MACHIAVELLISMO DA OPERETTA
1. E’ ridicolo vedere come giornalisti e politici italiani, in specie adesso i “berlusconiani”, giochino a fare i machiavellici. Facciamo parte dell’alleanza atlantica, dicono, abbiamo obblighi che non possiamo non rispettare. Altri, meno prudenti, affermano: facciamo parte della comunità internazionale, che ha deciso la guerra contro la Libia. Possiamo noi rifiutarci di partecipare? Il BRIC (quasi metà della popolazione mondiale) più la Germania si sono astenuti sulla votazione di aggressione che fra l’altro, come minimo, non prevedeva l’assassinio di Gheddafi, oggi invece obiettivo preminente sempre in nome del machiavellismo, per uscire presto da una situazione imbarazzante: tutti i militarmente più attrezzati paesi del mondo incapaci di far fuori in pochi giorni un paesucolo (quanto a potenza bellica). Inoltre, la Risoluzione, a mio avviso, non indicava nemmeno la necessità di aggredire la Libia, ma solo di proteggere i civili della Cirenaica. Aggiungo che altri paesi ancora – quelli dell’Unione Africana, alcuni sudamericani (in testa il Venezuela), in un primo tempo la Turchia, ecc. – non erano (e in molti continuano a non essere) d’accordo su questa aperta operazione militare per sottomettere un paese sovrano. Parlare di comunità internazionale è dunque una pura menzogna e per di più di singolare stupidità.
Diverso il discorso sull’alleanza atlantica. E’ però ora di finirla con gli imbrogli: quest’ultima è nata per scopi dichiarati difensivi contro l’Urss e il campo socialista, che si voleva far passare per aggressivo quando ha subito invece continui attacchi da parte occidentale. Con il crollo “socialistico”, è finita ogni possibilità di facile inganno e la Nato è apparsa per quello che è sempre stata: organo del predominio arrogante e prepotente degli Usa nel mondo. L’Italia, come qualsiasi altro paese europeo, è mero vassallo. Quindi gli obblighi che essa ha sono quelli dei servi di un tempo. Non si venga a dire “machiavellicamente”: siamo parte di un’alleanza, non possiamo ritirarci. La frase da dirsi è ben diversa: non sappiamo far altro che obbedire, gli Usa sono il nostro unico orizzonte di individui privi di qualsiasi sensibilità morale (salvo che per il “bunga-bunga”) e di capacità di pensare diversamente dai “cow-boys” macellai!
Del resto, i giornalisti assoldati per mentire ci dicano per quali motivi, fino a cinque giorni prima della decisione di buttare bombe, Berlusconi, di fronte a richieste precise di cui si faceva sostenitore il meschino e inetto Frattini, rispondeva (all’incirca): “abbiamo già fatto abbastanza, io avevo dubbi fin dall’inizio, noi ci ricordiamo del nostro passato coloniale e non possiamo andare oltre l’impegno attuale, ecc.”. E dopo aver ceduto di schianto alle richieste statunitensi ha continuato a dichiararsi con il cuore esulcerato, con dubbi “amletici”, ancora per qualche giorno. Secondo lui, c’è stato addirittura un momento in cui stava per tirarsi indietro del tutto, ma poi ha prevalso il senso del dovere di appartenenza alla “comunità” (di quelli che dicono sempre “signorsì” a chi commette crimini con una ipocrisia e sfacciataggine finora sconosciute).
