L’UCRAINA VUOLE TRUFFARE I CREDITORI
L’obiettivo degli Usa era quello di trasformare l’Ucraina in uno stato fantoccio nel cuore dell’Europa. A puppet State, come di dice in gergo anglofono. Un focolaio di instabilità da accendere o sopire a seconda del momento e del livello delle tensioni con Mosca. Non immaginava Washinton che gli ucraini avrebbero preso la cosa troppo alla lettera e così scopertamente. Un numero esorbitante di zimbelli sta mettendo a rischio la credibilità del governo e la partnership di Kiev con le nazioni civili occidentali. Anche al ridicolo c’è un limite e gli oligarchi lo stanno superando incappando in zuffe tra loro e dichiarazioni ben oltre l’accettabile che fanno vergognare i loro sponsor.
Poroshenko (che si aggira per gli eventi pubblici mondiali con souvenir di guerra e passaporti di sedicenti soldati russi, i quali sarebbero la prova inequivocabile dell’aggressione di Mosca ai danni del suo paese) e Yatseniuk (il quale è convinto che la Russia abbia invaso la Germania nazista) generano tra i partner internazionali un imbarazzo crescente che fa aumentare anche gli escamotage per evitarli, soprattutto in occasioni ufficiali. Ma a Kiev insistono col negazionismo e nonostante gli venga costantemente sconsigliato dagli alleati continuano a nominare eroi nazionali collaborazionisti di Hitler come Stephan Bandera che essendo doppiamente traditori sono stati tolti di mezzo dai medesimi nazisti. I quali non erano così fessi come i loro presunti nipotini moderni. Tutto ciò mentre in Ucraina avanza un pericoloso ed efferato revisionismo che travolge cose, luoghi e persone, dai monumenti a Lenin, alle città simbolo della resistenza colpite dalla guerra, ai colorados (come vengono chiamati gli abitanti di Donetsk e Lugansk che espongono il nastro di San Giorgio, simbolo della vittoria dell’URSS nella II guerra mondiale) ancora fedeli alla storia come è stata sin qui conosciuta e commemorata. Proprio ieri si è saputo che Poroshenko ha offerto al leader di Pravy Sektor, Dimitro Yarosh, un posto al Ministero della Difesa. La cooptazione del neonazista nei ranghi governativi rappresenta un tentativo per riportare la situazione nella “legalità” dopo gli innumerevoli episodi di violenze gratuite e scorribande messe in atto dai battaglioni di volontari impegnati nel conflitto contro il Donbass. Questi estremisti disimpegnati dalla guerra costituiscono un grande rischio, in tempo di pace relativa, anche per Kiev. Sia chiaro, non credo affatto che Yarosh sia più sanguinario di Poroshenko, e nemmeno credo che i militanti di Pravy Sektor abbiano mai preso in mano un libro per addentrarsi nelle vicende del nazismo, tanto da capirne origini e finalità, altrimenti non avrebbero mai preso soldi dagli Usa e ricevuto addestramento dalla Cia, sono nazisti fasulli in sostanza, tuttavia è incredibile come in Ucraina, sotto lo sguardo silente dell’EU, si cerchi di coinvolgere nella gestione del potere un tipo ricercato dall’Interpol per incitamento all’odio razziale e atti di terrorismo internazionale. Per quanto tempo i nostri giornali e i nostri leader politici potranno ancora nascondere questa magagne xenofobe e discriminatorie che sono montagne di disprezzo per la verità e la giustizia?
