L'”U.S.A. E GETTA” DEI (PRE)DOMINANTI CENTRALI di G. La Grassa
La memoria è sempre corta; o meglio, certuni vogliono averla corta. Più di dieci anni fa, Benazir Bhutto fu costretta di fatto ad abbandonare la sua posizione di vertice e ad allontanarsi dal paese, anche perché il suo regime aveva raggiunto elevati livelli di corruzione; per questo (magari non solo) fu estromessa dal potere. Evidentemente, è stata in tutti questi anni protetta e “tenuta in caldo” (per ogni evenienza) dagli Usa. Il Pakistan è stato nel frattempo affidato alla dittatura militare di Musharraff, poco solido alleato dell’“occidente” (cioè sempre del solito paese “imperialmente” predominante), senza tuttavia riuscire ad eliminare l’avversario islamico, abbondantemente infiltrato in tutti gli organismi istituzionali (amministrazione statale, magistratura, esercito, polizia, servizi segreti, ecc.) oltre ad essere maggioritario tra la popolazione. Per anni la situazione è rimasta in precario equilibrio, ma negli ultimi tempi – in particolare dopo l’aggressione degli Stati Uniti (seguiti da altri paesi fra cui il nostro) all’Afghanistan (2001), e malgrado le sempre sbandierate “vittorie” contro la guerriglia talebana (in realtà, il continuo massacro di civili) – la situazione in quell’area evolve poco favorevolmente per il “centro imperiale”.
Divenendo sempre più debole e squalificato Musharraff, gli Usa hanno infine posto in essere il tentativo di farlo uscire di scena, “inventandosi” le usuali elezioni “democratiche”, al qual fine hanno fatto rientrare nel paese la loro “alleata di riserva”. Questa ha evidentemente dovuto esaudire la richiesta del classico favore “che non si può rifiutare” (al capobanda). Non è comunque mia intenzione esimermi dal provare pena per Benazir Bhutto, che sapeva evidentemente a quali enormi rischi correva incontro e quali poche probabilità avesse di salvarsi. Debbo poi ammettere che, malgrado tutto, ho ammirazione per un simile personaggio di elevato spessore e intelligenza; se paragono la sua statura a quella dei nostri politici, mi viene malinconia e un vago senso di nausea. Tuttavia, bisogna prendersela soprattutto con i barbari “padroni” che la controllavano e hanno deciso di giocare, per evidente disperazione e non sapendo più come risolvere una situazione fortemente deteriorata, l’ultima carta, con una mossa da bluff pokeristico di netto azzardo. In definitiva, la Bhutto è stata “buttata” allo sbaraglio con assoluto cinismo e una spudoratezza senza limiti.
Naturalmente, responsabile “ufficiale” dell’uccisione è come sempre Al Qaeda, ormai una vera “primula rossa”, pronta a tutti gli usi. La più ovvia (perfino troppo) delle interpretazioni è che il mandante dell’attentato sia il movimento islamico il quale, sotto la scorza della dittatura militare, si è andato sempre più rafforzando; i vari organi di sicurezza avrebbero chiuso entrambi gli occhi, sia perché, come già detto, largamente influenzati e infiltrati dal suddetto movimento, sia perché anche i settori ancora fedeli a Musharraff non avevano alcun motivo di difendere chi veniva a tagliare l’erba sotto i piedi del proprio capo. Tuttavia, non giudicherei tale “intrigo” così a caldo, poiché non sono per nulla da escludere ben altre interpretazioni meno semplici e lineari; perfino quella che si volesse creare un “martire” al fine di forzare la situazione, e spingere certi settori del sedicente partito del popolo a tentare con maggior vigore la carta delle elezioni o altrimenti dell’“après moi le déluge”. In ogni caso, creare una situazione di caos è nell’interesse di più ambienti politici.
Intanto, con la scusa di non far cadere i siti atomici in mano ad “irresponsabili”, gli Usa stanno muovendo forze speciali per essere pronti a diversi scenari. Va detto con forza che, come l’Iran ha il diritto di decidere sull’energia atomica senza tenere nel minimo conto tutele di chicchessia, così pure è del Pakistan. E’ ora di finirla di parlare di “mani irresponsabili” quando gli unici a usare, da autentici assassini di massa, l’arma atomica sono stati proprio i “democratici e civili” americani quando non ve n’era più bisogno nei confronti di un Giappone ormai battuto. Per fortuna, è sempre più evidente che la prepotenza statunitense incontra crescenti resistenze e non ottiene strepitosi successi. E il futuro ci riserverà, credo, altre ottime prove del loro declino, sia pure ancora lento, troppo lento almeno per i nostri desideri e auspici. Solo la sfatta Europa resta ancora a far da sgabello a tali barbari. Ma chissà, forse non tutte le speranze sono morte.
Va comunque ribadito con forza il massimo disprezzo per la “democrazia” come la intendono questi “occidentali”; un regime di pura corruzione, in mano a marce lobbies che fanno e disfano a loro piacimento con la scusa delle “libere” votazioni che eleggono assai “brutti ceffi”. Per quanto, dal punto di vista della mera apparenza formale, le situazioni appaiano diverse agli spiriti superficiali e immemori che costituiscono attualmente la grande maggioranza della inebetita popolazione “occidentale” (americo-europea), in realtà l’ambiente affaristico-politico-giornalistico dei nostri putridi paesi è del tutto simile a quello meravigliosamente descritto in pieno ottocento da Balzac (Illusions perdues) o da Maupassant (Bel Ami). Oggi nemmeno abbiamo artisti di quel calibro; siamo semplicemente in mezzo alla m….. montante, senza un briciolo di grandezza. E’ ora di risvegliarsi dal lungo “sonno della Ragione”. Basta con questo tipo di democrazia, ne vogliamo un’altra; e da non “esportare”, da tenerla semplicemente presso di noi e per il “nostro uso”. Quella americana – e di tutti i filoamericani del mondo – va rifiutata come finalmente si comincia a fare in molti luoghi. Per fortuna!