2. Nessuno mi venga a fare lezione di machiavellismo, perché lo conosco bene e lo approvo pienamente. Non darei mai fiducia ad un politico che fosse di buon cuore, che si ponesse soltanto problemi di moralità e di “retto agire”. La politica “fa schifo”, ma è questo “schifo” che fa grande un personaggio come un gruppo d’azione come una nazione, ecc. Deve però trattarsi di vera politica indipendente, capace di raggirare l’avversario, certo talvolta l’alleato, allo scopo di accrescere il potere di autonomia del personaggio, del gruppo, della nazione. Per fare un banalissimo esempio, si sarà in grado di afferrare la differenza tra il cinismo di Cavour e quello dei Savoia e di Badoglio l’8 settembre 1943? Berlusconi si è comportato come questi ultimi, dimostrando che è un piccolo ometto nei confronti di colui che definì un “bell’abbronzato”. Se si recasse adesso a Washington con Apicella e cantasse una canzone (non francese, di quelle invece cantate da Frank Sinatra, grande interprete ma legato ai boss della mafia americana) sotto la Casa Bianca, sarebbe in perfetto tono con il suo “machiavellismo” da semplice “rametto che galleggia”.[1].
Abbiamo letto i documenti Wikileaks per le parti che lo riguardavano. Sappiamo che gli Usa non erano contenti della sua politica di appoggio a determinate iniziative, riguardanti non solo il campo energetico, ma allineamenti (per nulla perfetti, ma già sufficienti ad irritare padroni come gli americani) con personaggi (tipo Putin) alla guida di paesi potenzialmente avversari delle mire statunitensi di preminenza imperiale (globale). Sappiamo che in questa azione di accerchiamento e indebolimento dell’uomo, gli Usa avevano al loro servizio ambienti industrial-finanziari italiani (la GFeID: grande finanza e industria decotta, “matura”, di passate “rivoluzioni” industriali), i cui interessi erano di subordinazione complementare rispetto al sistema socio-economico d’oltreatlantico, ricco di settori strategici della nuova “rivoluzione” industriale. Infine, conosciamo il rancore della sedicente sinistra – il cui nucleo principale è costituito da coloro che rinnegarono il comunismo e si sottomisero a Confindustria e Usa per salvarsi dal “crollo socialistico” – incapace di servire adeguatamente i nuovi padrini/padroni a causa dell’imprevista entrata in scena di Berlusconi, che si accaparrò la maggioranza dei voti di Dc e Psi fatti fuori con la manovra di “mani pulite”.
Sempre più sono convinto che l’attuale premier sia stato “uomo di facciata” di settori del management messi sotto stress per le attività di svendita dell’apparato pubblico che fu centro di potere di Dc-Psi (soprattutto della prima), svendita di cui si conoscono bene gli ispiratori; tutti divenuti “di sinistra”, dai più accesi anticomunisti ai rinnegati del comunismo, perché in tale schieramento, così falsamente denominato, doveva allocarsi quell’antifascismo del tradimento (tradimento del paese l’8 settembre e della Resistenza soprattutto a partire da metà anni ’70), che decise di azzerare ogni nostra potenzialità strategica. Il centro di quest’ultima era appunto situato nelle industrie del settore pubblico, non nelle sanguisughe quali la Fiat e la Confindustria, subordinata ad Agnelli e tuttavia “scioccata” dall’accordo tra l’Avvocato e Lama nel 1975 con inizio della devastante “concertazione”, seguita dal “compromesso storico” e poi dalla sconfitta – accolta con un gran sospiro di sollievo dai piciisti ormai filo-occidentali – di ogni radicalismo operaio alla Fiat nel 1980 (marcia dei 40.000 quadri). Questi gli elementi preparatori della “grande svolta” del 1991-93, bloccata appunto dai suddetti settori nascosti (tuttora) che, a mio avviso, si sono trincerati dietro quello che è capitato al momento, e che certo non era l’uomo giusto né per intelligenza politica né per stoffa di autentico machiavellico d&r
squo;alto bordo.
