Ma quale pericolo russo!

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I cialtroni democratici americani e il loro codazzo di servi europei urlano al pericolo russo, alle infiltrazioni slave nelle libere competizioni democratiche che favoriscono i nemici dei liberal, in ogni angolo del pianeta. Lorsignori, liberi e benpensanti, non sono nemmeno sfiorati dal sospetto che la gente ormai li disprezzi e li punisca per decenni di devastazioni politiche, sociali e culturali, di cui sono stati artefici, tronfi e indisturbati. La loro distanza dalla realtà è così abissale che non riescono nemmeno ad immaginare di non essere compresi nei loro alti sentimenti di liberazione linguistica, razziale, sessuale ecc. ecc. Tutte sciocchezze che galleggiano come merda in un mare di disperazione economica generale. Dovremmo riempirci la pancia di panzane, secondo tali dottori progressisti? Difatti, anziché sazietà in giro si sente ansietà e ci si muove come sulle uova per non urtare la sensibilità dell’immigrato che devasta la città, della stronza che provoca per farti licenziare in quanto potenziale stupratore, del neogrammatico che ti denuncia per attentato al nuovo codice linguistico in cui dominano desinenze neutre o asteriscate. Ma ciò che costoro hanno liberato non è l’umanità dai i suoi limiti intellettuali bensì i suoi demoni più contorti e perversi, illimitatamente vendicativi e violenti verso il prossimo che non vuole cedere a questo “relativismo universale”. Hanno sostituito i vecchi pregiudizi della specie, variamente declinati e dispersi, e perciò stesso meno sistematici, con una grande dogmatica planetaria: la religione del politicamente corretto, questa sì sistematicamente ferale. Chi non aderisce al culto deve finire processato e in galera, in quanto un po’ fascista, di certo razzista, sicuramente sessista. Mi sembra che C. Lasch abbia colto bene e prima di altri questi aspetti: “Quando parliamo di democrazia, oggi, ci riferiamo, per lo più, alla democratizzazione dell’«autostima». Le parole chiave correnti – «diversità», «compassione», «promozione», «abilitazione» – esprimono la malinconica speranza che le divisioni profonde che minano la società … possano essere colmate dalla buona volontà e da un linguaggio purgato ed emendato. Ci viene chiesto di riconoscere il diritto di tutte le minoranze ad essere rispettate non in virtù delle loro realizzazioni, ma in virtù delle loro sofferenze passate. L’attenzione compassionevole, ci viene detto, migliorerà in qualche modo l’opinione che i loro esponenti hanno di se stessi; mettendo al bando gli epiteti razziali e le altre forme di linguaggio poco rispettoso, faremo miracoli per il loro morale. Nella nostra preoccupazione per le parole, abbiamo perso di vista quelle dure realtà che non si possono addolcire semplicemente assecondando l’immagine che ciascuno ha di sé. Che profitto possono trarre gli abitanti del South Bronx dall’irrigidimento dei codici linguistici nelle università di élite?”
E ancora: “«Diversità» – una parola d’ordine che sembra avervi avuto fortuna – ha finito con il significare l’esatto opposto di quanto sembrava voler dire. In pratica, la diversità, oggi, serve per legittimare un nuovo dogmatismo, in cui minoranze rivali si trincerano dietro una serie di credenze refrattarie a ogni discussione razionale. La segregazione fisica della popolazione in enclavi autoimposte, razzialmente omogenee, ha come controparte una sorta di balcanizzazione dell’opinione. Ogni gruppo ha la tendenza ad asserragliarsi nei propri dogmi. Siamo diventati una nazione di minoranze e a completare il processo manca soltanto che esse vengano ufficialmente riconosciute in quanto tali. Questa parodia di «comunità», un termine molto usato, ma non esattamente compreso, comporta la presunzione insidiosa che tutti i membri del gruppo la pensino nello stesso modo. L’opinione, così, diventa una funzione dell’identità etnica e razziale, o del genere d’appartenenza e delle preferenze sessuali. I «portavoce» autoeletti delle minoranze rafforzano questa presunzione di conformità bandendo l’ostracismo contro chiunque si discosti dalla linea ufficiale, per esempio i neri che «pensano da bianchi». In queste condizioni, quanto a lungo potrà sopravvivere lo spirito della libera ricerca intellettuale?”.

Questo clima di caccia alle streghe, imposto dai progressisti di ogni paese occidentale, scatenerà gravissime reazioni, tanto che i fascismi, i nazismi e i razzismi di un tempo dovranno essere derubricati a tragedie minori del passato. In futuro sarà persino peggio, poiché un sedicente bene assoluto, che vuole imporsi con la repressione totale del dissenso, non potrà che risvegliare forze che lo combatteranno con energie conflittuali dello stesso grado se non di maggiore livello.
Come ha scritto ieri La Grassa: “non si pensi di poter minimamente rinverdire le teorie e le azioni che ne conseguirono nel 1917 russo, nel 1922 italiano, nel 1933 tedesco.
Occorrono soluzioni “pratiche” nuove, guidate da diverse analisi e formulazioni teoriche della società nella fase storica odierna. Con la piena coscienza che stiamo vivendo la “morte” della vecchia epoca e che siamo sommersi dal marciume di una cultura e di una pratica politica frutto di degrado e disfacimento culturale di portata effettivamente “epocale”. Se le nuove generazioni non finiranno di credersi in progresso – perché dotate di sempre nuovi aggeggi tecnici e di nuovi medicamenti, che allungano la vita biologica senza migliorarla nelle effettive sue condizioni di vivibilità sociale – andremo a finire molto male. Ci si svegli infine.

Dunque, mentre queste élite marce creano giochi d’ombra, risalenti ad epoche concluse, per il loro attuale giogo di offuscamenti, noi dobbiamo guardare oltre e squarciare il falso sipario ideologico che le protegge.

Ps. Con la caduta dell’Urss la Russia fu invasa dalle spie americane. Oggi la Cia tenta, in tutti i modi, di aizzare l’opposizione locale contro Putin, utilizzando postazioni segrete, anche nelle istituzioni russe. Fornisce supporto analitico e fondi ai nemici dell’establishment, con metodi leciti ed illeciti. Il tessuto produttivo, imprenditoriale e finanziario russo è ugualmente infiltrato da agenti di Washington e vari collaborazionisti. La stessa ambasciata americana a Mosca opera come una centrale dell’Intelligence e svolge un lavoro diplomatico di facciata, per celare le sue attività sovversive. A parti invertite questo sarebbe stata uno scandalo internazionale. Ma di che blaterano i nostri giornali? Con che faccia Biden, esponente del potere americano che esercita condizionamenti (e qualcosa di più) su tutta la politica italiana, parla di interferenze russe nel referendum costituzionale di Renzi? E i servi di centro-sinistra, che prendono ordini dalla casa Bianca pure per andare a pisciare, come possono rilanciare queste fandonie? Non hanno un minimo di pudore, figuriamoci di onore. Ci si rammenti piuttosto di Bannon che ha parlato di Ue quale protettorato americano. Rispondano su questo i nostri sicofanti comunitari.