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E’ del tutto naturale e doveroso manifestare verso l’uccisa una umana pietas; soprattutto tenendo conto di come è stata “USAta e gettata” da cinici prepotenti nel loro estremo tentativo di invertire una tendenza nient’affatto positiva per le loro smanie di predominio. La compassione, e anche il rispetto per una personalità di tutto rilievo, non debbono tuttavia impedirci di ragionare, non debbono farci stordire dai “coretti funebri” degli ottusi, e un po’ meno ottusi, filoamericani (destri e sinistri) di casa nostra (e occidentali in genere). Non è affatto in primo piano il terrorismo e, dunque, nemmeno la lotta al terrorismo. Vi è semplicemente lo scontro (aperto tra certi contendenti, mentre altri stanno dietro le quinte) per la subordinazione o invece la conquista dell’indipendenza rispetto ai (temporanei) vincitori del conflitto novecentesco per la supremazia mondiale.
Sempre più ci si rende conto che si sta nettamente indebolendo il monocentrismo, ancora caratterizzante l’attuale fase, fondato sulla preminenza statunitense; non si entrerà di colpo nella fase opposta, e ci potranno essere apparenti ritorni all’indietro, ma nell’insieme possiamo ritenerci in cammino verso un conflitto multipolare, che sarà sempre più “equilibrato” (interessato, cioè, da squilibri improvvisi nei più diversi sensi) fino ad un ulteriore, ma lontano nel tempo (ben al di fuori del nostro “orizzonte di aspettative”), regolamento di conti per un nuovo monocentrismo. Il Pakistan – cui è legato anche il destino dell’aspra lotta in Afghanistan – è un autentico perno del presente equilibrio mondiale estremamente instabile. Ci saranno probabilmente alterne vicende, ma prima o poi (azzardato fare previsioni troppo precise sui tempi) vinceranno le forze autonomiste, indipendentiste. Quello sarà il vero punto di svolta nei rapporti di forza mondiali. In pratica verrà ridotta a quasi niente l’influenza statunitense nello scacchiere asiatico; e sarà la prima volta dopo più di un secolo (almeno dalle Filippine in poi) di sempre più pesanti ingerenze americane in quell’area.
Non saranno rose e fiori tra Cina, India, Pakistan, Giappone, con la Russia di rincalzo. Gli Usa dovranno però giocare di “rimessa”, sui contrasti altrui; dovranno ad esempio allearsi con qualcuna delle nuove potenze contro altre, ma non sarà comunque un gioco da cui guadagneranno molto. In particolare, Cina e Russia non avranno più la spina nel fianco della presenza americana in Pakistan (e Afghanistan); finiranno quindi i tentativi di “rivolta filooccidentale” in Birmania, le influenze statunitensi nelle Repubbliche centroasiatiche, ecc. E venendo più a “occidente”, ad es. in Ucraina e Georgia, e poi verso l’Iran attualmente sotto pressione, ecc., si noterà come le nuove potenze in crescita “ad est”, relativamente tranquille nell’area di loro competenza, svilupperanno strategie più efficaci ed efficienti, e anche più “trasparenti”, verso ovest. L’Africa stessa entrerà allora con rinnovato vigore nella “Storia”, dalla quale sembra essere stata oggi espunta (malgrado tumulti considerevoli, che da troppo tempo vengono ignorati). Scoccherà pure l’ora della verità per quanto concerne la reale portata delle lotte autonomistiche sudamericane, perché gli Usa saranno assai poco benevoli nei loro confronti quando saranno costretti ad una completa revisione strategica delle loro violente aggressioni in regioni “lontane”, così com’è stato in particolare dopo il crollo del “socialismo reale” e dell’Urss e com’è ancor oggi (strategie ferocemente aggressive non solo di parte repubblicana, dunque, ma della politica estera americana tout court).
Resta questa indecorosa Europa. Vorrà continuare ad essere lo stuoino su cui si strofinano i piedi gli attuali predominanti “imperiali” o saprà giostrare tra i vari poli contendenti, iniziando a recuperare un minimo di dignità indipendente? Sarebbe inutile e assai affrettato voler fare previsioni in merito; attualmente, sarebbe d’obbligo il massimo del pessimismo. Teniamo tuttavia presente che questa Italia, in mano ad una sinistra disgustosa, e con un’alternativa di destra ancor più rozzamente e stupidamente filoamericana, si avvia al disfacimento. I nostri governanti stanno mentendo su tutti i fronti – monumentali le “balle” raccontate da Prodi un paio di giorni fa (con molte connivenze e silenzi non solo nazionali) – ma adesso, veramente, le bugie avranno le gambe molto corte (forse non di mesi, ma di pochissimi anni; il 2008 e il 2009 dovrebbero segnalarci già qualcosa di pregnante). L’Italia rappresenta dunque, già ora, il “ventre molle” d’Europa; da qui si deve ripartire nella lotta per una effettiva indipendenza: contro la sinistra (la più pericolosa perché marcia e corrotta) e la destra (la più rozza e ottusa). Quindi, “all’erta stiamo”!