3. Nel novembre-dicembre dell’anno scorso tutti davano ormai per spacciato il Cavaliere. Scrissi che potevamo attenderci “sorprese che soprendono”, espressione apparentemente banale ma che spiegai. Non ero sicuro che il 14 dicembre – voto cruciale alla Camera con organizzata manifestazione di festeggiamento per la giubilazione del premier, divenuta poi aperta ostentazione del teppismo squadristico dei giovinastri che la sedicente sinistra raccoglie tra la ciurmaglia degli “antifascistoidi” – Berlusconi avrebbe superato la prova, ma ne intuivo però alcune mosse a partire da segnali indiziari: ad esempio, il ritorno di Ferrara e quello, appena più sfumato, di Guzzanti. Coglievo che volevano significare il riavvicinamento progressivo, e “sottobanco”, del cavaliere agli Stati Uniti. I frutti non potevano tardare troppo. L’apparente riluttanza del “nostro” a compiere d’emblée il percorso della piena sudditanza ad oltreoceano non va presa, credo, quale autentica esitazione, tentativo di resistere ancora, seguito poi da cedimenti a malincuore. Se così fosse stato, si sarebbero notate esitazioni e processi a zig zag anche nei “ritorni” di Ferrara e Guzzanti, che hanno invece (soprattutto il primo) imboccato la loro strada ormai filo-berlusconiana con decisione. Le “incertezze” del premier sono solo servite a mascherare appena un po’ il tradimento – alla “savoiarda” – compiuto in base ad una decisione presa da ormai un bel po’ di tempo.
Cerchiamo di seguire mediante ipotesi realistiche i passi compiuti da Berlusconi. Nell’agosto del 2003, si ferma in Sardegna Putin, proveniente da Algeria e Libia, dove immagino abbia impostato gli “affari” (economici ma con valenze di ben altro calibro) tra Noc libica e Sonatrach algerina e la russa Gazprom. Con Berlusconi si è presumibilmente parlato del più stretto coinvolgimento della nostra Eni in quest’alleanza, che di fatto stabiliva un certo “asse di politica internazionale”; quell’asse per cui noi (del blog C&S) abbiamo sempre visto come comunque meno negativo Berlusconi rispetto agli ex piciisti, ormai dediti a servire interessi contrastanti con quelli del nostro paese e congrui invece per la GFeID. Ci furono pure voci di cointeressenza specifica di Berlusconi per questa “alleanza”, ma sono incontrollabili e del resto poco mi interessano; ripeterò ancora che, da questo punto di vista, accetto senza riserve l’affermazione di Adam Smith: mi aspetto la buona carne dall’egoistico interesse del macellaio, non dalla sua benevolenza.
Non sembra invece che l’Eni, diretta dall’ad Mincato, sia stata solerte nell’eseguire certi accordi presi in quell’incontro estivo e siglati subito dopo. Nel 2005 viene nominato Scaroni alla guida dell’Eni (mai comunque un vero rappresentante di quel management formato da Mattei e che dovrebbe avere qualche radice all’interno dell’azienda). L’Eni viene continuamente sottoposta a fastidi, sia in Italia che in sede Ue, con la scusa delle politiche antimonopolistiche e l’appoggio delle nostre poco trasparenti associazioni consumatori, che tengono bordone agli inganni circa il vantaggio per questi ultimi di politiche tese invece a sabotare i nostri interessi, a contrastare la possibilità di strategie efficaci in grado di situare l’Italia in posizione vantaggiosa rispetto agli altri paesi europei (salvo che alla Germania, anch’essa partecipe di progetti di gasdotti dalla Russia e aggiranti l’Ucraina, ecc.). Del resto, anche l’altra nostra azienda di punta, la Finmeccanica, viene continuamente ostacolata, fino alle ultime inchieste di una magistratura sempre protagonista delle più subdole operazioni di nostro asservimento (ad ambienti statunitensi coadiuvati dai confindustriali italiani) fin dal 1992.