La favola della rivoluzione di Majdan è già finita. La piazza è stata strumentalizzata da potenze straniere e clan oligarchici per capovolgere rapporti di forza favorevoli a Mosca, in cambio della carneficina di una parte dei propri connazionali. Non proprio un bell’affare ed un’onta che peserà a lungo sulla coscienza degli ucraini dell’ovest. Oggi i nodi vengono al pettine ma il popolo, stupido fino alla morte, non ha ancora capito di essere stato usato contro i suoi interessi. Recentemente, abbiamo assistito ad un classico ucraino: lo scontro tra ricchi prepotenti per il furto dei beni pubblici. Il magnate Kolomoisky, tra i pezzi da novanta del Paese, dopo un decreto presidenziale che di fatto lo privava del controllo di una delle principali compagnie energetiche nazionali ne ha fatto occupare la sede militarmente minacciando di mandare i suoi battaglioni contro la Capitale. E’ dovuto intervenire l’ambasciatore americano a Kiev per dirimere la questione. Kolomoisky è stato dimissionato dal governatorato di Dnepropetrovsk per l’atto scellerato ma Poroshenko ha dovuto risarcirlo con 800 milioni di grivne, ovviamente soldi dei cittadini ucraini ormai alla fame, sotto forma di contributi alla sua PrivatBank. Ecco la democratica Ucraina che ha fatto litigare mezza Europa coi russi. Nulla è cambiato dai tempi di Janukovic, anzi la situazione è peggiorata a detta di molti analisti nostrani. Ne valeva la pena? No, ma anche l’Europa è vittima della ingombrante presenza di Washington che ha i suoi piani sull’est del continente per imbrigliare tanto Bruxelles che Mosca.
Come potrà mai questa Ucraina di criminali, con un’economia fallita, far parte dell’Ue? Non siamo in grado di risolvere i blandi problemi della Grecia, figuriamoci se potremo mai raccapezzarci con Kiev che ne ha di mastodontici. L’agenzia di rating Moody’s, in un suo ultimo rapporto, sostiene che il default dell’Ucraina si verificherà con una probabilità vicina al 100%. Se le cose stanno in questi termini catastrofici perché l’Ue continua a finanziare Kiev ben sapendo che non otterrà più indietro i suoi (anzi nostri) soldi? Per ragioni politiche ovviamente che però non sono coincidenti con i suoi interessi ma soltanto con le prerogative geopolitiche statunitensi. Noi europei paghiamo per tutti senza ricevere nulla come contropartita.
L’Ucraina ha annunciato un vasto piano di ristrutturazione della spesa che prevede tagli in molti settori dell’economia nazionale. Lacrime e sangue da far versare ai più deboli. Questi interventi sono stati richiesti dai creditori del Paese (FMI, Banca Mondiale, governi stranieri ecc. ecc.) per provare ad evitare il tracollo e dare una chance ai propri protégé. D’altro canto però, il ministro delle finanze, un’americana naturalizzata ucraina, Natalia Jaresko, ha sviluppato un piano di rientro dai debiti che prevede un accordo coi creditori, i quali dovranno accollarsi un minimo di perdite (si fa per dire, si parla di decurtazioni vicine al 40% del valore dei titoli) per rendere verosimile l’operazione. La Russia, nel 2013, ha acquistato 3 mld di dollari di obbligazioni ucraine che sono solo la punta dell’iceberg dei crediti vantati dal Cremlino. Poi ci sono gli altri debiti di Kiev verso Mosca derivanti dal mancato pagamento della sua bolletta del gas e da altri accordi commerciali non onorati nel conquibus. Ora, perché mai Mosca dovrebbe addossarsi delle perdite per sostenere una nazione che le ha dichiarato inimicizia assoluta sconfinante nel razzismo? E’ chiaro che non lo farà e vanificherà gli intenti della Jaresko e di quelli che muovono i fili alle sue spalle. A quel punto, l’Ucraina diventerà uno stato insolvente che si rifiuta scientemente di onorare i pagamenti. Si metterà fuori dalle leggi internazionali. Se Europa ed Occidente permetteranno anche questa infrazione delle regole da parte della loro nuova colonia metteranno a repentaglio tutto il sistema finanziario mondiale. Chi si fiderà ancora di prestare soldi in un tale quadro di violazione delle norme? La Russia ha tollerato per anni i capricci del vicino, poiché non poteva permettersi di avere uno stato alleato in bancarotta alle sue frontiere, la cui precarietà avrebbe potuto rendere incerti anche i rifornimenti di gas ai compratori europei, considerato che i tubi passano ancora sul suo territorio. Adesso però la situazione è cambiata ed ognuno deve diventare responsabile per le proprie azioni, a meno di non voler far precipitare gli eventi, più di quanto non sia già accaduto. Ci pensino bene gli ucraini prima che sia troppo tardi.