamo in una societa’ totalmente diversa rispetto a quegli anni. I partiti ed i sincadati non ricoprono piu’ quel ruolo connettivo con la societa’ e il paese reale. L’attuale sinistra non possiede piu’ referenti culturali ed intellettuali di spessore. Ha totalmente smarrito ogni senso di legame comunitario. E’ in grado solo di rivolgersi ai migranti e a vari marginali, ha di fatto voltato le spalle ai lavoratori.
Proprio mentre gli autonomi erano intenti a frotenteggiare la polizia a Torino per “stanare” Casapound, 500 operai di Embraco venivano buttati in mezzo ad una strada, nell’impotenza del ministro dello sviluppo economico Calenda.
Esiste inoltre una frammentazione sociale ed un isolamento di massa che non ci permette di equiparare l’attuale fase con quella degli anni 70.
Infine, il problema migratorio, e’ un fattore totalmente inedito e di dimensioni epocali. Le conseguenze di tale fenomeno sono gia’ foriere di tensioni sociali, con effetti che devono ancora esplicare il loro potenziale “esplosivo”. G. La Grassa lo ha gia’ evidenziato.
Mentre invece i punti in comune con quella stagione di sangue sono l’odio idelogico, l’antifascismo in assenza di fascismo che oggi assume contorni grotteschi e psichedelici.
C’e’ un apparato politico ed editoriale che e’ interessato a tenere in vita un fantasma per giustificare la propria sopravvivenza.
La propaganda ossessiva di ritorno al fascismo, serve ai dominanti principalmente per creare uno stato di paura e di tensione. A due settimente delle elezioni, con una sinistra totalmente azzerata nei contunuti politici e prona a dettami europeisti, il pericolo del ritorno al 20ennio costituisce l’ultima arma di questi miserabili.
Una fase come ricordano Marcello de Angelis e Marco Rizzo, che abbiamo gia’ vissuto.
Quanto nel 72 l’MSI sfioro’ 10%, il PCI e la DC con la complicita’ dei media e degli intellettuali da salotto, montarono una campagna d’odio antifascista che porto’ in seguito ad un stagione di sangue, in cui si perse una generazione. Ieri Moravia e Dario Fo, oggi Roberto Saviano e Michele Serra.
Probabilmente non ce la faranno a riproporre uno scenario identico, perche’ diversi sono i tempi e diverso e’ l’humus generazionale, ma esistono sicuramente elementi con un grado di pericolosita’ da non sottovalutare. Se si dovesse arrivare al morto, si potrebbero innescare delle faide politiche con violenza trasversale.
Una considerazione ulteriore da fare e’ che in Italia non esiste un pericolo jihadista come in Francia o in Germania. In questo caso, la feccia dei giovinastri dei centri sociali e’ utile a creare lo status di tensione adatto per legittimare i dominanti da eventuali pericoli sovranisti.
Un rapporto degli 007 italiani sostiene che le minacce maggiori all’ordine pubblico, provengano da gruppi anarchici e non da terroristi islamici o da gruppi in odor di fascismo.
Nei giorni scorsi Gentilioni e’ andato a porre i suoi servigi alla Merkel, assicurandole che la Penisola e’ al sicuro e che fara’ di tutto per evitare contagi populisti. Tradotto: possiamo anche non andare a votare il 4 marzo, tanto i poter esteri hanno gia’ deciso per noi.
Ovvio che tentare di riattivare una “strategia delle tensione” e’ funzionale all’attuale classe subpoltica, esattamente come in Francia il terrorismo jahadista e il similare richiamo al pericolo delle barbarie fasciste e’ servito a impedire alla Le Pen di scalare l’Eliseo.
La lettura del quadro, in tale senso, appare piuttosto ovvia. La quasi certezza di non avere un governo stabile e la gia’ annunciata possibilita’ di una “Grosse Koalition” in salsa italiana, danno al fenomeno dell’antifascismo di ritorno e alla teppaglia criminale dei centri sociali, la giusta collocazione.
Gli antifascisti e anticomunisti sono i nemici della nazione da debellerare, i cani al guinzaglio dei servi degli Usa che stanno riducendo l’Italia in miseria e alla subordinazione internazionale.