Pur non pensando mai a mettere saldamente in piedi una politica italiana libera da condizionamenti, pur incapace di circondarsi di personale fidato in senso autonomista e di costituire almeno alcune buone basi di controllo negli “apparati speciali” dello Stato (quelli del reale potere), Berlusconi attua scampoli di discreta politica estera fino al 2009, con inizio di revirement nel 2010. Una politica seria esigerebbe invece chiarezza strategica e costituzione, almeno in fieri, di un blocco sociale che sorregga la formazione di organismi politici coesi e capaci di svolgere un’attività priva di quelle clamorose contraddizioni, che procureranno sempre al cavaliere – in specie quando al Governo – continue defezioni, tradimenti, “ribaltoni” e quant’altro serva ad impedire l’assestarsi di un orientamento coerente. Si attua quindi una politica incerta, ballerina, galleggiante tra onde di diversa direzione; e, in ogni caso, sempre assai rispettosa delle priorità americane. Tuttavia, la sedicente sinistra – e via via in tutti i suoi comparti, anche in quelli detti “estremi” o “radicali” – si appiattisce totalmente sugli orientamenti statunitensi e svolge una continua agitazione di tipo eversivo onde accerchiare Berlusconi e non farlo nemmeno più galleggiare tra queste onde, ma fargli semplicemente seguire quella sollevata dal forte “vento americano”.
4. Inutile qui ricostruire pedissequamente gli eventi successivi al 2003. Tuttavia, per qualche anno anno (sei), alcune mosse di politica estera sono decisamente in controcorrente rispetto a quelle tipiche della sedicente “sinistra”, di coloro che erano stati “scelti” a rappresentanti della piena subordinazione italiana dopo aver distrutto il regime Dc-Psi. Nell’ottobre (se non erro) del 2009, Berlusconi si reca improvvisamente in Russia per una visita strettamente privata (con seguito minimo) a Putin nella dacia sul lago Valdai. Durante la visita i due si mettono in videoconferenza con il turco Erdogan. In quei giorni era presente in Russia anche Schroeder che, dopo la fine del suo cancellierato (novembre 2005), è stato nominato al vertice del consorzio Northstream, ramo nord di quel gasdotto della Gazprom, il cui ramo sud è il ben noto Southstream, che mi sembra adesso in alto mare e che darebbe (o avrebbe dato?) all’Italia molti atouts nei confronti della malefica UE. La “sinistra” va in paranoia perché vede reso sempre più evidente agli occhi degli Usa il suo fallimento per quanto concerne il compito di controllare e possibilmente “eliminare” Berlusconi dalla scena politica; ovviamente internazionale negli intendimenti di ambienti statunitensi, che non credo particolarmente interessati a quanto accade nella politica interna italiana.
Alcuni nostri giornali (mi sembra La Stampa) fecero supposizioni su questo improvviso viaggio; posso garantire che ne formulai di simili, indipendentemente dalla lettura di quei giornali, non appena saputo del viaggio, così segreto eppure reso pubblico. Certi eventi, costruiti in un certo modo, sono “messaggi” o quanto meno segnali e indizi di “qualcosa” che non è esattamente quanto appare ufficialmente. La presenza di Schroeder fa pensare che si sia parlato soprattutto di energia; il che sarà certo anche stato, vista la rilevanza dei gasdotti russi (con robusta partecipazione italiana e tedesca) che non hanno per nulla una semplice valenza economica (anzi questa è proprio secondaria, pur se messa avanti come al solito). Tuttavia, proprio perché i gasdotti hanno significato soprattutto politico (e strategico), ed è ciò contro cui agiscono gli Usa con i loro fallime
ntari “sicari” della sinistra (e pure della destra) italiana e con la connivenza degli organismi europei, appare evidente che la voluta “segretezza” – ovviamente non tale se poi si rivela senza esitazioni l’effettuazione del viaggio; e consistente solo nella sua apparente improvvisazione, nella sua privatezza e non ufficialità – intende trasmettere a “chi di dovere” il senso di una situazione “eccezionale”, da affrontare proprio sottolineandone la “riservatezza” (se io bisbiglio all’orecchio del mio vicino “qualcosa”, ma in modo smaccato affinché tutti se ne accorgano, un tale comportamento intende trasmettere un messaggio).
Il messaggio sembra essere la richiesta di collaborazione dei Servizi russi, dato che il premier italiano non controlla pressoché nulla di certi apparati del nostro Stato. Detto per puro inciso, sarebbe molto interessante sapere – ma non lo sapremo mai – che cosa accadde veramente nell’“incidente” in cui venne ucciso “per errore” Calipari. Dubito che sia stato un incidente e dubito che l’obiettivo fosse la Sgrena (appena liberata dopo essere stata rapita)[2]. Ci sono alcuni “segnali” che inducono in me alcuni sospetti, ma è inutile insistere su questioni che mai verranno chiarite come molte altre; anzi come tutte quelle che riguardano le mosse decisive della politica di chi sa veramente svolgerla (non certo il Governo Berlusconi e Fini in quel frangente, bensì gli americani che imposero il silenzio).
In ogni modo, dopo il viaggio berlusconiano di cui appena detto, non si notano all’inizio apparenti cambiamenti. A dicembre vi è l’episodio della statuetta lanciata in faccia al premier, cui francamente non annetto grande significato, poiché sono convinto del suo essere un gesto isolato. Semmai, ancora una volta (ma non è certo la prima) si constata la “scarsa diligenza” di certi apparati, ma non per favorire, in quella specifica occasione, complicità di alcun genere. E’ nel 2010 che viene esplicato il massimo di attacco e accerchiamento nei confronti del premier, i cui episodi sono largamente noti (almeno spero) e non vale la pena di richiamarli se non nel loro significato; per la verità non univoco. In parte, ciò fu dovuto all’ansia dei “sinistri” di recuperare un credito presso gli Usa, che ormai andava riducendosi a nulla. Da un certo punto di vista, la massima sicurezza per gli Usa era ancora nella “morte politica” di Berlusconi. A parte l’uso della solita magistratura per scandali – in prima linea quelli sessuali – si scatenò esplicitamente la “prima linea d’attacco” già preparata da tempo con l’uso di Fini; e il cui fallimento, dopo il 14 dicembre, farà scattare la “seconda linea”, rappresentata da colui che già sanzionò con un suo viaggio nel 1978 negli Usa il passaggio di campo del Pci (fatto già più volte da me illustrato), il quale è però così costretto a venire allo scoperto senza più mediazioni e finte posizioni super partes.
5. A questo punto, si verifica quanto accennato più volte: il premier si salva abbandonando la linea politica perseguita tra il 2003 e, grosso modo, il 2009, con iniziali cedimenti l’anno scorso. Resta, io credo, sotto osservazione degli Usa. La ritirata conosce pure qualche residua resistenza; l’ultima è la pantomima sul fatto di essere scontento dell’azione contro la Libia, di averla accettata obtorto collo, ma di non voler arrivare a bombardamenti perché l’Italia ha già dato, non può scordare il suo passato colonialista (e le scuse da poco rivolte alla Libia per le aggressioni dei primi decenni del ‘900). Tutte parole al vento, parole di un “cantante da night”, contraddette e dimenticate in 4-5 giorni. A questo punto, la “sinistra” sembra diventare effettivamente superflua. L’unico che agisce per non farla affondare è il presdelarep, che è ormai un importante punto di riferimento d’oltreoceano, almeno fino a quando non si formi, all’interno del “minestrone” politico italiano, un nuovo “miscuglio” di “destra” e “sinistra” pienamente subordinato agli Usa ed in grado di attrarre elettori delle “due parti”, ormai giunti assai vicini al punto di cottura finale. D’altronde, è difficile pensare ad un nuovo premier che esca esplicitamente da “sinistra”. Al momento potrebbero forse scaldarsi “in panchina” Tremonti – che si è fatto la fama di aver salvato l’Italia, come se il nostro paese si riducesse ai soli conti dello Stato da tenere in ordine – e Frattini che si è gettato sulla guerra libica per divenire il “fiduciario” degli Usa (dubito che un personaggio di intelligenza così limitata, diciamo pure stupido in senso proprio, abbia molte possibilità d’essere un domani il premier; altrimenti l’Italia sprofonderà in un effettivo “pozzo nero”).
Questo totale sbandamento italiano significa la fine di ogni possibile residua politica estera dotata di una pur minima autonomia; e significa l’indebolimento dei settori industriali strategici, supporto decisivo di quest’ultima. Certamente non bastano tali settori; è indispensabile la formazione di un blocco sociale adeguato a sostenerli. Ed è proprio su questo punto che si può notare la totale inerzia berlusconiana durante tutto il ventennio della sua attività politica; inerzia che costituisce, a mio avviso, la prova della discesa in campo di quest’uomo in parte per difesa personale, in parte perché spinto da settori pubblici sotto attacco della GFeID con i suoi sicari ex piciisti. E’ la non formazione di un blocco sociale, che doveva essere costruito soprattutto a partire dai “ceti medi produttivi” – abbandonati dal Pci dopo la sconfitta della “destra amendoliana” per puntare sull’abnorme ampliamento di quelli legati al “pubblico”, con l’enorme espansione della spesa statale seguita al “compromesso storico” poi crollato nei primi anni ’90 per i motivi messi in luce più volte – ad avere lasciato il paese in preda ad un’autentica guerra per bande, nessuna delle quali interessata alla nostra indipendenza.
L’incapacità di creare un blocco sociale (di fatto “nazionale”) e di alimentare le potenzialità dei settori strategici (energia, elettronica anche a fini militari, ecc.) ha messo fine, per un periodo di cui è impossibile determinare la lunghezza né se sarà solo transitorio, alla possibilità di una politica effettivamente “machiavellica”, dotata di almeno un minimo di spessore, che avrebbe dovuto mirare alla costruzione e rafforzamento di un “asse internazionale” tra Libia (e Algeria, sottraendola del tutto all’ormai nefasta influenza di una Francia antigollista) e Russia, con in mezzo, appunto, Italia e possibilmente Turchia. Sarebbe stato importante avere anche l’Iran, ma è indubbio che, come la vicenda libica ha dimostrato, tale paese gioca su più tavoli ed è piuttosto infido. Anche Erdogan, alla fine, ha ceduto gravemente, ma qui si possono fare supposizioni diverse e meno negative per la Turchia. Così come per la Russia (cioè per quella di Putin), che si è trovata molto isolata.
Adesso termino qui poiché l’analisi di questo fallimento (tale è al momento; e del resto il tentativo non potrà riprendere sulle stesse basi d
i prima) – analisi che non può essere disgiunta da quella della tattica (forse anche strategia) dell’Amministrazione Obama – richiede di essere, almeno in buona parte, al centro degli sforzi del blog d’ora in avanti. Però, in conclusione, mi permetto di trattare con ironia i politici e giornalisti nostrani (con le doverose, e meritevoli, eccezioni) che giocano al machiavellismo d’accatto. Mi dispiace, sono effettivamente ridicoli; e semplicemente per l’inutile servilismo nei confronti di questi insopportabili, ipocriti e veramente selvaggi dirigenti degli Stati Uniti. La si smetta di giocare ai cinici che hanno capito tutto della politica. Le strategie sono in realtà pensate da pericolosi criminali che guidano oggi la più potente nazione. E’ indispensabile che sorga una forza nazionale, certamente non dedita ad “opere di bene”, salvo quella di essere vantaggiosa per l’Italia. Sono invece in questo momento dannosi – e dovremo continuare a spiegarlo e rispiegarlo – tutti i nostalgici di passate stagioni della pretesa “lotta delle masse”, dell’antimperialismo, ecc. So bene che erano tempi meno squallidi degli odierni, ma gli errori capitali commessi allora hanno preparato il pantano odierno. Sono stagioni irrimediabilmente trascorse. Le si dimentichi infine per prepararne di nuove.
NOTE
PS Mi raccomando di non andare a votare. Non esiste alcun meno peggio, una gran massa di “pelandroni” (eufemismo per non usare un termine pesantissimo). Si deve pensare a qualcosa di nuovo e basta, il resto è solo da gettare nella pattumiera.